L’inchiesta di Spirito Autoctono tra istituzioni e produttori del comparto. Il nome del nuovo ministero, affidato a Francesco Lollobrigida, passa l’esame perché viene interpretato come un segnale di tutela delle eccellenze italiane
Con la nomina di Giorgia Meloni a premier, sono due le novità fondamentali che si presentano a livello governativo in questa XIX legislatura. La prima è senz’altro l’ascesa di una donna, per la prima volta nella storia della Repubblica, alla presidenza del consiglio dei ministri. La seconda è il cambiamento del nome del ministero delle Politiche agricole, l’ormai “antico” Mipaaf, in ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare. Una svolta che ha già fatto discutere, per l’uso del termine “sovranità”, con prese di posizione differenti e in qualche caso inaspettate, come quella di Slow Food – realtà non proprio vicina alle posizioni di Fratelli d’Italia e della coalizione di governo – che per voce del suo fondatore Carlo Petrini ha affermato: «Quello della sovranità alimentare è un concetto fondamentale per ogni comunità nazionale, regionale o locale. Un concetto su cui scommettono tutti i movimenti agricoli del mondo. Un ministero così avrebbe dovuto farlo un governo di sinistra». C’è poi l’endorsement di Coldiretti, espresso dal suo presidente Ettore Prandini: «Apprezziamo la scelta di accogliere la nostra proposta di cambiare il nome del dicastero che significa nei fatti un impegno per investire nella crescita del settore, estendere le competenze all’intera filiera agroalimentare, ridurre la dipendenza dall’estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità».
E le prime reazioni dal mondo degli spirits sembrerebbero altrettanto favorevoli. Si può quindi affermare che il nuovo ministero affidato a Francesco Lollobrigida nasca sotto una buona stella, almeno nelle intenzioni.
Federvini chiede la tutela delle produzioni nazionali
Il comparto vitivinicolo, delle bevande spiritose e degli aceti è fiore all’occhiello di un panorama di eccellenze enogastronomiche da preservare e sostenere
«Siamo pronti a supportare e collaborare con il ministro Lollobrigida a difesa del made in Italy per raggiungere una maggiore sostenibilità economica, ambientale e sociale all’interno delle nostre aziende e come sistema Paese», afferma Micaela Pallini.
La presidente di Federvini punta l’accento sulla difesa delle produzioni nazionali, ricordando i recenti casi del Prosek e dell’attacco sloveno all’Aceto Balsamico di Modena, come aspetto cruciale per il dicastero. L’Italia è il Paese che in Unione europea vanta il maggior numero di indicazioni geografiche (878 totali di cui 526 vino e 34 bevande spiritose).
«Il comparto vitivinicolo, delle bevande spiritose e degli aceti è fiore all’occhiello di un panorama di eccellenze enogastronomiche da preservare e sostenere. Il nuovo ministro Lollobrigida dovrà pertanto portare avanti tutte le battaglie del governo a tutela delle produzioni nazionali. Ad oggi, è urgente portare a termine la richiesta di procedura di opposizione contro la norma slovena sugli aceti notificata alla Commissione Europea per scongiurare ulteriori attacchi pericolosi per tutto il sistema delle Indicazioni Geografiche».
Pallini si attende dei provvedimenti quasi immediati per l’aspetto dei rincari energetici, così come una difesa del modello di consumo equilibrato e virtuoso di alcolici rappresentato dall’Italia, che deve essere difeso e promosso in contrapposizione a stili di consumo scorretti, lottando contro la tentazione del proibizionismo che in Europa sta facendo presa.
«Un altro capitolo che dovrà essere prioritario nell’agenda di governo è la difesa di strumenti nati per supportare la competitività delle filiere agroalimentari nel mercato interno e nei mercati internazionali, primo fra tutti quello della promozione su cui già sappiamo essere diversi i tentativi da parte di Dg Sante di eliminare dai prodotti ammissibili le bevande alcoliche» .
La numero uno di Federvini conclude così: «Auspichiamo che il ministero possa supportare il settore attraverso una serie di azioni a tutela delle filiere, avendo cura di ascoltare le necessità dei produttori per fornire risposte concrete e innovative, sia a livello nazionale che internazionale, sui temi più rilevanti, come la questione del Nutriscore, la promozione della Dieta Mediterranea, il consumo responsabile e moderato di bevande alcoliche, l’elaborazione di policy volte ai più elevati standard di sicurezza dei prodotti e della loro qualità, riconosciutaci in tutto il mondo».
Grappa del Trentino: “Serve tutela”
Se il nuovo ministero nasce per proteggere e valorizzare i nostri prodotti, con la conseguente creazione di valore aggiunto, siamo totalmente allineati
Plaude il mondo della grappa, in particolare l’Istituto Tutela della Grappa del Trentino che da oltre 50 anni è impegnato nella valorizzazione, tutela e promozione della qualità della grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte e distillate in Trentino, le cui produzioni sono caratterizzate dal marchio del Tridente.
«Non possiamo che essere d’accordo – afferma il vice presidente dell’Istituto, Alessandro Marzadro, esponente dell’omonima distilleria di Nogaredo – perché la grappa ha bisogno di essere tutelata. La nostra ha ottenuto l’indicazione geografica territoriale, ed è già un buon risultato, ma i produttori a oggi non possono costituire un consorzio riconosciuto, pur trattandosi di un’eccellenza italiana. Se il nuovo ministero nasce per proteggere e valorizzare i nostri prodotti, con la conseguente creazione di valore aggiunto, siamo totalmente allineati. Perché è esattamente quel che facciamo ogni giorno come produttori di grappa in generale e ancor più come produttori di grappa trentina».
Abbiamo difeso un’identità, perché c’erano mercati che in nome di una presunta “democrazia” volevano fare il Vermouth senza utilizzare l’artemisia
A Roberto Bava, presidente del Consorzio di Tutela del Vermouth di Torino, la scelta del termine “sovranità alimentare” solleva qualche perplessità. «Ma è una questione di parole… Preferisco interpretare questo neologismo come la volontà di difendere l’identità dei nostri prodotti, che poi è quel che, in Italia, i consorzi di tutela hanno sempre fatto. Quello del Vermouth di Torino è un consorzio giovane, nato per tutelare un prodotto che ha secoli di storia alle spalle e che è fortemente legato al Piemonte e alla città di Torino. In soli due anni siamo passati dalla nascita dell’Istituto del Vermouth di Torino, all’approvazione del Decreto Ministeriale che ne ha riconosciuto l’indicazione geografica, fino al riconoscimento del Consorzio di tutela. E ci siamo trovati fin da subito a dover difendere il fatto che siamo una denominazione, e che non si possa usare il nome di Torino per ‘appiccicarlo’ a prodotti simili che arrivano da altre zone. Abbiamo difeso un’identità, perché c’erano mercati che in nome di una presunta ‘democrazia’ volevano fare il Vermouth senza utilizzare l’artemisia. E lo abbiamo fatto per proteggere la qualità del prodotto e per tutelare il consumatore».
Di conseguenza, per Bava (che presiede un consorzio al quale hanno aderito 27 aziende storiche del Piemonte), ben venga la sovranità o meglio l’identità delle produzioni agroalimentari italiane. «Si tratta di un asset fondamentale per la nostra economia. Ora confidiamo nella continuità e nella stabilità di governo, perché noi siamo tecnici e non politici». (AG)