Chateau Highball cover
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CHATEAU HIGHBALL, IL -READY-TO-SERVE DA STAPPARE À LA CHAMPAGNE

Tre imprenditori lanciano una curiosa sfida alle maison d’oltralpe con referenze premiscelate che giocano su etichetta, bottiglia e tappo a fungo

Lo spunto è una sfida esplicita al primato dello Champagne come must globale per ogni celebrazione, con una ispirazione pop che strizza l’occhio al mondo luxury. Nasce così Chateau Highball, una collezione premium di highball pronti da servire (rts) pensati per l’horeca e già distribuiti a livello internazionale. Non è solo il nome, ma anche etichetta, bottiglia e chiusura rimandano alle maison d’oltralpe – una scelta che non ha risparmiato ai founder qualche difficoltà giudiziaria.

Il progetto è frutto dell’incontro tra Alex Schueli, imprenditore seriale svizzero con base a Hong Kong, l’italiano Nicolò Barbuio, manager con expertise di prodotto, e l’imprenditore di Hong Kong Danny Zigal, focalizzato sulla distribuzione. Dopo il successo del lancio a Hong Kong, Chateau Highball punta a conquistare anche il pubblico italiano. E nei contesti in cui l’obiettivo non sia enfatizzare l’artigianalità del bartender, un highball pronto da versare in un tumbler o un balloon con ghiaccio (con eventuali garnish) è un’opzione veloce e forse pure intrigante.


Le referenze di Chateau Highball

Arrivare a una rooftop soirée, a un picnic in spiaggia o a una festa in barca con una bottiglia calda non è più un problema… basta aprire un Highball, versarlo sul ghiaccio e gustarlo. Le referenze sono già plurime e il progetto non si ferma. Come raccontano a Spirito Autoctono il co-founder Barbuio e il referente per il business development in Europa Giancarlo Gruarin, l’entusiasmo sta portando Chateau Highball a nuove sperimentazioni.

Nicolò e Giancarlo, come è nata l’idea di Chateau Highball?

«Nasce essenzialmente come sfida concettuale al primato, globalmente riconosciuto, che lo Champagne ha come master of celebrations».

Dall’idea alla bottiglia: quanto tempo? Quanto lavoro e quanta fatica? Quanti investimenti?

«Quasi un anno di grande lavoro. La prima difficoltà l’abbiamo incontrata nell’individuare un operatore che potesse fornirci la capacità di miscelazione, di rasatura e di mappatura contemporaneamente. Abbiamo provato la strada del vino, purtroppo senza successo, poi abbiamo approcciato la filiera degli spirits, anche qui senza riuscire a raccogliere delle professionalità aperte alla sperimentazione… Infine siamo riusciti a individuare un imbottigliatore molto preparato – sia per il suo know how nel settore dei distillati, il suo core business da oltre cinquant’anni, che nel mondo del vino – per poter affrontare tutte le criticità legate alla particolare bottiglia champagnotta e al tappo in sughero.

Abbiamo quindi iniziato a ragionare sul processo, capendo che non sarebbe stato sufficiente scegliere un distillato e miscelarlo con un’acqua tonica che ci piacesse (il Gin & Tonic è stata la nostra prima referenza) per arrivare ad un risultato soddisfacente.

Abbiamo iniziato quindi a pensare al Gin Tonic come prodotto “definitivo”, scomponendolo nelle sue parti e caratterizzandole per poter avere il miglior risultato possibile. Il nostro, a tutti gli effetti, è un Gin Tonic che davvero nasce come Gin Tonic».

E per quanto riguarda la produzione?

«Abbiamo individuato una distilleria nel sud dell’Inghilterra che, nel più tradizionale dei metodi e rimanendo in maniera ferrea all’interno del disciplinare del London Dry, potesse fare una distillazione a noi dedicata, che ci venisse consegnata in Italia in purezza e non tagliata; il passo successivo è stato quello di andare a creare una tonica che sposasse al meglio il nostro gin purissimo, dove pure & healthy erano i focus che ci siamo imposti. Abbiamo quindi iniziato a studiare la nostra tonica dove l’eccellente chinino naturale, proveniente dal Sud Africa, potesse sposare stevia e camomilla. Tutto questo per poter avere un Gin Tonic quasi sugar free – ma soprattutto senza stabilizzanti, conservanti o altri additivi».

Bottiglia, tappo, copertura… come avete scelto?

«La sfida allo Champagne era ormai lanciata, ma ci siamo scontrati con la normativa. Tutti i prodotti Chateau Highball sono spirits e quindi devono adeguarsi a metriche di capacità che non sono le stesse di un prodotto vinicolo; ne consegue che per tutti i mercati UE la capacità delle bottiglia debba essere da 700 ml e non da 750 ml come la classica bottiglia di vino frizzante, mentre extra-UE abbiamo più di libertà. Abbiamo dovuto quindi creare una bottiglia dedicata e individuare una vetreria che potesse fornirci una Champagne da 700. Passando poi al tappo, serviva quanto di meglio la storia e il mercato potessero offrire per permettere a Chateau Highball di “invecchiare” in bottiglia con serenità, perciò abbiamo scelto un tappo a fungo birondellato della miglior qualità».



Quali sono i parametri di qualità su cui avete lavorato?

«Massima qualità. Possiamo vantarci di avere le certificazioni BRC (valutazione AA) e IFS (97,16%). I nostri prodotti non hanno scadenza, il particolare metodo di lavorazione che abbiamo ideato ci permette di mantenere un’eccellente qualità nel tempo, senza la necessità di utilizzare additivi utili alla conservazione. Come lo Champagne, Chateau Highball nel tempo può solo migliorare…».

Però non vi siete fermati al Gin & Tonic, anzi…

«Chateau Highball è a tutti gli effetti un multi-spirits brand ready to serve. Abbiamo anche Vodka & Soda e Whisky & Soda, mentre sono in arrivo anche una Tequila Reposado & Soda e altre novità».

Come si esce dal concetto basic di premiscelato?

«Abbiamo voluto discostarci fortemente da ogni sorta di ready-to-drink. Chateau Highball è un ready-to-serve, dove l’emozione del pop e la magia della condivisione la fanno da padrona. Tutte le nostre referenze sono degli strong highball con gradazione alcolica al 16%, perché considerano già una parte di diluizione dal ghiaccio nel bicchiere. A fine giugno, al Bellavita Expo di Londra, il nostro Whisky & Soda e il nostro Gin & Tonic sono stati valutati con tre stelle e il G&T è stato premiato come The Most Sought-After Product, valutato come prodotto più innovativo rispetto ad altri 450 candidati».

Quanto è ampia la produzione? E dove si situa?

«Siamo partiti con un primo lotto di duemila bottiglie, alla seconda produzione eravamo a 12mila per arrivare a 30mila bottiglie per lotto di produzione, divise per le varie referenze. Per i distillati abbiamo scelto i best in class per ogni categoria – il gin dall’Inghilterra, la vodka è una polidistillata di segale polacca e il whisky è un blend (70% spagnolo invecchiato 7 anni e 30% scotch). Il prodotto finito è però orgogliosamente italiano: in Franciacorta sviluppiamo tutti i nostri soft drinks e imbottigliamo».

Distribuite anche all’estero?

«Siamo un’azienda internazionale che mantiene la base produttiva in Italia, ma il cervello oltre confine. I nostri mercati test sono stati la Svizzera e Hong Kong, mercati molto circoscritti ma che potevano darci dei feedback da interlocutori globali. Ad oggi siamo presenti in Svizzera, Hong Kong, Singapore, Vietnam, Mauritius, Taiwan, Canada, Spagna, Francia, Belgio, Olanda, Inghilterra e ovviamente in Italia».

Vendete solo in b2b o anche in b2c? Horeca o anche retail?

«La distribuzione è principalmente b2b e quasi esclusivamente nel canale horeca. Stiamo ancora lavorando sul posizionamento, per affermare il nostro marchio e farlo conoscere ai clienti. Abbiamo raggiunto importanti traguardi nel settore luxury, essendo presenti in varie catene di hotel 5 stelle, in ristoranti stellati e in alcuni bar della World’s 50 Best Bars – come il Wise King di Hong Kong».

Chi è il cliente che sceglie Chateau Highball? Dove lo ordina?

«L’appassionato di Chateau Highball ama la celebrazione e la convivialità, ama brindare con gli amici e suggellare ogni momento con un festoso pop. È una persona attratta dalla novità, ma che rispetta la tradizione, da cui trae le basi per accompagnare il suo divertimento con la più sana e festosa delle miscele highball».

Avete nuovi progetti o prospettive di ampliamento?

«Abbiamo nuove referenze e nuovi formati in fase di studio. Pronte al lancio ci sono le bottigliette da 200 ml e i grandi formati per tutte le referenze. Ci stiamo concentrando anche su nuovi prodotti Chateau Highball per i nostri clienti, come la Tequila Reposado & Soda (per cui siamo stati già approvati dal Consejo Regulador del Tequila) e altre novità che arriveranno entro la prossima primavera».

Qual è la sfida?

«Diventare il nuovo master of celebrations!».

Dopo qualche divagazione tra Nietzsche e Wittgenstein, è tornato a Epicuro. E così scrive di vino, sapori e spirits, di viaggi, di teatro e danza. Veneziano, fa base a Praga. Ama il whisky scozzese e le Dolomiti.

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