E-COMMERCE, L’ONDA LENTA DEGLI SPIRITS

Per le grandi piattaforme online i numeri sono ancora ridotti e i ricavi marginali. Ma i clienti crescono e l’italianità funziona, anche all’estero

Secondo le stime di Statista, il 2023 dell’e-commerce si chiuderà con ricavi per 3,65 mila miliardi di dollari su scala globale, con un aumento del 10% sugli anni ancora influenzati dalla pandemia, ovvero il 2022 e 2021 che si erano chiusi con 3,32 bilioni di dollari. E le proiezioni – presentate pochi giorni fa al Richmond E-Commerce Forum – indicano che la crescita non si fermerà nei prossimi anni, fino a superare i 5,5 bilioni di dollari nel 2027, con un tasso composto di crescita annuale del 11,17%. 

L’Italia è destinata a chiudere il 2023 con ricavi per quasi 48 miliardi di dollari per arrivare a sfiorare i 74 nel 2027. E la crescita attesa è addirittura superiore, con un tasso composto di crescita annuale dell’11,59% tra il 2023 e il 2027. 

SPIRITS IN ESPANSIONE

Se questi sono i numeri si scala globale, qual è l’andamento nel mondo spirits? Non ci sono in questo momento analisi accurate e attendibili focalizzate sul comparto. Se poi si guarda all’Italia, l’e-commerce “spiritoso” risulta tutt’ora marginale per le principali piattaforme dedicate alle bevande alcoliche, principalmente concentrate sul vino.


Magazzino di stoccaggio Callmewine
Il magazzino di stoccaggio di Callmewine

Eppure, se una tendenza si può intravvedere, è sicuramente di crescita. Sì, perché chi non distribuiva spirits ha iniziato a farlo e i risultati sono positivi, chi aveva poche referenze sta aumentandole. Un fenomeno che dalla distribuzione off-line si proietta analogamente anche sull’on-line.

I PLAYER CI CREDONO

Se alcuni big player del vino (da Tannico a Vino.com) mantengono prudenza nel comunicare i dati relativi al settore spirits, risultando del tutto marginali, alcuni dei protagonisti lasciano trasparire proiezioni interessanti per il comparto.

Per Callmewine il 2022 si era chiuso con un +12% sul 2021, realizzando un fatturato spirits prossimo ai 2 milioni di euro (su 16,2 complessivi), realizzato integralmente in Italia. «Il 2023 segna un rallentamento per la categoria nel primo semestre – riferisce il general manager Mario Lanzaronema va considerate che i primi mesi del 2022 erano affetti ancora da restrizioni legate al covid. Nel secondo semestre dell’anno ci aspettiamo invece di superare le vendite 2022».


Mario lanzarone Callmewine
Mario Lanzarone, general manager di Callmewine

Non si può dire però che non esista un profilo accurato dell’acquirente spirits. «Il nostro cliente – conclude Lanzarone – mediamente cerca la novità e prodotti premium di media/alta fascia non sempre noti. Si è riscoperto un bartender casalingo con la voglia di ricrearsi i propri cocktail preferiti in casa, dal Gin & Tonic al Negroni».

Per XtraWine il mercato degli spirits è marginale, dato che incide per meno del 5% sul fatturato che nel 2022 era vicino ai 13 milioni di euro. «Per i nostri clienti – spiega l’amministratore delegato Stefano Pezzii distillati sono un completamento d’ordine e non il motivo principale per il quale ci vengono a cercare. Il mercato dei distillati è caratterizzato da stocchisti che investono grosse quantità di denaro su pochissimi prodotti e ne determinano il mercato. Una filosofia diversa dalla nostra che offre alla clientela un’ampia possibilità di scelta al prezzo migliore. Per questo andiamo on line solo con i prodotti con i quali riusciamo ad essere concorrenziali. Parliamo comunque di circa 500 articoli su un’offerta di vino di oltre 12.000 etichette».


Stefano Pezzi e Alessandro Pazienza di Xtrawine
Stefano Pezzi e Alessandro Pazienza di Xtrawine

L’ITALIANITÀ ATTRAE, MA CON PICCOLI NUMERI

Se si guarda alla categoria spirits che traina la domanda, Lanzarone non ha dubbi. «Su Callmewine – spiega – la fa da padrone il gin, che negli anni è stato un vero trend, affiancato dal whisky. Le altre categorie sono staccate significativamente, ma tequila e meszcal, così come gli amari italiani, stanno registrando una crescita».

In questo contesto non mancano le referenze italiane. «Per scelta Callmewine ha puntato molto sull’italianità dei prodotti – rimarca il manager – partendo da gin, bitter e vermouth, per poi cavalcare l’onda degli amari dell’ultimo anno e della grappa, che sta vivendo un modesto risveglio. La scelta è legata alla volontà di dare al cliente prodotti premium in cui possa riconoscersi e trovare l’identità del territorio. Per noi una sfida complessa nella selezione che è stata volutamente molto critica e curata». Pur non avendo uno storico consolidato, Lanzarone nota come la tendenza legata alla fama del Negroni abbia spinto la curiosità su bitter e vermouth nostrani.


PERCHÉ NON C’È UN “TANNICO” DEGLI SPIRITS?

La domanda spontanea emerge dai distributori di wine&spirits. L’ assenza di uno specialista nell’e-commerce pesa sulle loro vendite


Il prodotto italiano pesa attorno al 35/40% del portafoglio Callmewine, perché naturalmente per alcuni prodotti la produzione italiana è impossibile (tequiila, mezcal) e per altre come whisky e rum vengono percepite come «molto modeste».

Sulla piattaforma XtraWine è il whisky a dominare. «Continua a trainare, seguito da gin, tequila e tutto il resto, compresa una piccola parte di liquori italiani», dice Pezzi. La quota tricolore sulla piattaforma è davvero risicata e «non si vedono miglioramenti per i distillati Italiani», chiosa l’ad.

Dopo qualche divagazione tra Nietzsche e Wittgenstein, è tornato a Epicuro. E così scrive di vino, sapori e spirits, di viaggi, di teatro e danza. Veneziano, fa base a Praga. Ama il whisky scozzese e le Dolomiti.

Potrebbero interessarti