Aperture cover
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APERTURE, IL COCKTAIL BAR “DI QUARTIERE” A PADOVA

Nel quartiere dell’Arcella, la mixology di qualità fa cultura del buon bere per la comunità

Mery, al secolo Maria Antonia Dal Corno, ha alle spalle un’esperienza forte con il circolo Pixel che portava in città esperienze artistiche fuori dai circuiti maistream. Francesca (Pilotto) è approdata a Padova vent’anni fa dalla Milano da bere per studiare psicologia. Sono loro l’anima e il cuore di Aperture, un intrigante cocktail bar di quartiere che nel 2018 ha aperto i battenti all’Arcella, neighbourhood multietnico e non tra i più patinati in città a Padova.

Una scelta di personalità, che fa il paio con un’anima local orgogliosamente raccontata dalle fondatrici. Perché se il mondo della mixology vira tropo spesso verso universi sofisticati di bretelle e paillettes, che potrebbero allontanare o spaventare l’avventore in cerca di un’esperienza rilassante e senza formalità, in questo pezzo di Padova il cocktail bar è di quartiere.

Il nome “Aperture” strizza l’occhio alla fotografia, all’esposizione dello scatto, ma anche a uno sguardo disincantato e consapevole rispetto agli abbinamenti cocktail-food. Il tutto utilizzando la personalità di artisti del cinema e dello spettacolo, donne, uomini illustri e attiviste, per svelare la personalità dei cocktail.


Lo staff di Aperture

DRINK LIST DAL VOLTO ILLUSTRE

Ecco allora l’aromatico Margherita Hack che è un combinato di gin infuso al melograno e alla rosa, succo di limone e crusta di pistacchi, mentre un Alda Merini miscela mezcal, triple sec, lime, liquore alle mandorle aceto balsamico, cardamomo e crusta di sale. Il fascino di Coco Chanel si esprime in vermouth francese, rosolio di bergamotto, Cynar, orange bitter e menta, più suadente rispetto ai toni erbacei e affumicati che nell’Anna Magnani portano liquore Strega, whisky torbato e angostura mixati con succo di limone e liquore alle mandorle. L’erbaceo si abbina anche a Nilde Iotti e Kaneko Ikeda, mentre torna l’aromatico per la Premio Nobel Rita Levi Montalcini.

«Cocktail seri, ma col sorriso», chiosa Francesca. E infatti accanto ai volti dell’impegno sociale ecco attori e comici, ancora con un rimando tra il personaggio e gli ingredienti. C’è il paladino dell’aperitivo padovano Andrea Pennacchi, raccontato da uno “spriss serio” agrumato con una lieve nota speziata di cannella, mentre un mostro sacro come Totò gioca di equilibrismo tra mezcal, limoncello, lime, basilico e miele; Anna Marchesini è il mix «profondo, elegante, divertente» tra rum, vermouth bianco, ginger e fico, mentre il trio indimenticabile Aldo, Giovanni e Giacomo è un gioco tra bitter (Fusetti), mastica, ginger (Falernum), Tripgin e acqua di rose. 


Aldo, Giovanni e Giacomo

La domanda sorge spontanea: nella scelta del cliente prevale l’ingrediente di miscelazione o l’affezione per il volto noto? «La prima cosa che attira l’attenzione è il volto dei personaggi – conferma Francesca – soprattutto da quando le foto son state sostituite da illustrazioni accattivanti curate dall’artista veneta Barbara Fragogna. Poi ci sono gli ingredienti che richiamano il territorio di riferimento e questo diventa intrigante. Ci piace che, assaggiando i nostri cocktail, il cliente possa scoprire qualcosa di nuovo».

ETICHETTE ITALIANE DA PICCOLI PRODUTTORI

In questo bailamme di volti, caratteri, arte e sorrisi, la scelta delle etichette è accurata e personale. «Mi devono convincere senza se e senza ma – precisa Francesca – dato che provo molte etichette ogni anno e c’è una proposta molto molto ampia. Cerchiamo di utilizzare tanti prodotti italiani, con una particolare attenzione per le piccole distillerie che portano valore al proprio territorio. Ecco, noi cerchiamo di far parlare la territorialità, magari ripescando cose fuori moda o bottiglie brutte che nascondono essenze pazzesche».

I produttori passano, assaggiano, raccontano e incontrano pure gli avventori. Il cliente di uno spazio ricercato eppure molto confortevole è il giovane padovano o vicentino come la famiglia del quartiere, la coppia o gli anziani, operai come studenti e professori dell’università patavina. «Siamo felici di poter dire che abbiamo come clienti chi vive nel quartiere – dichiarano con orgoglio Mery e Francesca – perché l’Arcella porta in dote delle belle situazioni. Quando abbiamo aperto in molti si sono fermati a ringraziarci, perché abbiamo portato un angolo di luce in una zona che rimaneva piuttosto buia. E abbiamo ridato vita a uno spazio abbandonato da tempo».


L’interno del locale

In questo percorso che ha nel Dna un legame con la comunità, il periodo del covid è stato in chiaroscuro. Durissimo all’inizio, è diventato una gara di sostegno. «I clienti affezionati ci chiamavano per l’asporto – ricorda Francesca – ordinavano i cocktail e poi postavano le foto da casa. E nel periodo in cui vigeva il coprifuoco alle 18, da mezzogiorno fino all’ultimo minuto avevamo la coda come fossimo in discoteca, mentre quando abbiamo potuto metter fuori i tavoli abbiamo riempito ogni angolo (rispettando le distanze) e non ci siamo fermate un istante. In maniera assurda, ma lavoravamo bene. È stato esaltante il supporto di tutti».

La pandemia è stata anche l’occasione per fermarsi e migliorare, studiando nuovi mix e affiancando alla drink list una proposta cibo veloce – dalla tartare al tramezzino alle opzioni vegane, tutto fatto in casa e veloce, semplice, appetitoso. E dal legame con la comunità è nata anche l’idea di serate di degustazione: niente masterclass, ma molte chiacchiere e assaggi nel segno della buona beva. Un’esperienza per tutti.

Dopo qualche divagazione tra Nietzsche e Wittgenstein, è tornato a Epicuro. E così scrive di vino, sapori e spirits, di viaggi, di teatro e danza. Veneziano, fa base a Praga. Ama il whisky scozzese e le Dolomiti.

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