Il formaggio LoST EU in abbinamento agli spirits
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Quanto è buono il cacio con il distillato, all’Europa sia spiegato

Il programma LoST EU mira a valorizzare otto denominazioni casearie. E noi le abbiniamo ai migliori spiriti

Fosse per loro, mangeremmo le fontine d’alpeggio con il succo di mele biologiche e il casu marsu con l’acqua di fonte. Fosse per loro, probabilmente non li mangeremmo neanche, perché sai mai che poi aumentano colesterolo e trigliceridi e poi Mamma Europa si indispettisce e ci mette in castigo.

Eppure le eminenze grigie (tanto grigie…) di Bruxelles si sono mosse per valorizzare e promuovere le piccole denominazioni casearie. Il progetto si chiama LoST EU (acronimo per Looking for sustainability of taste in Europe), è stato presentato per la prima volta al Festival Collisioni di Alba e riunisce otto eccellenze italiane che raccontano storie di tradizione, comunità e territorio.

Al di là della bella iniziativa, che cozza drammaticamente con la guerra senza quartiere che per altri versi le istituzioni continentali stanno muovendo ad alimenti come olio d’oliva, carne e vino (qui un articolo sulla oramai saga degli health warnings), noi di Spirito Autoctono abbiamo pensato di fare un passetto in più. E di abbinare provocatoriamente ad ognuno degli otto formaggi un distillato o un liquore. Un po’ per gioco, un po’ per ricordare che non esistono alimenti e drink diabolici di per sé, e che tutto sta nella misura. La virtù sta nel mezzo, il senso del gusto sta in Italia. A Bruxelles al massimo ci sarà il senso del cioccolato, delle birre trappiste e delle cozze con le patatine fritte.


Il formaggio LoST EU in abbinamento agli spirits


Murazzano e Genepy

Il Murazzano è un formaggio a pasta cruda e fresca, piacevolmente grasso, prodotto con latte di pecora delle Langhe, a volte in purezza e a volte con una percentuale di latte vaccino. Delicato e di norma non troppo stagionato, di fatto è una toma fine e di grande soddisfazione, con un bell’equilibrio fra note ovine spiccate e sfumature quasi erbacee. Il che ci dà il destro – ma noi rispondiamo con un deciso sinistro, che mica stiamo qui a prenderle e basta – per abbinarci un Genepy. La scelta cade sul Genepy Extra di La Valdotaine, diretto e preciso, senza troppe evoluzioni zuccherine e piuttosto concentrato sulle erbe di montagna.

Robiola di Roccaverano e Grappa

Rimaniamo in Piemonte, ma ci spostiamo nella Langa orientale a cavallo fra Asti e Alessandria, dove si produce la Robiola di Roccaverano. Una DOP in costante ascesa nel gradimento degli appassionati per l’intensità dei sapori, soprattutto per quanto riguarda le maturazioni più impegnative. Latte caprino almeno al 50% e pasta cruda, queste sono le caratteristiche inderogabili. Per il resto, la stagionatura è variabile, si può arrivare anche a livelli quasi estremi. Per sostenere la forza del latte di capra, noi scegliamo il muscolo di una grappa locale e ne consigliamo due: per le robiole più fresche, la Grappa di Arneis Marolo della distilleria Santa Teresa, con quella sua fragrante florealità che fa tanto primavera; per quelle più pungenti e stagionate, andiamo sulla Roccanivo, la grappa di Barbera barricata di Berta, un inno alla schietta e ruspante solidità di queste terre. Quando il formaggio si fa duro, le grappe serie iniziano a giocare.


Uno scatto dalla barricaia delle Distillerie Berta
Uno scatto dalla barricaia delle Distillerie Berta

Ossolano e Calvados

Sempre Piemonte, ma si va in montagna, al confine con la Svizzera, dove si produce questo formaggio a pasta dura piuttosto grasso, ottenuto da latte intero vaccino, sia crudo sia pastorizzato. Altro sport: qui siamo nella terra dei Walser e dunque più dalle parti dei formaggi alpini. L’occhiatura fine, la salatura, la pasta elastica e soprattutto la qualità media eccellente ci suggeriscono un abbinamento ardito ma di grande suggestione: il Calvados. Anche qui, urge diversificare fra Ossolano giovane e maturo. Nel primo caso, regala gioie un Pommeau de Normandie di Christian Drouin, ottenuto con un mix di distillato a 70% e succo di mele da sidro, splendidamente asprigno e scattante. Nel secondo caso, esageriamo con una Reserve des Seigneurs del marchio Château du Breuil, invecchiato 20 anni e dalle infinite sfaccettature.


Formaggio Ossolano Dop in stagiunatura
Formaggio Ossolano Dop in stagiunatura

Strachitunt e Scotch whisky

Lo “stracchino tondo”, questo il significato in bergamasco, è un formaggio originario della Val Taleggio, prodotto con latte crudo di vacche della razza bruna. Può essere sia erborinato, sia no; può avere crosta lavata e fiorita. Insomma, lo Strachitunt è un po’ lo Zelig dei formaggi e dunque merita un abbinamento con un distillato che sappia farsi concavo e convesso come il single malt scozzese. Noi lo abbiamo provato con diverse tipologie e ci sentiamo di suggerirne due: whisky torbato o invecchiato in botti di sherry. Chi vuole andare al massimo come Vasco Rossi può scegliere un Ledaig, il torbato della distilleria Tobermory, con le sue note grasse sporchine che riflettono l’anima del formaggio. Chi invece preferisce i contrasti, non sbaglia se lo accompagna a un Glendronach 15 anni “Revival”, dove il barile arricchisce il distillato con note secche e profonde, che quasi ricordano il sottobosco.

Puzzone di Moena e Acquavite di prugne

Arriviamo in Trentino per uno dei formaggi più famosi dell’Italia settentrionale, il Puzzone è un formaggio vaccino grasso, a pasta pressata semicotta e semidura. Ed è anche semi-puzzone, a volerla dire tutta, perché il nome di cui si fregia non sempre si accompagna a una reale acredine olfattiva. Insomma, spesso il Puzzone è puzzone solo per finta. Quando invece lo è di nome e di fatto, beh allora occorre trattarlo con devozione e con rispetto. E magari accompagnarlo a un distillato di frutta, che non accentui la sapidità. La nostra scelta cade sull’Acquavite di prugne di Pojer e Sandri, prodotta con alambicco discontinuo a bagnomaria a partire da frutti coltivati biologicamente nella Valle dei Laghi. Tutte le strade portano in montagna, altro che a Roma.


Mucche al pascolo, photo credit Trentino Marketing
Mucche al pascolo, photo credit Trentino Marketing

Provolone del Monaco e Cognac (o Armagnac)

Caciocavallo particolare, prodotto nel Napoletano, il Provolone è un formaggio a pasta filata ottenuto da latte di vacca agerolese e stagionato almeno sei mesi. Piccola curiosità: al contrario di altri caciocavalli, non ha la classica “testina”. Il sapore è burroso e via via più piccante, il che potrebbe suggerire due diverse strade di abbinamento. Il dna molto ruspante e saporito ben si sposa con i distillati francesi a base vino, con le loro note di frutta e potpourri. Come ormai ci siamo abituati, vi lasciamo la scelta: se volete “fare scopa”, ovvero rispondere alla sapidità con uno spirito muscolare, andate di Armagnac, magari il Castarede Brut de Fut, a grado pieno, con una espressività rara. Se invece preferite qualcosa di carezzevole per equilibrare il gusto strong del formaggio, non sbagliate con il Trés Vieux di Jean Fillioux, mirabile campione di educata eleganza dal terroir della Grande Champagne.


Formaggio Provolone Dop Del Monaco
Formaggio Provolone Dop Del Monaco

Vastedda e London dry gin

Di fronte all’unico formaggio ovino a pasta filata, dalla classica forma a focaccia e dalla spiccata freschezza acidula, l’abbinamento si fa ostico. “Vasto” significa “guasto”, il che suggerisce le circostanze della sua nascita: quando il pecorino per il caldo andava gonfiandosi, veniva filato per ottenere un formaggio da consumare in estate. Oggi si produce tutto l’anno, ma a noi sembra sempre un formaggio da gita tardo-primaverile o estiva, dunque ci scatena immaginari di calure e stadi avanzati di sete. Per questo lo abbiamo provato – adorato – con un gin tonic a base London Dry, dunque con una parte citrica importante ma non debordante. Con il siciliano Messenion, gin a base di finger lime, funziona, ma qualcuno potrebbe trovarlo un abbinamento un po’ eccessivamente asprigno. Caprisius gin, che al limone della Riviera campana unisce timo e maggiorana, è forse anche meglio.

Pecorino siciliano e Liquore di miele (o rum?)

Chiudiamo con il Pecorino siciliano, a pasta semidura o dura, ottenuto da latte di pecora crudo intero. Forse il più auto-evidente di tutti gli otto protagonisti, un formaggio altamente saporito che può essere utilizzato anche grattugiato. Ora, nelle degustazioni casearie questo genere di formaggi è sempre accompagnato da un miele che ne smorzi la grande carica sapida. Non facciamo eccezione e consigliamo Gioiello, il distillato di miele d’acacia prodotto artigianalmente (e con numeri limitatissimi) da Nonino. Chi invece vuole sostituire il miele al distillato di canna, abbia cura di scegliere un rum confortevole e morbido, ad esempio il Flor de Caña 18 anni, che dal Nicaragua porta un bastimento carico carico di note di caramello, frutta secca tostata e un accenno minerale dalla terra vulcanica (Flor de Caña è pure sostenibile, l’articolo qui). L’Etna non è mai stato così olfattivamente vicino…

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

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