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PIATTI ESTIVI PER FERRAGOSTO

In giro per l’Italia con la redazione di Spirito Autoctono alla scoperta dei piatti più tipici da gustare prima, durante e dopo la festa di Augusto.

Roma, 15 agosto 1962. Bruno Cortona, trentaseienne vigoroso ed esuberante, amante della guida sportiva e delle belle donne, vaga in una capitale semi deserta, alla ricerca di un pacchetto di sigarette e di un telefono pubblico. Nello sfondo una meravigliosa Lancia Aurelia B24 Convertibile. Alla finestra un giovane studente…

Questo l’incipit di uno dei Ferragosto più famosi del mondo, fissato nella memoria dallo scorrere delle immagini del lungometraggio che più ha segnato indelebilmente la storia del cinema. Il film, si capisce, è il capolavoro di Dino Risi Il Sorpasso, Bruno Cortona è l’indimenticabile Vittorio Gassman e il giovane studente affacciato alla finestra è un timido ed educato Jean-Louis Trintignant.


Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant ne Il Sorpasso (ph archivio Rai)

I due interpretano personaggi diametralmente opposti, ma che meglio non potrebbero rappresentare l’eterna differenza di classe tra la nuova generazione caciarona e anche un po cialtrona del boom economico di Bruno Cortona e la piccola borghesia lavoratrice e virtuosa di Roberto Mariani, uniti però dalla medesima voglia di spensieratezza, di evasione, del mito di una vita più facile, lontana, finalmente, dallo spettro della guerra e dei suoi sacrifici. L’umanità che i protagonisti incontrano nel loro viaggio è uno spaccato trasversale di quella società italiana, che collettivamente si metteva – e ancora si mette – in moto ogni domenica per celebrare il rito della festa, tra soste alle stazioni di servizio, lunghe code d’automobili e grandi quantità di cibo. Il Ferragosto, una festa tutta italiana come ha ricordato Sergio Marchionne in una delle sue ultime apparizioni pubbliche: “la prima volta che entrai negli uffici della Fiat, non trovai nessuno, erano tutti in ferie. Era il 14 di agosto, l’azienda perdeva milioni di euro ogni giorno, ma in quei giorni l’Italia, forse troppo provinciale, si ferma. E non c’è nulla da fare“. Perché a tutto si può rinunciare e su tutto si può discutere, ma non sulle ferie di Augusto. E infatti, se non fosse che la mitica Spider italiana è stata sostituita da orrendi e vistosi SUV, nulla è cambiato più di tanto. L’Italia continua a correre in attesa di un nuovo boom economico, in un eterno sorpasso.

E anche se Spirito Autoctono non è una Lancia Aurelia B24 Convertibile, come in Pagliacci – inteso come l’opera del napoletano Ruggero Leoncavallo, che si svolge proprio nel giorno di Ferragosto -, canticchiando “Oh, che bel sole di mezz’agosto!” vi accompagniamo nella vostra giornata di festa agostana, suggerendo qualche saporita ricetta e qualche buon drink da gustare ovunque voi siate, tra gli ombrelloni in riva al mare o all’ombra di una selvaggia pineta.

Buon Ferragosto a tutti dalla redazione di Spirito Autoctono!

Francesco Bruno Fadda


Carpione – Piemonte (Federica Borasio)

Che sia di carne, pesce d’acqua dolce o verdure, poco importa. L’estate in Piemonte fa rima con carpione, una preparazione nata nelle zone rurali prima dell’arrivo del frigorifero per conservare più a lungo il cibo, specialmente in estate, e poi diffusa anche nell’alta borghesia grazie alle donne di campagna che prestavano servizio alle famiglie più abbienti.

La ricetta prevede una marinatura ottenuta preparando un soffritto a base di cipolle aromatizzate con salvia, pepe e alloro (importantissimo!), cui vengono aggiunti vino bianco e aceto di vino. Il pesce o la carne – si va dalle bistecche di manzo/pollo alla tinca, dalle zucchine all’uovo – infarinati e fritti a parte, una volta freddi vengono ricoperti con la marinatura e riposano per almeno 24 ore (oggi sfruttando l’aiuto del frigorifero). Da servire rigorosamente freddo. 

In abbinamento un freschissimo Dry Martini, classico e appagante, senza oliva – of course – con una goccia di olio al peperoncino. Raccomandazione, coppa ghiacciata. (Qui la ricetta IBA)


Carpione

Panzanella – Toscana (Eugenia Torelli)

Estiva, fresca e con di mezzo il pane, che così passa la fame. La panzanella è quella pietanza che in Toscana fa subito estate. Tra un “pan lavato” citato dal Boccaccio nel XIV secolo e i versi di Agnolo Torri detto Bronzino che ne scriveva due secoli più tardi, non è facile stabilire quando esattamente questo piatto sia stato ideato e come si sia evoluto. La certezza però, è che si tratta di uno di quei piatti poveri, che sfruttano il pane raffermo e le verdure fresche che si hanno in casa.

Prima che sul pane si aprano discussioni, ci vuole quello toscano non salato, perché poi sarà trattato e condito come un qualsiasi altro ingrediente, ma anche perché la sua struttura tiene bene l’ammollo. Ammollatelo dunque con acqua e intanto preparate tutti gli ingredienti di una ricca insalata: pomodori, foglie di insalata a piacimento, cetrioli, cipolle Tropea tagliate fini, rucola e basilico – non deve mancare mai. Strizzate bene il pane, unitelo a pezzetti con le mani, mescolate e condite con sale, olio, qualche goccia di aceto e pepe macinato fresco.

Cosa ci beviamo sopra? Ma semplice, una polibibita creata appositamente per la Panzanella – si scherza…ma non troppo -, ovvero, un Gin&Tonic. Pensate ad un gin non fruttato, ma aromatico, magari con le olive protagoniste tra le botaniche. Un pizzico di Tabasco e nulla di più.


Panzanella

Bovoeti – Veneto (Giambattista Marchetto)

A Venezia la tradizione lega i ‘bovoeti’ – termine dialettale utilizzato per indicare le lumachine di terra note come bovoletti – alla festa del Redentore, che nella città lagunare si celebra dalla fine dell’epidemia di peste del 1575-77. Il sabato che precede la terza domenica di luglio, data che fissa la festa oggi corredata dai celebri fuochi sul bacino di San Marco, non è però vincolante per questa leccornia tipica che per tutta l’estate finisce nel piatto degli appassionati.

Raccolte nel periodo estivo tra rami e arbusti vicino al mare, rigorosamente al mattino presto, i ‘bovoeti’ vengono preparati per la cottura ancora vivi. Dopo esser stati purgati in acqua e sale e lavati accuratamente con acqua e aceto, vengono bolliti (a fuoco basso, perché escano un poco dal guscio) e poi spadellati con aglio. Carichi dunque di sapori intensi, vengono conditi a freddo con un battuto di aglio, olio e prezzemolo. Si mangiano con le mani, in quantità, estraendo la carne con uno stuzzicadente e si accompagna con un vino frizzante fresco. 

Volendo scegliere accostamento spiritoso, si potrebbe giocare su un gin fizz o sulla freschezza di un gin tonic dai sentori agrumati per affiancare il sapore deciso delle lumachine.


Bovoeti

Frittata di Maccheroni – Campania (Francesco Bruno Fadda)

Ferragosto, a Napoli, è uno stato dell’anima come un po’ tutte le feste comandate. Che tra il Vesuvio è il Vomero sono sempre bene accolte. Simbolo assoluto della convivialità e fugacità lussuosa del pranzo del 15 agosto, è la frittata – o pizza – di maccheroni – storicamente termine dedicato a qualsiasi tipo di formato -, nata per riciclare la pasta avanzata, quando questa era un vero e proprio tesoro. Oggi, che lusso più non è, continua a essere un piatto godurioso, a partire dalla lista degli ingredienti: oltre alle uova anche formaggi, salumi e pomodoro – giusto un pizzico -. Immersa in brillante e gioioso olio per friggere, è un vero e proprio piatto unico, gettonata a Ferragosto e più in generale per i picnic e per le gite fuori porta, da lunedì in Albis al Primo Maggio. Insomma, un vero e proprio piatto delle feste, ma pop.

Che sia l’ora dell’aperitivo, del pranzo o della cena ci vuole qualcosa che rinfreschi il palato e lo prepari al secondo trancio, per questo proponiamo un abbinamento versatile, agile e inedito, che abbiamo creato appositamente. Tequila, succo di lime e soda al pompelmo, a cui aggiungiamo anche un pizzico di sale. Abbiamo deciso di chiamarlo Paloma. Come esiste già, dite che è molto popolare in Messico? Possibile, ma da quelle parti non possono sapere quanto sia perfetto con la frittata di pasta.



Zuppa Inglese – Emilia-Romagna e Toscana (Andrea Guolo)

La leggerezza è un concetto piuttosto vago nella cucina bolognese, per cui anche d’estate reggono la scena i grandi classici che l’hanno resa famosa nel mondo. Diciamo che l’alternativa, quando si superano i 30 gradi, è la versione con la crema di parmigiano – chi mette la panna meriterebbe la detenzione alla Dozza! -, anziché il brodo di cappone o di gallina, per accompagnare il tortellino. Allora, se dobbiamo scegliere un piatto per il Ferragosto, puntiamo su uno dei dolci tipici, certamente non leggero ma almeno fresco: la zuppa inglese. A rivendicare la paternità di questa meraviglia, un vero antesignano del food porn, non è solo Bologna, perché i fiorentini dicono – con probabile ragione – di averlo inventato loro e i pratesi sostengono che buono come lo fanno loro non lo fa nessuno.


Zuppa inglese

Consideriamolo allora, democristianamente, un dolce transappenninico e affondiamo senza troppe discussioni la forchettina o il cucchiaino in questa delizia fatta di pan di Spagna inzuppato di Alchermes e strati alternati di crema pasticciera e crema al cioccolato. Il più buono a Bologna? È una domanda a cui potrebbero seguire discussioni lunghe e complesse, simili a quelle sull’origine… Per quanto mi riguarda, tra gli eccellenti indicherei quelli del ristorante Al Cambio di via Stalingrado, del Diana in via Volturno (laterale della centralissima via Indipendenza) e, salendo in collina, quello di Amerigo a Savigno.

E il compagno di viaggio alcolico ideale, non può che essere il Negroni – in realtà il Negroni è sempre il compagno ideale -, avvolgente e amaricante quanto basta per placare l’avvenenza e la sinuosità della zuppa inglese, riportando il palato all’equilibrio ad ogni sorso.

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