/

GIN, TEQUILA, VODKA E RUM (MA PREMIUM) SONO GLI SPIRITS DELL’ESTATE

Mercato orientato verso la qualità, bene i prodotti italiani. La curiosità di bartender e mixologist dà la spinta cruciale.

Qual è il polso del mercato spirits nell’estate italiana 2023? Spirito Autoctono ha rivolto la domanda a chi l’incrocio tra domanda e offerta lo vive giorno dopo giorno, costruendo con la propria rete di distribuzione la proposta distillati, liquori, amari nella ristorazione, nei chioschi sulla spiaggia, nel segmento hotellerie.

La risposta mette in luce alcuni trend già consolidati sul mercato domestico del Belpaese, ma con marcatori specifici che mostrano una evoluzione. «Per fortuna la domanda non è sempre stabile e uguale a se stessa – ironizza il produttore/distributore Roby Marton – perché altrimenti saremmo ancora fermi a bere cuba libre di bassa qualità».

Ecco allora gin, rum e tequila a fare da apripista nella scelta dei consumatori. Sono questi gli “spiriti dell’estate” secondo i distributori, che guardano all’autunno aspettando un cambio di passo, perché la curiosità di bartender, mixologist e personale di sala non si ferma. E – come si legge tra le righe – gioca in particolare e sempre più con i prodotti del made in Italy.

Gli spiriti che trainano l’estate

Quali sono dunque gli spiriti che per l’estate 2023 hanno trainato la domanda? 

«Sicuramente il gin continua a essere trainante nel nostro portfolio– riferisce Giacomo Bombana per Veliernon solo i big, ma anche un brand come Portofino Gin sta vivendo un momento di grande crescita su tutti i canali. Finalmente apprezziamo anche una crescita dei rum bianchi artigianali, come i Clairin haitiani o i rhum agricole, che stanno facendo fare alla miscelazione classica base rum un salto di qualità. Molto bene anche alcuni prodotti italiani nati relativamente da poco tempo che stanno via via acquistando una popolarità crescente, come Tea+ e Amara».

Anche dall’osservatorio di Marco Vicentini, direttore vendite Meregalli Spirits, «a trainare la domanda sono ancora il comparto aperitivi e i gin. Stiamo performando bene con il Bitter Super Taurus di Poli, il Cardamaro che è un amaro a bassa gradazione ideale per la miscelazione e Scapegrace, azienda neozelandese di gin che ha appena lanciato la sua versione agrumata, il Blood Moon».


Marco Vicentini

Conferma una forte richiesta di gin (on-trade e off-trade) anche Romina Romano, country manager Italia Les Grands Chais de France, che evidenzia «un sempre più difficile posizionamento vista la larga scelta e la forte concorrenza», mentre anche Domenico De Conti, responsabile vendite di Cuzziol Beverage, specifica che «se da un lato lo zoccolo duro del bevitore di gin vecchia scuola ha sempre la sua fascia di mercato, i giovani si stanno interessando a una bevuta nuova, con botaniche moderne e audaci. E poi, come tutte le estati, si alza la domanda di spiriti bianchi derivati dalla canna da zucchero».


Romina Romano

Tequila e gin aromatizzati sono i must per Roby Marton, che con la sua Eleven Trade registra un’impennata dei distillati a base agave e delle botaniche spinte a fianco del ginepro. «C’è una flessione del gin tradizionale, a vantaggio dei gin aromatizzati – spiega – probabilmente perché c’è un’evoluzione simile a quella che ha coinvolto la vodka: prima andava quella secca, poi è arrivata l’ondata delle vodka alla frutta. I gusti cambiano e c’è sempre voglia di sperimentare».


Roby Marton

Ancora i gin protagonisti anche per Rinaldi 1957, con i nuovi inserimenti di Raasay (dall’omonima isola scozzese), Ginepraio Mediterraneo, Rivo Agrumato, Insulae Saline, Principum. «Riemerge però la vodka – avverte il marketing manager Gabriele Rondaniin particolare con la novità per il nostro portafoglio Altamura, realizzata con grani pugliesi. Benissimo Ron Santiago de Cuba».


Gabriele Rondani

Sembrano invece risolti i problemi di approvvigionamento che tanti importatori hanno dovuto affrontare nel 2022 e che hanno viziato l’equilibrio domanda-offerta. «Quest’anno, complici due mesi piovosi come maggio e giugno e la crisi economica, non abbiamo riscontrato problemi in tal senso», spiega Vicentini. «Esistono tuttavia alcune referenze di produttori molto popolari – specifica Bombana – su cui non ci è più possibile aumentare i volumi per il mercato italiano e su cui stiamo quindi lavorando per perfezionare il posizionamento, come Chartreuse, The Macallan, Michter’s”. 

Per Rinaldi 1957 c’è qualche difficoltà per alcuni rum, la vodka russa e i whisky. E se De Conti evidenzia come l’arrivo in Italia di distillati derivati dall’agave fosse un problema degli anni scorsi, Marton rimarca come lo stress della domanda riguardi essenzialmente la fascia super-premium: «se consideriamo Clase Azul – spiega – per forza di cose la domanda eccede l’offerta, perché viene distribuita solo su allocazione e dunque i numeri sono quelli di una vera limited edition». Stessa sorte per la gamma alta XO del rhum agricolo Bologne (in distribuzione da Ghilardi), per il quale Les Grands Chais de France è costretta a limitare la disponibilità rispetto alla forte richiesta.

La curiosità dei bartender

È proprio la curiosità di maître, bartender, mixologist e professionisti è la matrice che racconta l’evoluzione del mercato. «C’è più curiosità e meno affezione ai marchi – chiosa Marton – soprattutto c’è un bel movimento di ragazzi giovani che hanno voglia di fare e sono più preparati (anche perché ci sono più corsi). Diciamo che sembra stia morendo il bartending tradizionale a dispetto di questi ragazzi che invece stanno rimescolando la loro proposta, anche con prodotti homemade o elaborazioni fatte con maestria».

La curiosità, dunque, fa la differenza. «Fatta salva la qualità del prodotto, che deve essere alta – conferma De Conti – la scelta di un brand piuttosto che un altro si gioca sull’ appeal, lo storytelling, l’unicità di un prodotto».



Secondo Rondani di Rinaldi 1957 la differenza sta sempre nel giusto rapporto qualità/prezzo. «Per fortuna nostra la qualità sta uscendo sempre più dalla sfera della sola percezione, per sostanziarsi in scelte concrete su prodotti che piacciano davvero all’assaggio liscio. I bartender non sono più inclini a comprare distillati solo per moda, ma perché li hanno assaggiati. Questo è ancora più vero quando si parla di giovani bartender, che riempiono le fiere di settore con la loro curiosità. Il futuro sono loro ed è un futuro improntato sulla scelta personale. L’origine e la storia dietro una distilleria affascinano sempre molto e anche la filiera produttiva è un argomento importante. Distillerie autoctone come Rozelieures, Arran, Raasay con l’intera filiera interna oppure storie come Amaro Venti (con 20 botaniche ognuna proveniente da una diversa regione d’Italia), lo studio di Ginepraio Mediterraneo o il nuovo gin Santa Ana dalle Filippine sono sempre al centro delle conversazioni per chi miscela questi spiriti».

In effetti la curiosità «tra i bartender è sempre alta nei confronti di prodotti super premium e delle novità che proponiamo – conferma Vicentini di Meregalli Spirits – anche se poi ci scontriamo con le multinazionali che riescono a spingere i loro brand con un posizionamento più economico». E in casa Les Grands Chais de France l’esempio evidente sono «i gin Antidote, completamente naturali e ottenuti solo da erbe francesi, o quelli che nascono da erbe alsaziane come MRH. Prodotti con un rapporto qualità- prezzo che emerge con forza rispetto alla concorrenza», rimarca Romano.

Il marketing dei brand

Ecco allora un’altra parola-chiave che aleggia sul mercato spirits, non solo in Italia: il brand marketing. Viene da chiedersi allora quanto pesi nella scelta di chi poi costruisce la carta distillati al ristorante o in pizzeria o di chi sceglie cosa miscelare al bancone. 

«Il marketing giocherà sempre di più un ruolo fondamentale nel nostro business ed è fondamentale la scelta di location o persone intorno alle quali costruire l’identità del brand», conferma il manager di Cuzziol Beverage, che ricorda però come sia altresì importante la marginalità che un locale può fare sul prodotto.  «È sempre più difficile posizionarsi sugli scaffali – chiosa Romina Romano – senza un’ottima comunicazione. Il consumatore finale si affida a ciò che conosce o ha visto, considerando l’ampia offerta presente sul mercato».


Domenico De Conti

«Più che di marketing puro – precisa Vicentini – quello che pesa di più oggi sono le attività di trade marketing sui punti di vendita. Noi supportiamo i nostri clienti con attività dedicate come kit festa, materiali di visibilità e di servizio, bicchieri, promozioni».

Azioni mirate e budget talvolta importanti, che però sono essenziali sui prodotti di fascia bassa. «Sul primo prezzo il marketing è basilare e si fanno volumi pazzeschi grazie alle azioni promozionali – azzarda Roby Marton – invece sui brand del lusso non si muove nulla, perché il marketing non è il punto. Conta invece l’attenzione alla qualità e il posizionamento di eccellenza, perché si parla di etichette importanti che non tutti hanno in portafoglio».

Ecco perché da Velier specificano un’attenzione costante a fare del “marketing vero”, senza per forza proporre qualsiasi cosa come “il miglior distillato” su piazza. «Per noi c’è spazio per qualsiasi categoria di prodotto sul mercato – spiega Bombana – ma offrire la verità, con un giudizio il più possibile imparziale e con una divulgazione puntuale, appassionata e rigorosa, rimane uno dei migliori servizi che possiamo offrire ai nostri clienti».



Trend per l’autunno in continuità

Dopo la pausa estiva, quali sono invece le aspettative per l’autunno? «Non vediamo grossi cambiamenti rispetto ai trend attuali – replica Bombana di Velier – che sostanzialmente vedono una tenuta del gin, una buona crescita di tequila, mezcal e rum bianchi artigianali, ma anche l’affacciarsi degli spirits no-low alcol. In autunno sicuramente cambierà la stagionalità e quindi aumenteranno i consumi di grandi distillati invecchiati come whisky e rum. Sui rum ovviamente l’ultima parte dell’anno si annuncia carica di sorprese per la Velier, con nuovi co-bottling selezionati da Luca Gargano a 4 mani con le distillerie».

Anche per Vicentini di Meregalli Spirits «il comparto aperitivo e i gin rimarranno alla guida, cresceranno ancora tequila e mezcal e ripartirà tutto quello che è dark spirit, a cominciare dal rum. Noi faremo un ottimo lavoro nel mondo whisky, che crescerà ulteriormente: traineranno ancora i giapponesi (noi abbiamo Akashi e Yamazakura), i bourbon per la miscelazione (Yellostone su tutti) e gli intramontabili scotch come il nostro Glenturret».

Per Romina Romano di Les Grands Chais de France l’autunno vedrà ancora in vetta il gin, ma anche il tequila è destinato ad una crescita esponenziale, spinta da «una maggiore conoscenza e consapevolezza del consumatore, unita a un ritorno di disponibilità e una ricerca di qualcosa di diverso dal gin». Anche i rhum agricoli di alto livello avranno sicuramente un’impennata con l’avvicinarsi della stagione fredda.

Allineato anche De Conti di Cuzziol Beverage. «Sicuramente continuerà il trend di crescita del mondo whiskey – dice – soprattutto se giovane, di beva facile e alta miscelabilità. Penso soprattutto all’Irlanda come locomotiva di questo nuovo trend, ma occhio ai piccoli mercati europei emergenti».

Scommette sul whisky irlandese anche Roby Marton, che vede una vera onda montante «perché ci sono diversi marchi che si stanno muovendo e sarà un’ascesa solida». Rimane poi trend-setter l’agave, per cui Marton conferma la cavalcata del tequila. «Continuerà a crescere di brutto – pronostica – assieme anche a qualche mezcal o qualche sotol, perché i prodotti a base agave sono attraenti in tutte le versioni».

Dopo qualche divagazione tra Nietzsche e Wittgenstein, è tornato a Epicuro. E così scrive di vino, sapori e spirits, di viaggi, di teatro e danza. Veneziano, fa base a Praga. Ama il whisky scozzese e le Dolomiti.

Potrebbero interessarti