Gli italiani? Ci sono e vanno bene, ma non benissimo, per il gruppo 50 Best non è proprio l’anno dell’Italia
E anche per la 50 Best Bars 2023 non è proprio l’anno giusto per l’Italia. Ci siamo. E’ arrivato quel periodo dell’anno dove le classifiche la fanno la padrone, tutte in fila una dietro l’altra arrivano le guide, i premi, le forchette, i cucchiai, i titoli nobiliari, le stelle e le stalle. Proprio in queste ore infatti è stata resa pubblica a Singapore la classifica di quest’anno dei 50 Best Bars del pianeta (in realtà come sempre poi sono 100). Com’è facile immaginare, queste classifiche interessano tanto i diretti interessati quanto un pubblico sempre più vasto che vuole scoprire nuovi posti dove andare a bere.
Parliamo di un pubblico/lettore incredibilmente diviso in tifoserie, da un lato del bancone troviamo quelli che le amano, le leggono, le seguono e le prendono come oro colato, scritte per loro da divinità consapevoli, dal lato opposto, posizionati sullo strapuntino dello sgabello che osservano i barman, c’è il girone degli accidiosi, quelli che non aspettano altro se non veder cadere i beniamini altrui solo per il gusto di vedere che effetto fa.
Nel bel mezzo ci siamo noi, che freddi distaccati analizziamo e guardiamo con fidato interesse dove si va a collocare il mondo della mixology e dei bartender in genere. Senza giudicare, da buoni osservatori di un mondo che vive di cocktail e distillati ma che molto spesso si specchia dentro se stesso con piacere.
Ma che mondo racconta la classifica di quest’anno?
Per prima cosa ci dice che è un mondo sempre più globalizzato e ricco di spunti creativi un po’ in tutti i continenti. In vetta quest’anno troviamo il Sips di Barcellona che vede dietro al bancone Simone Caporale e Marc Alvarez (nella foto di copertina) che sono saliti sul gradino più alto portandoci anche un pizzico d’Italia (bravo Simone Caporale da Como), al secondo posto salgono i ‘ragazzi’ del Double Chicken Please di New York (salito dalla sesta posizione) mentre sul gradino più basso del podio c’è l’Handshake Speakeasy di Mexico City (risalito addirittura dall’undicesima). Nota di colore per il Paradiso di Giacomo Giannotti, sempre a Barcellona, che scende di ben tre posizioni dopo essere stato in vetta lo scorso anno. Sbrigate le incombenze del podio e fatte le dovute congratulazioni andiamo a vedere cosa succede in casa nostra, dove come dicevamo, siamo andati bene ma non benissimo.
Quest’anno il nostro bel paese ha posizionato (ben?) sei cocktail bar nelle prime cento posizioni, ma praticamente tutti – tranne uno – hanno fatto un piccolo passo indietro, il più alto resta il Drink Kong di Roma, qui Patrick Pistolesi e soci perdono cinque posizioni retrocedendo da sedicesimi a ventunesimi, un assestamento più che plausibile per uno dei cocktail bar più amati e conosciuti in Italia, che ogni anno si confronta con i migliori al mondo – e sono tanti – ndr – portando comunque sempre a casa un ottima posizione. Il vero colpo da maestro lo mette a segno Freni e Frizioni (sempre a Roma) che con un balzo a dir poco felino risale dal ottantaseiesimo posto al trentatreesimo (33) e va anche ricordato che i ragazzi di Freni erano praticamente fuori dalla classifica generale e in appena due anni sono tornati al posto che gli spetta nei primi 50.
Discorso un po’ diverso per gli altri bar presenti: il 1930 di Milano, scivola quasi fuori fermandosi al 42, mentre l’Antiquario di Alex Frezza a Napoli, perde solo due posti, rimanendo di fatto nella sua posizione dello scorso anno (da 44 a 46), quasi lo stesso discorso per il Locale di Firenze che però scivola dal 39 al 46 frenando giusto in tempo per non uscire fuori pista. Piccola parentesi per il Camparino in Galleria a Milano che in soli due anni si è ritrovato a fare il percorso inverso di Freni e Frizioni, passando dal ventisettesimo posto all’ottantacinquesimo posizione. Purtroppo dobbiamo anche segnalare l’uscita del The Court (sempre a Roma) uscito dai primi cento.
Come dicevamo in precedenza è difficile capire cosa muove le posizioni e le classifiche in genere, qui si parla di centinaia di bar in tutto il mondo, si passa con disinvoltura dall’Europa all’Asia, dalla Colombia alla Norvegia, dal Messico a Bangkok, senza escludere nessuno o quasi. Ovviamente siamo contenti come tutti quando campanilisticamente parlando possiamo congratularci per i risultati dei ‘nostri’ ma nemmeno dobbiamo lanciargli addosso cocktail avvelenati se si perdono poche o tante posizioni del tempo. Rimaniamo convinti che – senza retorica – il lavoro e l’attenzione a tutti gli aspetti di un locale di solito paga, ma è pur vero che mai come in questa tipologia di elenco sono tantissimi i fattori che contano e non tutti sono spiegabili con motivi razionali. Forse anche per quello non riusciamo a schierarci come tifosi al bancone ma preferiamo sederci e bere bene.
I PRIMI 5 DELLA CLASSIFICA
1 – Sips – Barcellona
2 – Double Chicken Please – New York
3 – HandShake Speakeasy – Mexico City
4 – Paradiso – Barcellona
5 – Connaught Bar – London
GLI ITALIANI
21 – Drink Kong – Roma
33 – Freni e Frizioni – Roma
42 – 1930 – Milano
44 – L’antiquario – Napoli
46 – Il Locale – Firenze
85 – Camparino in Galleria – Milano
(Foto di copertina: ©gsprods_bars)