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TURCHIA, LÌ DOVE TUTTO NASCE

lo stato della mezza luna, tra itinerari da non perdere e spunti alla scoperta dell’architettura, degli usi, dei piatti e dei bicchieri del popolo turco.

La Turchia, porta dell’Oriente, ponte fra Est e Ovest, è stata terra di passaggio e di conquista fin
dall’alba della storia dell’uomo. Il problema, per chi l’affronta per la prima volta, è riuscire a non
perdersi nel mare magno degli spunti e dei consigli. Così, meglio affidarsi a un viaggio organizzato, uno fra i più completi è quello del tour operator Francorosso.
Grande tre volte l’Italia, con un piede in Europa e corpo e cuore in Asia, la Turchia è la culla
dell’umanità. A Göbekli Tepe, per esempio, il sito archeologico nei pressi della città di Şanlıurfa al
confine con la Siria, si può visitare un luogo di culto X millennio a.C. il più antico mai scoperto al
mondo.

A pochi chilometri c’è Karahan Tepe, gemello antecedente a Göbekli Tepe, ai quali ora si
aggiunge il sito di Sayburç, nel sud-est del Paese dove è stato rinvenuto un edificio contenente un
rilievo scolpito su pietra che rappresenta una vera e propria scena narrativa di un momento di vita
quotidiana risalente a ben 11mila anni fa. Inoltre, a ribadire la centralità e la posizione strategica
della Regione, nei secoli da qui sono passati tutti: dai Sumeri agli Assiri, dai Fenici ai Persiani e poi i
Greci, i Romani, gli Arabi. Per non parlare della Via della Seta che nei caravanserragli che
punteggiano ancora oggi il Paese si incontra con la Via delle Spezie. Tutto questo può solo dare
un’idea del melting pot che si ritrova non solo nell’architettura ma anche negli usi, nei piatti e nei
bicchieri del popolo turco.


Göbekli Tepe

Alcol, nonostante tutto

Il 99% degli abitanti della Turchia è di religione musulmana (lo stato è comunque laico) ma, nonostante questo, la cultura del bere alcolico è, per tradizione, molto presente.

La bevanda nazionale turca, per esempio, è il raki, un distillato a base di mais o patate ma anche di uva, fichi o prugne aromatizzato all’anice o alla menta con una gradazione alcolica minima del 40%. Nel 1630, il famoso viaggiatore turco Evliya Çelebi, menziona già i produttori di raki che a quel tempo, solo a Istanbul, erano oltre 100 e davano lavoro a più di 300 persone.

Come accade per l’ouzo greco, del quale sembra essere l’antenato, il raki si beve puro o diluito con acqua e ghiaccio, aggiunte che lo fanno diventare bianco. Ed è proprio questo colore, insieme all’alta gradazione alcolica che rende chi lo consuma “più coraggioso”, che lo ha fatto rinominare “latte di leone”. Il raki accompagna tutto il pasto, in media in Turchia se ne consumano oltre 60milioni di litri l’anno, ma anche gli aperitivi caldi e freddi chiamati meze o le chiacchiere del dopocena.


Il tradizionale raki

Oltre che culla dell’umanità, la Turchia, secondo gli archeo-botanici, è anche la culla della viticultura. Infatti, secondo diversi rilevamenti, la vite fu scoperta nell’Anatolia orientale durante il Neolitico. In particolare, ai piedi dei Camini delle Fate, le suggestive formazioni tufacee della Cappadocia, è il luogo di nascita della vite che qui cresce rigogliosa da oltre 9mila anni.

È qui, dove secondo la leggenda i “cappelli” sulle sommità dei camini furono posati da divinità celesti, che per secoli è stata coltivata la vite con il sistema ad alberello. Diverse le testimonianze che si ritrovano nelle centinaia di chiese cristiano ortodosse costruite in grotte e cavità naturali, come i bassorilievi dipinti del portale della chiesa di San Costantino ed Elena, nel villaggio di Mustafapasha; o gli interni della chiesetta rurale dell’Uva (Üzümlü Kilise), del X secolo, nella valle Rossa. Gli studiosi fanno risalire la stessa parola “vino” dal termine ittita “wiyana”. Oggi la Turchia ha più di 1200 – 1500 varietà di uva fra autoctone e internazionali. Per degustare vini difficilmente reperibili fuori dalla Turchia meglio orientarsi verso i vitigni autoctoni come Bogazkere, Öküzgözü e Narice, dell’Anatolia, o il Sultaniye, dalla regione di Izmir.


Cappadocia

Yogurt e orchidee: il no alcol

Nel 2013 il primo ministro, oggi presidente, Recep Tayyip Erdoğan annunciò, in linea con le leggi introdotte per limitare la vendita di alcolici, che il raki avrebbe dovuto cedere il passo all’ayran, come bevanda nazionale turca. Miscela di yogurt e acqua, l’ayran, condito a volte con sale e menta fresca viene bevuto a tutto pasto anche se il suo abbinamento d’elezione sono i piatti di kebab. Si dice che il maglior ayran sia quello di Susurluk, nella provincia di Balikesir, dove all’inizio di settembre si tiene un festival dedicato.

Zucchero, polvere di sahlep (radici in polvere essiccati dell’orchidea di montagna Orchis Anatolica) e latte sono le componenti di una bevanda calda che viene bevuta prevalentemente in inverno. Nella città di Kahramanmaras (nella regione anatolica sud-orientale) il sahlep realizzato con latte di capra, è alla base del gelato Maraş. Grazie alla polvere dei bulbi d’orchidea questo gelato raggiunge una consistenza gelatinosa che permette al gelataio di servirlo dopo aver eseguito un vero e proprio spettacolo con acrobazie e giochi di prestigio.


L’interno del ristorante Naya

Cocktail fioriti

Per il turista che voglia andare oltre la tradizione consigliamo Naya, ad Ankara. Con una terrazza che spazia a 360 gradi sulla capitale, Naya ha un’impronta da fine dining che si ritrova nella struttura del menu. Qui vengono infatti proposti pairing d’eccezione fra piatti dal gusto europeo e cocktail a base di fiori, frutti e spezie. Per esempio, i fiori blu della Blu Butterfly vengono lasciati in infusione nel gin e poi miscelati con vodka e bitter alla lavanda per un cocktail dall’intenso color indaco. Con le ciliegie sciroppate (la Turchia è il primo produttore al mondo), l’uva, la crème de Cassis e il gin si compone il cocktail Lumen mentre grazie a un mix di spezie infuse nel whisky si ottiene Spicy Botanica, un drink che unisce Oriente e Occidente.


I siciliani si dividono fra siciliani di terra e siciliani di mare. Quelli di terra rimangono nell’Isola, quelli di mare viaggiano in giro per il mondo ma tornano sempre a casa. Io sono una siciliana di mare e le passioni conducono la mia vita. Ho fatto dell’amore per la scrittura la mia professione e per questo sono diventata giornalista. Racconto storie di vita, di territori, di viaggi e cibi attraverso la lente delle mie esperienze e del mio sentire. Esploro il territorio insieme alle persone che mi raccontano le loro emozioni e il loro saper fare, un sapere millenario frutto dell’unione di tradizioni e di tecnologie moderne.

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