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IL RUM, PASSIONE SENZA ETÀ E SENZA TEMPO

Bartender, distributori, rivenditori confermano il trend in forte crescita e l’avvento di una nuova consapevolezza nel consumatore.

«There’s naught, no doubt, so much the spirit calms as rum and true religion». Che si concordi o meno con l’approccio alla spiritualità di Lord Byron, questa citazione ci racconta l’universalità del rum, capace di conquistare pirati e poeti, nobili e avanzi di galera (e in fondo il buon George Gordon ha fatto di tutto per incarnare la liaison tra questi mondi).

Nella sostanza, ciascuno è libero di valutare se il rum e una religiosità autentica calmino lo spirito, ma quanto meno sul distillato si può discettare laicamente riconoscendone valori, tradizioni, abitudini di consumo.

E sulla scorta delle voci degli specialisti raccolte da Spirito Autoctono, sembra che negli ultimi anni stia accelerando un cambio di pelle nel consumatore e acquirente. II rum è tornato a far parlare di sé e a parlare ai giovani.

Rum, consapevolezza (fuori dal ghetto) oltre l’età

La variabilità di posizionamento del rum «a volte gioca su fattori strani – rileva Angelo Canessa di Velier, distributore che sul rum ha costruito una strada importante – perché se nel whisky l’elemento invecchiamento influisce proporzionalmente sul prezzo, nel rum troppo spesso pesa ancora molto il packaging e poi magari delle vere rarità ci mettono 10 anni per raggiungere all’asta i prezzi che dovrebbero avere. E solo il collezionismo li porta a quotazioni folli rispetto al prezzo base di ingresso sul mercato».


Andrea Cattaneo
Angelo Canessa

Questo rende la fascia d’età abbastanza vasta. «Oggi vediamo un pubblico giovane molto all’avanguardia in termini di ricerca che non vuole scendere a compromessi sulla qualità – chiosa Canessa – per cui si inizia a bere molto bene già nei ventenni ed emerge qualche collezionista. Poi un pubblico più maturo, dai 35 anni in su, sceglie il rum perché è percepito come prodotto di grande qualità».

A fare del distillato di canna da zucchero un prezzemolino d’eccellenza – secondo lo spirits ambassador Velier – sono appunto la diffusione ampia della materia grezza e la duttilità in miscelazione. O forse complessità e ricchezza aromatica presenti nei grandi rum bianchi sono già così intriganti da sedurre gli appassionati, che alla fine rimuovono dal bicchiere quelli invecchiati. «Questo noi l’abbiamo scoperto nel tempo – dice – ma ad esempio nelle Antille francesi il consumo è essenzialmente alimentare. Oggi in Italia sta crescendo la consapevolezza nei consumatori proprio per la grande flessibilità nelle occasioni di consumo, consentendo un approccio differente a pubblici diversi».

Guardando all’evoluzione dei consumi in Italia, negli ultimi anni Canessa vede un affinamento. «Oggi il rum è uscito dal ghetto – afferma – e ci sono prodotti che giocano nella serie A dei grandi distillati. Nonostante il mercato sia ancora dominato (nei numeri) dai dolciones, come nei whisky i single blend non fanno i numeri dei blend, cresce la consapevolezza della qualità tra i collezionisti e tra i consumatori».

Qual è allora l’identikit del consumatore tipo? «Sui rum di alta qualità senza zucchero aggiunto è chiaro che ci affacciamo a un pubblico gourmet medio-alto spendente, con una buona cultura gastronomica, potenzialmente fumatore di sigari. Insomma, un pubblico gaudente e dunque molto trasversale, che percepisce il distillato in quanto tale. Poi c’è la componente evocativa del viaggio, che con il turismo ha influenzato molto i consumatori».

Curioso, gastronomico e fresco, è il nuovo rum-lover

Viaggio sì, ma senza stereotipi. «L’approccio al rum non è più solo legato al sogno di sentirsi ai caraibi, tra cocktail con ombrellini e costumi da bagno – rilancia Andrea Attanasio, capitano della ciurma che gioca molto con il rum dietro al bancone del Fresco Cocktail Shop a Como – Oggi i distillati di canna da zucchero hanno una carta d’identità ben precisa grazie a locali come il Fresco e ai pirati-pionieri come Luca Gargano, Angelo Canessa, Daniele Biondi e Jimmy Bertazzoli, persone che riescono a farti innamorare di questi spiriti anche soltanto parlandone. Non è importante l’età o il potenziale di spesa nell’approccio: ci sono uomini adulti, ricchi ma annoiati, che bevono ancora rum dolcioni con sigaro ed escort, mentre qualche ragazzino rompe il porcellino per assaggiare 10 ml di Caroni. Alla fine, mediamente, puoi godere di esperienza mistiche senza spendere un capitale. Chiedete al vostro barman di fiducia di farvi tre dosi da 2 cl di tre rum totalmente diversi e, invece che berne solo uno da 5 cl, farete una mini-degustazione interessante».


Andrea Attanasio
Andrea Attanasio

Ecco che il consumo di rum in purezza è molto cambiato. «Stiamo eliminando il cliché rum e cioccolato o rum e sigaro, pur rimanendo un abbinamento molto gradevole – spiega Attanasio – Sono entrati invece di prepotenza i distillati bianchi, che non avendo i terziari del legno non si sposano con tabacco e tostatura. Inoltre oggi i distillati di canna hanno un carattere forte, unico e non hanno bisogno di una spalla. Sono dei veri e propri solisti. Immergetevi in un rhum di Capovilla, in una cacacha di Yaguara a pieno grado o in un Habitation Velier e non cercherete alcun sapore esterno».

L’identikit del consumatore tipo è presto fatto: curioso, gastronomico e fresco. «I curiosi non si fermano al brand, non ti chiedono quello che già conoscono – spiega il barman – Sono gastronomici perché cercano gli aromi con più attenzione, chiedono se annusare con la bocca aperta o chiusa, azzardano anche all’aperitivo o con abbinamenti non scontati (formaggi, frutta secca, ceviche). E poi hanno personalità fresche e piacevoli, ma questo vale per tutti i distillati». Oggi tirano soprattutto rum ad alto grado, bianchi o da collezione, ma attirano sempre «per la percezione (finalmente) che sia un distillato nobile e non più mojito, chupiti e chiappe al sole», ironizza Attanasio.

Il rum è uscito dalla Cola

Roberto Gianini, gran cerimoniere della Bodeguita del Rum a Roma, da vent’anni raccoglie e racconta ai suoi clienti rum da tutto il mondo, che porta anche alle feste di matrimonio dove fa divulgazione e propone il classico abbinamento coi sigari. «Non solo – specifica – collaboro con alcune ambasciate proprio per la diffusione della conoscenza di questo distillato. Anche se i trend sono cambiati e rispetto a qualche anno fa ci sono altri spirits che attraggono il pubblico, soprattutto tequila e mezcal. Certo, questa tendenza al bianco riguarda anche il rum».


Roberto Gianini
Roberto Gianini

Dall’osservatorio di Gianini sembra emergere una divaricazione di mercato e di prezzo. «Da un lato si è abbassata molto la qualità del promo prezzo – spiega – anche perché i produttori non svendono più tanto facilmente il distillato. E così i rum premium sono diventati ancora più premium. Nel frattempo anche alcuni grandi brand hanno lavorato sulla qualità e oggi possiamo dire, con una battuta, che il rum è uscito dalla Coca Cola».

La tendenza è netta. «Si va soprattutto verso il bianco – riferisce Gianini – anche se gli appassionati di affinamenti più speziati o dei dolciones rimangono molti. In fondo il rum aromatizzato è di facile lettura. Eppure il prodotto in purezza e non raffinato consente agli appassionati un’esperienza più sfaccettata. Questo avviene anche nell’abbinamento ai sigari o ai cioccolati, che a loro volta sono due mondi complessi».

L’uscita dalla cola ha di fatto alzato l’asticella, anche in termini di età. «Vi ricordate rum e pera? Non si fa più – ironizza Gianini – piuttosto i ragazzi vanno su un gin tonic facile o sulla vodka. Gli shot di rum appartengono al passato. Oggi il consumatore di rum ha più di 45 anni e ha fatto un percorso di gusto che l’ha portato ad apprezzarne le caratteristiche». Quello stesso percorso che oggi sta facendo emergere i rum bianchi, «perché in fondo l’affinamento e l’invecchiamento coprono l’esperienza organolettica che un bravo distillatore può portare in bottiglia», chiosa. Anche se non mancano affinamenti particolari, in legni speciali o in botti usate per altri spiriti, «la tendenza va verso un approccio naturale, senza aromi».


Clain Sonson cocktail
Clairin Sonson cocktail

Meno brand, più curiosità

Anche Emanuele Salmaso dall’enoteca La Moscheta di Padova conferma un cambio di registro. «È cresciuta la consapevolezza – dice – e si è capito che il rum non è solo da miscelare né è un superalcolico “dolce e facile”, perché anzi il mercato offre una vastità di prodotti molto diversi tra loro, pur partendo dalla distillazione della stessa materia prima. E questo fa nascere curiosità, induce ad approfondire».

Certo, sul piano commerciale il rum «rimane uno dei distillati più apprezzati a prescindere dall’età e dal sesso – specifica – e viene considerato un ottimo prodotto da regalare, perché è in grado di incontrare in gusti di una vasta fascia di consumatori». È dunque un distillato «senza etichette e senza un identikit preciso», soprattutto perché ha molti volti, eppure Salmaso (che vende per asporto) conferma la sempre forte attrazione verso un packaging particolare, che indirizza la scelta. Nonostante l’ecumenismo dei rum (o rhum o ron), una tendenza chiara si legge. «Riscontro maggiore curiosità per rum di provenienze considerate improbabili fino a poco tempo fa, come le Filippine – rimarca Salmaso – abbandonando prodotti di marche affermate. E poi i rum agricole, anche a grado pieno, sono sempre fra i più richiesti».


Emanuele Salmaso
Emanuele Salmaso

Rum italiani autoctoni? Perché no

In questo scenario, qual è il destino (presente e futuro) del rum italiano? Se per Gianini è presto per fare qualsiasi ragionamento, per Canessa la coltura della canna da zucchero esiste in Italia da lungo tempo, ma bisogna fare un percorso molto lungo prima di riuscire a toccare il consumatore. «Oggi siamo all’inizio – dice il mixology specialist di Velier – e non metto in discussione la qualità del lavoro, ma se da un lato vorrei che ci fossero 40 distillatori di rum tra Sicilia, Calabria e Puglia, dall’altro è una evoluzione da studiare». «Credo che nei prossimi anni avremo sicuramente diversi esperimenti – dice senza dubbi Attanasio – perché il boom del gin ha portato alla nascita di molte microdistillerie che oggi fanno soprattutto produzione in conto terzi, ma quando questo fenomeno perderà gli eccessi e soprattutto quando i bravi distillatori si annoieranno di fare solo gin, allora inizieranno a sperimentare. Qualcuno comprerà melassa o sceglierà di far fermentare puro succo di canna da zucchero (presente in Sicilia da sempre), ma ci lavoreranno sicuramente. Come avremo più whisky italiani, così avremo probabilmente una decina di rum italiani nei prossimi anni, poi alcuni rimarranno degli esperimenti e altri potranno essere una bella sfida per gli appassionati».

Daiquiri, la miscelazione che valorizza il rum

Assodata la grande capacità del rum di farsi valere nel consumo in purezza, quali sono i miscelati che permettono di apprezzare al meglio la qualità del rum di base? La risposta è unanime: il daiquiri.

«Con tre punti esclamativi – replica Attanasio – ma al Fresco misceliamo volentieri anche Bloody Mary con clairin haitiani, T Punch con rhum francesi, Caipirina con cachaca e drink di nostra invenzione con grogue di Capoverde, rum delle Barbados, Hampden giamaicani». «I drink cubani valorizzano la materia prima – chiosa Gianini – e il daiquiri è il papà di tutti, con tre soli ingredienti che vanno bilanciati e che sono determinanti per l’identità del cocktail. Cambiando rum davvero senti la differenza».


Daiquiri
Daiquiri

Secondo Canessa di Velier, «il rum influisce molto anche nei drink con molti ingredienti e complessi, perché la materia prima si sente in un minestrone come in uno spaghetto al pomodoro». Poi il daiquiri è il cocktail in cui il rum si legge meglio: «nella pasta al pomodoro ci sono tre ingredienti essenziali ovvero pasta, pomodoro e un olio, ma cambiando ciascuno di questi l’impatto è forte; nel daiquiri ci può esser della ricerca su lime e zucchero, ma è cambiando un rum con un altro che alzo l’asticella e faccio davvero un viaggio».

«Prediligo la semplicità nei miscelati, proprio per distinguere al meglio l’aroma del distillato protagonista – conclude Salmaso – e ogni cocktail dovrebbe avere un rum con particolari caratteristiche in modo da bilanciare il sapore degli altri ingredienti e da farlo semplicemente esaltare».

Dopo qualche divagazione tra Nietzsche e Wittgenstein, è tornato a Epicuro. E così scrive di vino, sapori e spirits, di viaggi, di teatro e danza. Veneziano, fa base a Praga. Ama il whisky scozzese e le Dolomiti.

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