Caldo, freddo, ghiacciato
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CALDO, FREDDO, GHIACCIATO

La temperatura al bar conta: un vero e proprio ingrediente. Dall’ultimo numero di S.A.M un breviario per non sbagliare la temperatura di servizio

Martello, scalpello e un cubo di ghiaccio. Ecco gli strumenti del bartender che negli anni ’70 scolpiva il bicchiere più freddo della storia nell’indimenticabile reclame di Brancamenta, mentre il jingle in sottofondo faceva “Brrrrr”. Altro che jigger e cobbler shaker.

Pubblicità a parte, i gradi centigradi al bar contano. Tra macchine del ghiaccio, abbattitori e congelatori, la temperatura di servizio è quella leva invisibile – ma decisiva – che può determinare la riuscita di un drink, farlo amare, riordinare, ricordare, renderlo diverso o (se va male) impossibile da bere.



Esistono allora temperature di servizio rigidamente raccomandate o tutto è legato alle preferenze individuali? Cocktail (e mocktail) devono avere una precisione millimetrica nel grado centigrado? Ma soprattutto, la temperatura può diventare una componente creativa e quanto influisce il tempo di consumo sulla scelta del servizio?

Spirito Autoctono lo ha chiesto agli specialisti, per scoprire trucchi e best practice delle temperature. Perché a nessuno piace caldo, ma col freddo è bene saperci fare.

Dopo qualche divagazione tra Nietzsche e Wittgenstein, è tornato a Epicuro. E così scrive di vino, sapori e spirits, di viaggi, di teatro e danza. Veneziano, fa base a Praga. Ama il whisky scozzese e le Dolomiti.

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