Il nuovo amaro delle distillerie Poli unisce lo studio secolare delle botaniche, i ricettari della tradizione e un profilo aromatico fresco e moderno. Perché niente come la natura sa reinventarsi e sorprendere
Proprio davanti alla stazione di Vicenza, su un piedistallo di marmo che dovrebbe ricordare la prua di una caravella, la statua di bronzo di Antonio Pigafetta scruta a nord est, proprio verso Schiavon.
Ora, sostenere che il monumento al navigatore vicentino sopravvissuto alla prima circumnavigazione terrestre della spedizione di Ferdinando Magellano effettivamente sia rivolto verso le Distillerie Poli forse è un po’ troppo immaginifico.
Eppure, a ben guardare, esiste un nesso, un filo verde che unisce la tradizione liquoristica e distillatoria italiana all’eterna sete di conoscenza dell’uomo, alla sua infinita passione per la natura e i suoi prodotti, da ciò che cresce sulla soglia di casa a quel che si può trovare dall’altra parte del mondo.
HERBALIS, IL LUNGO VIAGGIO DELLE SPEZIE E DELLE ERBE
L’occasione per riflettere e fantasticare sul viaggio affascinante delle spezie e delle erbe, sui loro poteri curativi e sul loro ruolo cruciale nell’epoca delle esplorazioni geografiche, è stata la presentazione a Milano, alla Cascina Cuccagna, dell’ultimo arrivato nel ricchissimo portafoglio di prodotti di Poli Distillerie, ovvero “Herbalis”. Un nuovo amaro, che è anche l’apripista di Accademia Botanica, un progetto teso “alla diffusione di una maggiore consapevolezza delle proprietà erboristiche nella preparazione dei liquori”.
È lo stesso Jacopo Poli a illustrare di cosa si tratta, partendo da Marco Polo e Magellano appunto, simboli dell’epoca in cui «le spezie spingevano le popolazioni a muoversi quanto la religione”. «L’idea – spiega – è recuperare una conoscenza diffusa delle piante e delle spezie, per le quali interi imperi solcavano gli oceani».
POLI DISTILLERIE, 125 ANNI DI FAMIGLIA E INNOVAZIONE
di Giambattista Marchetto
DA MEDICAMENTI A LIQUORI
Dal XVI secolo, però, il discorso arriva presto alla generazione dei nostri nonni, a quel Gio Batta Poli che a fine Ottocento fondò la distilleria e ha lasciato erbari e taccuini fittamente dettagliati, che ancora oggi costituiscono le “sacre tavole” della produzione liquoristica a Schiavon.
«Da millenni utilizziamo le erbe per cibarci e curarci – continua Poli –, sia per decozione sia per infusione, sia in acqua sia in alcol». Ed è qui che il discorso si fa per noi ancor più interessante.
«Per alcuni principi attivi, l’alcol è un solvente migliore dell’acqua. E l’arrivo sul mercato dello zucchero rese queste pozioni amare finalmente piacevoli», continua Jacopo. Erano nati i liquori alle erbe officinali, gli amari che la tradizione italiana ha elevato a prodotti di eccellenza, tanto da diventare una categoria rinomata a livello internazionale, soprattutto negli States.
Da qui dunque, si parte per la seconda parte del viaggio, quella tra le 15 botaniche che compongono “Herbalis”.
UN AMARO NON CONVENZIONALE
Un amaro nel portafoglio di Poli già c’era, il “Vaca mora”. Possente, molto centrato sulle spezie, è un amaro come una volta, espressione della tradizione, che affonda le radici nell’osteria “Al Cappello” che Gio Batta aprì nel 1898 a Schiavon. Ma le nuove generazioni cercano anche altro e così, in collaborazione con Meregalli Spirits che distribuisce tutti i prodotti Poli, si è cercato di produrre un amaro differente, più fresco e versatile, più incentrato sulle erbe.
«L’elaborazione della ricetta – spiegano i ragazzi che in distilleria hanno fatto nascere Herbalis – è durata tre anni». D’altronde scegliere le singole botaniche non è semplice, non tutte reagiscono nello stesso modo, e le dosi – gelosamente e segretamente custodite da Roberto – vanno calibrate con cura. Il risultato è un amaro che si sviluppa secondo 5 direttrici di gusto: amaricante, agrumato, agreste/mentolato, dolce/anisato e balsamico/resinoso.
IL POTERE DELLE BOTANICHE
Condotti per mano da Marco Martino, erborista bassanese che collabora con Poli, è stato interessante scoprire i piccoli segreti di ciascuna delle 15 botaniche utilizzate, che vanno dalle arance amare a quelle dolci e al limone, dall’assenzio al finocchio, dal carciofo all’arbotano, dalla salvia al rosmarino, dal ginepro alla liquirizia, dalla menta all’origano, dal cardamomo al coriandolo.
L’assenzio, già citato nella Bibbia, è alla base della liquoristica europea e già dalla bocca stimola i processi digestivi; il rosmarino, utilizzato per i riti funebri nell’antichità, stimola la funzione epatica ed è anti-ossidante; e ancora la liquirizia che lenisce le mucose infiammate, gli olii essenziali dell’origano che riequilibrano la flora batterica… Una lezione affascinante, che spiega alla perfezione la ragione per cui in Italia sono nati gli amari: per rendere piacevoli ed edonisticamente fruibili le piante con cui ci si curava.
LA PRODUZIONE
Interessante è anche la fase produttiva alla base di “Herbalis”. Si inizia con il mescolare le botaniche manualmente, strofinandole e “attivando” le note balsamiche della menta. Poi le botaniche vengono lasciate in una soluzione di acqua e alcol a 45%, in sacchetti mossi e pigiati come in una immensa tisana. Questo processo di infusione dura dai 30 ai 45 giorni, in base alla stagione.
Terminata questa fase, si passa alla pressatura, in precedenza effettuata con un torchio manuale, ora con uno pneumatico. Questa “tintura” risultante viene mescolata con brandy invecchiato almeno tre anni, viene ridotta di grado a 32% e poi lasciata riposare in tank di acciaio per due o tre mesi. Infine, viene filtrata e lasciata a riposare un ulteriore mese prima di essere commercializzata. In tutto, un processo di circa sei mesi. Non esattamente ready made.
DALLA MISCELAZIONE ALLA BEVUTA IN PUREZZA
Ma il risultato? Non sappiamo se è davvero “un orto botanico mediterraneo racchiuso in un bicchiere”, come da concept iniziale. Fatto sta che “Herbalis” è senz’altro un amaro agile, freschissimo, progettato con intelligenza. Funziona benissimo in miscelazione – abbiamo provato un ottimo Gimlet e un convincente Americano –, ma ovviamente regala il meglio di sé liscio o con un cubetto di ghiaccio.
Il naso è balsamico, l’arancia è la nota più distinta, ma con il passare dei minuti è la freschezza a colpire, con un cardamomo esuberante. Il sorso è più mentolato, dolce senza mai essere stucchevole (la quantità di zucchero non è rivelata, ma non si discosta molto dai 180 grammi per litro).
L’apporto del brandy è quel che rende il palato più vellutato del previsto. Le note più amaricanti, come il carciofo e l’abrotano, arrivano sul finale, lungo e pulito, in cui ancora il cardamomo regala un guizzo di piccantezza. Che non sappiamo sarebbe piaciuta a Pigafetta e Magellano, ma che a noi garba parecchio.