Oscar Quagliarini: si fa presto a dire food pairing*

È diventato un mantra e una moda, che per natura e per curiosità si estende dal vino ai distillati, soprattutto in forma miscelata. Il food pairing, per il mondo spirits, è un territorio affascinante, eppure così complesso da gestire da scoraggiare molti chef.

Oscar Quagliarini, bartender e profumiere nello stesso tempo, ha sperimentato molto nel pairing e ha dedicato attenzioni costanti per anni al confronto con il fine dining. A lui abbiamo chiesto un punto di vista sul rapporto che oggi esiste tra alta cucina e spirits.

Oscar, qual è lo stato dell’arte nelle tendenze di food pairing con la mixology?

«Se è vero che i distillati si vedono di frequente nei menu, il pairing sta un po’ scomparendo come offerta fissa in carta. Non che non sia intrigante o non abbia successo, ma rimane una proposta legata ad occasioni o eventi. L’interesse coinvolge quasi sempre grandi chef, che utilizzano spesso una ingredientistica complessa da mettere in relazione con i miscelati. E poi cambiano spesso le esperienze di degustazione e l’intero lavoro deve essere riadattato».



Oscar Quagliarini (ph credit: Gambero Rosso Web)

Come viene studiato allora il pairing?

«Quando veniamo coinvolti per una di queste cene speciali, che per noi significa studiare a lungo il menu e cercare una linea stilistica che possa valorizzare l’esperienza degli ospiti, partendo dal valore gastronomico della proposta elaborata dagli chef. Si lavora dunque con un basso grado alcolico – cercando di non superare quello di un vino o al massimo di un vermouth – in maniera tale da non distruggere il palato. Si lavora molto pulito, con al massimo 3 ingredienti spesso compresa la garnish».

Come funziona il processo di abbinamento aromatico?

«È una questione delicata. Non basta un database che proponga accostamenti aromatici (magari dedicati alla profumeria) per trovare la chiave nel pairing. C’è una ricerca di equilibrio che richiede molto tempo e molta accuratezza».



Oscar Quagliarini (ph credit: Gambero Rosso Web)

Se la ristorazione fatica ad andare oltre l’integrazione nel menù, molti cocktail bar hanno iniziato a sperimentare l’accostamento con proposte food…

«Certo, l’abbiamo fatto anche al Grazie, il bar dove lavoro da anni a Parigi. Proponiamo drink in abbinamento alla pizza e sempre con l’utilizzo di due/tre ingredienti. In realtà questa ricerca è legata alla necessità di una maggiore remuneratività, perché il cocktail da solo è un mercato sempre più complesso. Ecco allora l’offerta della cena con accostamenti curiosi, anche se difficilmente uno chef accetta di lavorare solo in un bar».

 

*Intervista pubblicata all’interno della Guida Spirito Autoctono 2022 – editore Touring Club Italiano

Dopo qualche divagazione tra Nietzsche e Wittgenstein, è tornato a Epicuro. E così scrive di vino, sapori e spirits, di viaggi, di teatro e danza. Veneziano, fa base a Praga. Ama il whisky scozzese e le Dolomiti.

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