Rum
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RUM, LA LUNGA STORIA DEL DISTILLATO PIÙ ANARCHICO (VOL.1)

Alle origini della storia del rum, il distillato che, più che autoctono, è l’unico vero spirito mondiale

– di Marco Zucchetti pubblicato il 5 luglio 2023 –
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C’è la bottiglia di rum che stava sulla cassa del morto con i 15 uomini dell’Isola del tesoro, ci sono gli acidi carbossilici da cui si sviluppano gli esteri aromatici e ci sono i milioni di schiavi africani impiegati e morti nelle piantagioni.

Ci sono aneddoti, implicazioni storiche, dinamiche geografiche, tratte commerciali, ricerca chimica, una punta di reggae e voodoo e un immaginario fatto di avventura ed esotismo. La storia del rum è un cocktail di tutto questo, perché il rum – più che autoctono – è forse l’unico vero spirito mondiale. (A questo link il secondo approfondimento dedicato alla storia del rum)

TUTTI I SEGRETI DEL RUM

Sul distillato di canna da zucchero si è scritto tanto, perché infinite sono le diramazioni in cui il rum – come il sale o il tabacco – ha influito sulla modernità. Impensabile provare qui a riassumere un tema così ampio, ma nella giornata mondiale ad esso dedicata proviamo l’impresa. E indossando la maschera da Piero Angela dei Caraibi, vi portiamo come Quark alla scoperta dei segreti del rum. Una nota: si cercherà di semplificare un uragano di contraddizioni.


Un bicchiere di rum
Un bicchiere di rum

IN VIAGGIO (DA MILLENNI) VERSO OVEST

La canna da zucchero, la materia prima alla base del rum, proviene molto probabilmente dalla Polinesia, da cui si diffonde in Malesia, Cina e India, dove si hanno tracce di bevande fermentate dal suo succo fin dal 6000 a.C.. Nel IV secolo – sempre a.C. – anche Alessandro Magno si imbatte in Persia in una bevanda derivata dalla canna, ma è grazie agli arabi – a cui dobbiamo anche l’invenzione dell’alambicco – che la pianta arriva in Europa. Nel Milione, Marco Polo descrive l’ “ottimo vino di zucchero”, un fermentato assaggiato in estremo Oriente, ma è con la scoperta delle Americhe che la canna si diffonde in maniera estensiva, e con essa il distillato del suo succo e dei suoi sottoprodotti.



IL BRASILE

L’epicentro è il Brasile, dove la canna viene coltivata fin dal XVI secolo. Qui, gli schiavi distillano e bevono un liquore economico derivato dalla melassa (lo scarto della produzione di zucchero) detto cachaça. L’usanza si diffonde in tutto il Nuovo Continente, dove le potenze coloniali europee si sono insediate per alimentare i loro traffici. Grazie soprattutto agli ebrei olandesi, gli alambicchi e le tecniche di distillazione “viaggiano”. Vengono imparate, copiate e reinterpretate. E dal Seicento in poi l’aguardiente – come viene chiamata nei territori spagnoli – diventa immensamente popolare.

Del 1651 è la prima occorrenza del termine rum. In un documento ufficiale delle Barbados si legge di un “hellish and terrible spirit called rum or Kill-Devil”, il che suggerisce la qualità “infernale e terribile” di quel distillato. Se l’etimologia non è chiara (c’è chi sostiene provenga da rumbuillion, una bevanda in cui si mettevano a bollire pezzi di canna; chi invece fa derivare il termine dai bicchieri olandesi detti roemer), è invece chiaro che dal Seicento il rum diventa parte inscindibile dell’economia e dunque della geopolitica. Tanto che nel salario dei marinai della Royal Navy inizia ad essere inclusa anche una razione di rum. Il che lega indissolubilmente il rum all’immaginario delle avventure piratesche e marinaresche, con profluvio di aneddoti.


Rum
Rum

Si racconta per esempio che il corpo dell’ammiraglio Nelson caduto in battaglia sia stato conservato in un barile di rum per preservarlo durante il ritorno in Inghilterra. Peccato che all’approdo il barile fosse ormai vuoto. Qualcuno si era bevuto tutto il rum in cui galleggiava l’eroico cadavere…

TRE COLONIZZATORI PER TRE STILI DI RUM

Il fatto che la canna da zucchero cresca ottimamente in quella fascia geografica a cavallo fra tropici ed equatore, ha influito sulla diffusione del rum in quei Paesi africani, asiatici e americani che per secoli sono stati sfruttati e occupati dalle potenze europee. Le quali applicavano alla produzione del rum diverse strategie e tecniche, che nel corso del tempo hanno generato diversi stili, più o meno coincidenti con le aree di influenza di inglesi, francesi e spagnoli.


IL RUM, PASSIONE SENZA ETÀ E SENZA TEMPO

di Giambattista Marchetto


I RON SPAGNOLI

A grandi linee, si possono distinguere i ron spagnoli, spesso derivati dalla melassa e con toni zuccherini molto marcati (spregiativamente definiti dolciones). Sono distillati generalmente più semplici, e non è un caso che i più grandi produttori industriali del mondo, che utilizzano alambicchi a colonna, rientrino in questa categoria (Havana, Pampero, Matusalem, il filippino Don Papa, Bacardi…). Ovviamente i lunghi invecchiamenti rendono eccezionali anche questi distillati, si pensi a certe edizioni limitate e lussuose del venezuelano Diplomatico o del Brugal dominicano.

IL RHUM FRANCESE

Il rhum di influenza francese, invece, è assai particolare perché in stragrande maggioranza utilizza succo di canna fresco, il che conferisce note più vegetali allo spirito. Anche per questo motivo quello prodotto nei Dipartimenti e Territori d’Oltremare francesi (Martinica, Guadalupa con Marie-Galante, Guyana francese, Reunion, Mayotte) viene definito rhum agricole. Per decenni il rum agricolo è stato l’unico sottoposto a un disciplinare abbastanza rigido per quanto riguarda le tecniche di estrazione, la fermentazione e l’assenza di edulcorazioni. Tra i vari rum agricoli, il Martinique AOC è quello dalla normativa più stringente: due sole varietà di canna autoctone consentite e distillazione obbligatoria nelle cosiddette “colonne crèole”.


Rum

IL RUM DI SCUOLA INGLESE

Infine c’è il rum inglese, all’interno del quale c’è un mondo di varietà e approcci differenti. Si va dai rum giamaicani high esters (alta concentrazione di congeneri ed esteri, le particelle chimiche responsabili delle note aromatiche più spinte) al rum di Barbados, fino ai rum Demerara, provenienti dalle distillerie situate sulle rive del fiume omonimo in Guyana, intensi e pesanti. Non per nulla gli heavy rum sono tutti di zone ingle.si. A rendere lo spirito così corposo è soprattutto la distillazione in pot-still, cioè alambicchi discontinui di rame.

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

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