Distilleria Alma cover
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ALMA, SI CHIAMA COSÌ LA DISTILLERIA ITALIANA INTERAMENTE DEDICATA AL RUM

Presto il primo imbottigliamento, verso una nuova condizione di affinamento subtropicale. Hugo Gallardo racconta la nuova distilleria

«Non me ne importa nulla di essere il primo, io voglio essere l’ultimo». Bastano queste parole per riassumere l’idea alla base di Alma, distilleria prima pensata e poi nata (cambi di rotta inclusi) in Sicilia con il preciso scopo di fare rum da canna da zucchero coltivata in loco.

Tra gli addetti del settore la voce correva già un po’, poi il luogo fisico, gli alambicchi, la canna, i tempi tecnici e burocratici, in aprile di quest’anno la licenza e adesso è ufficiale.

In questo momento il primo rum di Alma è in affinamento e approssimativamente alla fine di quest’anno vedrà la bottiglia. È l’inizio di un’avventura che i tre soci – Hugo Gallardo, la moglie Annalisa Spadaro e l’amico Alejandro Lopez, modicana lei, spagnoli di Barcellona loro – prevedono di portare avanti a lungo, per contribuire a costruire una tradizione nuova per questa regione, accanto agli altri produttori che negli ultimi anni hanno avviato il percorso. Il luogo scelto – per necessità e fascinazione – è Modica e l’abbinamento più naturale è già servito, ma ciò che secondo Alma è più interessante è l’alternativa che il clima siciliano può offrire alle attuali scuole di invecchiamento del rum. Così, tra tropici e affinamento continentale si inserisce quello subtropicale della Trinacria e la storia è tutta da scrivere.


Da sinistra: Hugo, Anna e Alejandro

Nell’intervista a Spirito Autoctono Hugo Gallardo racconta la nascita e le prospettive della Distilleria Alma.

Hugo, come nasce l’idea di una distilleria di rum?

«Il progetto nasce nel 2019. Mia moglie e io abitavano tra Milano e Torino e io facevo tutt’altro, lavoravo come dirigente per alcune grandi compagnie di comunicazione. Quando è nata nostra figlia, Alma, mi sono detto che non volevo più fare il mio lavoro e assieme a un amico l’idea era di aprire una piccola attività nelle Filippine, un ristorante e degli alloggi a fianco di una piccola distilleria. Poi è arrivato il covid, io nel fratempo avevo dato le dimissioni dal mio lavoro a Milano, in quel periodo eravamo in Sicilia per salutare i nonni materni».

Uno spartiacque che ha cambiato le decisioni di molti, è così che sei rimasto in Sicilia?

Non solo… Al rum mi ero appassionato dopo un viaggio in Australia. Ero lì per lavoro, da un nostro cliente del settore brassicolo. Ci hanno fatto fare dei corsi di degustazione e di brewing, ma a me la birra non piace. Durante questi corsi però ho incontrato anche dei distillatori, così ho iniziato a conoscere l’home distilling e mi sono appassionato. Tornato in Italia, mi sono informato e ho seguito dei corsi a Londra, nel Regno Unito, sulla distillazione. Durante i miei studi ho scoperto che in Sicilia in passato si coltivava la canna da zucchero e ne sono rimasto colpito. Nel 2020 ancora non si conosceva la portata della pandemia, nelle Filippine avevano bloccato i confini e dichiarato lo stato marziale, il paese è rimasto chiuso per due anni. Il pensiero della canna da zucchero siciliana è tornato a farsi largo. Ho chiamato il mio socio e abbiamo ricalcolato la rotta e i fondi a disposizione per aprire una distilleria in Sicilia. Ho rinunciato alle infradito, ma La Sicilia è un posto meraviglioso, con delle potenzialità enormi nell’agroalimentare. Per uno che da grande vuole distillare è un parco giochi! ».


Le coltivazioni di canna da zucchero

Com’è proseguita questa avventura?

«Da lì è partito un viaggio appassionante nella burocrazia Italiana in tempo di covid. Senza contare che, a confronto di tutta la fascia prealpina italiana, in Sicilia ci sono poche distillerie. Non ho ben capito perché, dato la regione ha tutti gli ingredienti per farlo, ma la cultura della distillazione non ha ancora preso campo come nel Nord Italia. Nel 2021 abbiamo creato la società, trovato location, l’abbiamo adeguata, preso i macchinari e gli alambicchi – quello per il rum ha una capienza di 600 litri, ndr –  e finalmente ad aprile 2023 è arrivata la licenza».

E la canna?

«In agosto 2020 il mio problema con cui mi sono confrontato era proprio quello di trovare la canna in Sicilia. Ho visto su Facebook un post sul Museo della Mandorla di Avola e ho notato che c’era della canna da zucchero. Ho preso mia moglie e siamo andati lì. È così che ho conosciuto Corrado Bellia, il produttore di Avola Rum. Ci siamo parlati e siamo passati dall’essere due pazzi con la stessa idea a una specie di associazione a delinquere – scherza – Ci siamo aiutati a vicenda, Corrado mi ha dato della canna, e io l’ho aiutato con dei materiali di cui aveva bisogno. In seguito ho fatto delle prove anche con della canna da zucchero pressa in Spagna. Il mio era un altro Paese produttore e se ne trova ancora, nonostante l’Unione Europea abbia considerato questa coltura poco utile. In seguito abbiamo preso un terreno, oggi abbiamo in tutto 3 ettari e li coltiviamo direttamente».

Il progetto parte direttamente dal rum, perché?

«Non volevamo partire con il gin e con i liquori, abbiamo voluto attendere il rum con tutte le condizione burocratiche che questo comportava. E non è stato affatto semplice per la portata dell’investimento. Con la canna si inizia a coltivare in ottobre, raccogliamo a primavera dell’anno dopo, processiamo la canna, distilliamo e poi lasciamo affinare il rum, quindi passano almeno 2 anni. Adesso sì, facciamo anche un nostro gin, ma abbiamo voluto legarlo alla canna da zucchero. Con il succo della canna creiamo una pasta molto caratteristica, dai sentori di liquirizia e cannella, poi la utilizziamo per produrre il nostro gin. Questo aprile-maggio abbiamo fatto la nostra prima raccolta di canna da zucchero e finalmente il nostro rum è in affinamento, lo imbottiglieremo per la fine dell’anno o l’inizio dell’anno prossimo».


Il rum Mater della Distilleria Alma

Ci sono secondo te delle particolarità nel produrre rum in Sicilia, rispetto a farlo in altre zone del mondo?

«Rispetto ad altre regioni, in cui ci sono dei disciplinari o dei processi empirici tradizionali consolidati, la cosa bella qui è partire da zero. Possiamo decidere noi che direzione prendere, a partire da quando raccogli la canna, fino al tipo di canna che vuoi usare, i lieviti, i tempi di fermentazione, controllata o meno, il tipo di distillazione e così via. Abbiamo un’idea chiara del tipo di rum che vogliamo arrivare a fare, però non è detto che per arrivarci si debbano seguire delle regole conosciute. Abbiamo una tela bianca e possiamo sperimentare. È un processo lungo quello che abbiamo di fronte, ma questa distilleria non si chiama con il nome mia figlia senza motivo, la mia è una dichiarazione di intenti. Non me ne importa nulla di essere il primo, io voglio essere l’ultimo. Iniziamo un percorso molto lungo e un’evoluzione costante, impariamo via via a capire la nostra terra, le nostre canne e tutto quello che serve».

Poi ci sono gli invecchiamenti…

«Sugli invecchiamenti invece sono convinto che abbiamo da subito qualcosa di diverso da offrire. Posso modificare il processo produttivo ma non certo il clima, che qui è uguale per tutti. Secondo me il rum invecchiato in Sicilia offre una modalità di affinamento alternativo ai due più classici che in questo momento sono in contrasto tra loro, quello tropicale e quello continentale. Sono procedimenti che danno prodotti diversi e anche con costi diversi. La Sicilia ha un cima subtropicale che, a differenza dei Caraibi, può passare da 5 gradi in inverno a 45 in agosto. Quindi dal punto di vista dell’invecchiamento offre qualcosa di totalmente diverso rispetto alle due scuole attuali».

Radici toscane tra Mugello e Chianti, adottata in Veneto tra ombre e bacari. Ha il naso sul vino da quando lo ha tolto dai libri (forse le cose si sono anche un po’ intrecciate…) e un passato tra voli intercontinentali, valigiate di bottiglie, Paesi asiatici e degustazioni. Diplomata Ais, approda alla comunicazione come ufficio stampa e poi nella redazione di VinoNews24.it. Viaggia, assaggia, scrive, ascolta molto e parla quando serve (svariate lingue).

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