IBA, ROMA CAPITALE DEL BARTENDING MONDIALE

Italian Cocktail Championship AIBES e le finali del World Cocktail Championship IBA (in Italia dopo 30 anni) invadono la città eterna

Torna in Italia dopo oltre trent’anni il World Cocktail Championship firmato International Bartenders Association (IBA) ovvero “l’associazione delle associazioni” dei bartenders di tutto il mondo: 67 rappresentanze nazionali e altre quattro in arrivo. L’appuntamento è a Roma, al Marriott Park Hotel, dal 29 novembre al primo dicembre anticipato, nella stessa sede, dall’Italian Cocktail Championship, ovvero il concorso nazionale organizzato dall’Associazione Italiana Barmen e Sostenitori (AIBES), la storica e prestigiosa associazione che, dal 1949, forma e riunisce i professionisti italiani dello shaker.

Una coppia d’eccezione perché, se da un lato il concorso nazionale AIBES ha cadenza annuale ed è preceduto dalle diverse selezioni regionali dalle quali escono i candidati per le finali italiane, il mondiale è itinerante e il procedimento di assegnazione richiede alcuni passaggi preliminari. «Innanzitutto si deve presentare la propria candidatura in anticipo – spiega Angelo Donnaloia, presidente nazionale AIBES – motivarla al meglio, garantendo tutti i parametri necessari per sperare di ottenere il consenso della maggioranza del consiglio IBA formato dai presidenti delle diverse associazioni nazionali. Come AIBES abbiamo formalmente avanzato la nostra candidatura lo scorso anno, ma i lavori preparatori sono ovviamente iniziati prima. Siamo davvero onorati di essere stati scelti dal consiglio dell’IBA e siamo certi che il World Cocktail Championship 2023 a Roma resterà un’esperienza memorabile».


IBA, ROMA CAPITALE DEL BARTENDING MONDIALE
Angelo Donnaloia, presidente nazionale AIBES

Anche perché, quest’anno, oltre alle dimostrazioni di classe e di tecnica e alle gare che alla fine delle giornate romane decreteranno i due campioni mondiali, rispettivamente nella categoria Classica e in quella Flair, ovvero la gara dove alla tecnica si uniscono i movimenti acrobatici e la presenza scenica, il Marriott Park Hotel ospiterà l’IBA Bar Show, uno showcase aperto al pubblico (a pagamento) dove diverse aziende del settore daranno vita a un grande bar animato da bartender che prepareranno cocktail e long drink.

Soddisfazione per la scelta italiana arriva anche da Giorgio Fadda, presidente IBA: «Nel mio ruolo sono super partes, ma certamente da italiano non posso non essere contento della scelta fatta dal consiglio. Nel 2024, al prossimo World Cocktail Championship che si terrà a Madera finirà il mio mandato ma sento di poter essere ottimista per quanto riguarda il futuro della nostra professione. Sempre più giovani si avvicinano al mestiere di bartender, in questi ultimi anni ho visto un vero e proprio ricambio generazionale nei Paesi di più lunga tradizione e una crescita esponenziale di professionalità in aree del mondo, penso ad esempio all’America Latina, dove un tempo eravamo poco presenti. A Roma arriveranno un’ottantina di concorrenti da tutti i continenti, sarà sicuramente un evento da non perdere. Un’occasione per vedere all’opera alcuni dei migliori talenti in circolazione e un’occasione d’oro per i giovani, professionisti o semplici appassionati, di imparare e di innamorarsi di una professione che resta una delle più affascinanti nel mondo dell’hospitality».


IBA, ROMA CAPITALE DEL BARTENDING MONDIALE
Giorgio Fadda, presidente IBA

LA PRESENZA ITALIANA NELLA LISTA IBA

Gli eventi romani hanno fornito lo spunto per tracciare una panoramica sullo stato degli spirits italiani dalla loro presenza all’interno dei drink inseriti nella lista IBA alle opportunità di promozione a livello internazionale. Questo il parere del presidente IBA, Giorgio Fadda.

Perché nella lista IBA ancora c’è poca presenza di Spirits Italiani (anche nei drink nati in Italia)?

«Su 100 ricette ne abbiamo 35 con più di un prodotto italiano. Se per spirits si intendono i distillati, in Italia oltre alla grappa ci sono i gin, con referenze che solo nel Belpaese sono oltre 800. È difficile far emergere un brand o un’etichetta particolare. Noi abbiamo inserito tre anni fa un cocktail con la grappa, che sta avendo un grande successo. Ma il discorso è questo: la logica per entrare a far parte dei drink IBA è quella dei cocktail che stanno avendo maggiore successo in determinati continenti. Al di là dei Negroni, dei Martini o degli Spritz e – forse – del Garibaldi, quale altro drink italiano sta avendo successo, almeno in Europa? Nessuno. L’unico è il Vento, che abbiamo spinto noi inizialmente nei Paesi del Nord Europa e adesso grazie alla lista IBA è conosciuto in almeno 10 Paesi del mondo. Ecco, questo è quello che facciamo».

Cosa si deve fare, secondo loro,  per far crescere la conoscenza e l’utilizzo degli spirits italiani?

«In Italia abbiamo la più grande varietà di prodotti alcolici: vini, vini aromatizzati, vini liquorosi. Una gamma enorme di liquori, realtà regionali che sono sconosciute anche a noi stessi italiani. Ogni regione ha la sua gamma di amari, liquori, cordiali. Di prodotti che comunque rimangono locali. Quelli che riescono a emergere lo fanno grazie all’abilità di chi li ha creati. Veda l’Italicus, che è molto più conosciuto all’estero rispetto all’Italia grazie a una bella campagna di marketing messa in atto dai produttori. Come associazione, quello che possiamo fare è creare dei concorsi, legati magari all’utilizzo di un determinato prodotto. Ma non è il nostro obiettivo principale. Il nostro obiettivo è promuovere la conoscenza, il bere bene, ma non spingere in particolare un brand piuttosto che un altro, a meno che non sia dimostrata la sua alta qualità. Ma quello che possono fare le singole aziende è quello di promuoversi attraverso concorsi online, fare delle masterclass, far conoscere il prodotto. Ma soprattutto, la cosa più importante, distribuirlo. Non possiamo inserire in lista dei prodotti che non possono essere reperibili all’estero. Siamo un’associazione mondiale, che interessa 68 Paesi del mondo. Devono necessariamente essere prodotti venduti e distribuiti in tutto il mondo, in modo che quel cocktail sia replicabile. Mi creda, oggi non basta creare un buon prodotto, quello che conta sono il marketing e la distribuzione».

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