Nocino di Modena cover
/

DALLE STREGHE AI COCKTAIL: LA SECONDA GIOVINEZZA DEL NOCINO

Il liquore Modenese nato dalle tradizioni pagane del solstizio d’estate è in pieno boom. E c’è chi si batte per la nascita di un consorzio

– di Marco Zucchetti pubblicato su S.A.M n° 2 –
DAL NOSTRO ARCHIVIO, GLI ARTICOLI PIÙ LETTI DEL 2023

In quella terra di mezzo che è la Bassa, landa ruvida e grassa che se ne sta spaparanzata fra il Po, la nebbia e il colesterolo, ci sono cascati tutti. Chi prima, chi poi, chi per via matrilineare e chi per improvvisa epifania, tutti almeno una volta nella vita hanno provato a fare il nocino.

Per alcuni galeotti sono i nonni, con le loro ricette scritte con calligrafie stentate su quadernetti ingialliti. Per altri, basta una cena luculliana in osteria a base di gnocco fritto e salumi, conclusa con un bicchierino oscuro dal peso specifico del cobalto. Poco conta: all’attrazione fatale del nocino non si resiste. 

LO SPIRITO AUTOCTONO PER ECCELLENZA

D’altronde, il nocino sta alla liquoristica italiana come i tatuaggi ai Maori: è un simbolo totale, rappresenta l’anima stessa dell’arte un po’ alchemica e un po’ medica di creare elisir con le piante e le spezie del territorio. Come il limoncello, la grappa, gli amari, o il “vicino di casa” bargnolino (il liquore piacentino di prugnolo), trattasi di spirito autoctono per antonomasia. Solo che il nocino vanta anche natali mistico-esoterici che alimentano il falò della fantasia. E che meritano di essere raccontati. 


Malli di noce
Malli di noce

LE ORIGINI DEL NOCINO

Prima che del Modenese, la sua italica patria d’elezione, il nocino sembra essere originario della Britannia pre-romana, dove i Pitti lo preparavano e lo bevevano in occasione del solstizio d’estate, nel corso di nottate piuttosto orgiastiche che richiamavano lo sposalizio della luna col sole e propiziavano la fertilità.

Il rito druidico, con tanto di visioni di esserini magici, che tanto avrebbe poi ispirato Shakespeare per “Sogno di una notte di mezza estate”, impressionò i centurioni, che rientrando a Roma diffusero dalla Bretagna alla Liguria fino all’Appennino l’abitudine di bere questo “liqueur de brou de noix”. Va da sé che gli aspetti pagani del consumo del nocino non fossero ben accetti nel primo Medioevo. Ragion per cui, alle divinità celtiche e ai sabba delle streghe – celebri quelli sotto il Grande Noce di Benevento – si sostituì presto il culto di San Giovanni Battista. 


Liquori cover
LIQUORI ITALIANI, SI RIPARTE DALLA SPERIMENTAZIONE

Di Eugenia Torelli


TRA MITO E REALTÀ

Già, perché secondo la tradizione le noci devono essere raccolte nella notte fra il 23 e il 24 giugno, proprio la notte dei fuochi di San Giovanni. Tecnicamente, è il periodo dell’anno perfetto, perché i malli devono essere ancora morbidi (per capire se è il momento giusto bisogna forarli con uno spillo), ma non troppo acerbi. Tannici ma non troppo. Però la scienza è noiosa, quindi meglio ammantare di fiaba una scelta organolettica e tecnica.

Ecco dunque spuntare il mito della guazza di San Giovanni: la rugiada di quella notte, infatti, è creduta una panacea per tutti i mali gastro-intestinali. Merito delle proprietà chelanti e antiossidanti delle noci, ma come abbiamo già detto la scienza è noiosa, mentre l’immagine di donne vergini che a piedi nudi colgono i malli e li lasciano imbevere nella rugiada fino all’alba accende senz’altro di più la fantasia… 

LA SECONDA GIOVINEZZA DEL NOCINO

Raccontata la storia, è tempo di tornare prosaicamente alla realtà. E all’odierna seconda giovinezza di questo liquore, che fa parte delle “Tradizioni e sapori del Modenese” tutelate dalla Camera di Commercio locale. Perché tra i fiumi Secchia e Panaro si trovano i boschi di noce (Juglans regia) i cui frutti sono alla base della ricetta storica.


Nocino di Modena
Nocino di Modena

Quella dei frati, e poi quella ritrovata nel ricettario di Ferdinando Cavazzoni (“Liquore detto nocino”, 1860) e negli scritti di Pellegrino Artusi (1891). Contrariamente ad altri liquori, che differiscono parecchio fra loro, le varianti del nocino tradizionale non sono molte. Le noci devono essere raccolte fra il 1 giugno e il 15 luglio, devono essere tagliate in quattro parti e lasciate a macerare al sole in alcol con zucchero e spezie (cannella e chiodi di garofano, qualcuno aggiunge scorze d’agrumi) per minimo 60 giorni, o ancor meglio fino alla notte di Halloween, sempre per rimanere in tema druidico. 

Tutto questo la gente della Bassa, che significa Modena, Parma, ma anche Reggio, Bologna, Piacenza, Mantova, Cremona e financo Lodi, lo sa. Lo sa perché il Nocino è patrimonio comune e – pare – in piena fase di rinascimento. A Spilamberto, dal 1978 è attivo l’Ordine del Nocino Modenese, un’associazione esclusivamente femminile che difende e tramanda i suoi segreti con successo, tanto che ogni anno si tiene il Palio di San Valentino, concorso fra nocini di produzione familiare. E tanto che le etichette si sono moltiplicate.

PAESE CHE VAI, NOCINO CHE TROVI

C’è il bolognese Nocino di Amerigo, su ricetta del notaio settecentesco Pellegrino Grappi; c’è il Nocino Benvenuti, che Montenegro ha inserito nel progetto di rilancio dei “Liquori della tradizione italiana”, in cui i malli rimangono in macerazione 9 mesi prima di essere torchiati; c’è il Nocino Riserva prestige Gavioli e c’è il Nocino Spadoni, che replica la ricetta dell’Artusi con scorze di limone. Ma soprattutto c’è il Nocino Toschi


Il Nocino di Modena Toschi
Il Nocino di Modena Toschi

Toschi Vignola è un’azienda storica di Savignano sul Panaro, attiva dal 1945, che produce il Nocino e la sua versione Riserva invecchiata 5 anni, indicando su ogni bottiglia il vintage dell’anno di infusione dei malli. Toschi nel nocino crede ciecamente.

Innanzitutto è stata la prima a introdurlo nella mixology, con due ricette nella serie “NIO cocktail” di drink preconfezionati. Una maniera di portare il Nocino oltre la classica bevuta liscia o con ghiaccio, al di là delle sperimentazioni (Nocino e moscato) e dei piccoli godimenti culinari (Nocino sul gelato). Inoltre, Toschi sta portando avanti un’altra battaglia: «Vogliamo creare un Consorzio per la valorizzazione di questo prodotto – spiegano dalla famiglia -. Da sempre è un nostro sogno quello di riunire i produttori e fare sistema». Chissà che non sia la volta buona. 

 

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

Potrebbero interessarti