Velier, l’estate del rum

Il legame ancestrale e apparentemente inspiegabile fra l’estate e il rum, spiegato dall’azienda genovese, tra nuovi progetti e rivoluzione del bicchiere

Uno dei più grandi enigmi del mondo degli spirits è il legame ancestrale e apparentemente inspiegabile fra l’estate e il rum.
Oddio, se stessimo parlando di rum da mixology, non farebbe una grinza: con il caldo, i vari Daiquiri, Ti’Punch e Caipirinha sono un must. Ma quando si parla di rum a grado pieno, di invecchiamenti importanti e di gradazioni tutt’altro che pediatriche, beh, è un po’ più complicato abbinarli a pomeriggi assolati e serate dall’afa asfissiante. Ma tant’è, con l’arrivo dell’estate le nuove releases spuntano come angurie. E noi siamo pronti a raccoglierle, ovviamente.


Velier
Il cofanetto tasting kit propone 8 variazioni di rum Hampen – credits Velier

Se si parla di rum, è impossibile non pensare a Velier, l’azienda di distribuzione leader nel settore, regno indipendente di Luca Gargano. Che oltre ad essere collezionista e selezionatore, è anche un vero e proprio “talent scout” di distillerie e piccoli marchi, nonché creatore – o ricreatore – di brand storici.
Abbiamo assaggiato in anteprima alcune delle novità dell’offerta Velier, ecco qualche piccola anticipazione.

ALLE RADICI (TROPICALI) DEL BLENDED RUM: PAPALIN

L’arte del blending, ovvero di creare rum miscelando distillati di distillerie diverse, nel corso della storia è purtroppo diventata appannaggio dei grandi merchants europei. I quali importavano barili nei magazzini di Liverpool, Rotterdam o Anversa e qui – dopo una maturazione detta “continentale” – procedevano al blending. Il progetto Papalin nasce nel 2012 per invertire questa tendenza, utilizzando per i blended soltanto rum invecchiati interamente ai Tropici, nelle rispettive distillerie. La prima release di Papalin era stata realizzata con rum giamaicani, a cui sono seguite Haiti e Reunion.

Papalin Haiti 4 yo (53.1%)

È un blend di 5 distillerie diverse: Clairin dei quattro produttori nel portafoglio Velier (Sajous, Vaval, Casimir e Le Rocher) e “first drop” proveniente dalla Distillerie de Port-au-Prince. 32 botti ex cognac, ex bourbon, ex Caroni ed ex whisky. Il risultato è un rum pungente e balsamico, che unisce note di incenso a una base di cedro e banana e che in bocca vibra di una bellissima acidità. Ben equilibrato, con una crescente frutta esotica candita e una piccantezza da cardamomo.


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Luca Gargano, patron di Velier – credits Velier

Papalin Haiti 6 yo (54.1%)

È invece un blended dei tre Clairin storici (Sajous, Vaval e Casimir), invecchiato in 7 botti ex sherry Lustau in rovere americano. Panorama completamente diverso, grazie alle botti di sherry che regalano note di frutti rossi, datteri, fava di cacao e sciroppo d’acero. Screziature sporchine e una certa astringenza, lo rendono un rum complesso, intrigante, dal palato ricco e pastoso e dal finale tutto sui toni del cacao e del caffè.

Papalin Rèunion 10 yo (50%)

ci fa volare invece nell’isola francese nell’oceano Indiano. È un blend di 4 rum locali delle distillerie Isautier e Savannah: tre tradizionali di melassa invecchiati rispettivamente 10 anni, 12 e 15 anni e un “Grand Arome” ad alti esteri, caratterizzato da lunghe fermentazioni e dal riutilizzo delle vinasse (gli scarti dealcolati della distillazione). Qui il naso è un trionfo di frutta, dalla pesca al mango, con un’eccellente aura di burro d’arachidi e fiori d’arancio. Clamorosamente beverino, al palato vira al pompelmo rosa, alla liquirizia, con un bel gioco di dolce/amaro e sensazioni minerali di grafite. Impossibile da definire, forse il più invitante al sorso e al contempo uno dei meno “puliti”.


papa rouyo velier rum
Papa Ruoyo

HABITATION, LA “CASA” DEL POT STILL

Habitation è invece la storica linea dalla caratteristica bottiglia “farmaceutica” che Velier dedica al sogno di Luca Gargano: imbottigliare almeno un rum prodotto in tutti gli alambicchi discontinui pot still dei Caraibi. Impresa titanica, ma siamo a buon punto… Due le nuove aggiunte alla serie.

Habitation Papa Rouyo 2022 (56.7%)

È un rum invecchiato solo un anno proveniente dall’omonima nuova distilleria di Guadalupa. Un co-bottling ottenuto dalla distillazione di canna Matos e invecchiato in botti ex cognac e virgin oak con una quantità considerevole di esteri (430 gr). Erbaceo e ancora inevitabilmente giovane, è acuminato e incentrato sulle note di distillazione, dal fermentato al lime alle pere Williams. Il sorso è ruvido, oleoso, con una dimensione profondamente vegetale e quasi amarognola. Esperienziale, più che godibile.


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Papa Ruoyo, la distilleria di Guadalupa – credits Velier

Habitation Renegade 2020 (55%)

Ci porta invece a Grenada, isola tra le meno turistiche dei Caraibi, dove una nuova distilleria produce rum con lieviti selezionati dall’industria del vino utilizzando fermentazioni in tini scolmi che conferiscono una grande freschezza al distillato. Botti: american oak e virgin French oak. 466 grammi di esteri. Il naso è unico, qualcosa di mai sperimentato, che parte da una nota distinta di Worchestersauce e acciughe, tartufo e funghi porcini. Sapido e scioccante, col tempo si avvicina ai sentori del Bloody Mary. Al palato è pieno e avvolgente, con una piacevole nota di liquirizia alla violetta, prugne secche ed uva sultanina. Alcol perfettamente integrato, finale ancora sulla liquirizia, ma più dolce.



L’ULTIMA PAROLA DI MOUNT GAY: LAST WARD

La famiglia Ward è stata l’anima della distilleria Mount Gay di Barbados. Quando Frank vendette a Remy Cointreau, mantenne la proprietà di uno stock di botti di rum prodotti dai 4 alambicchi di casa. In questo caso, un blend di 13 barili di rum sottoposto a una sorta di tripla distillazione e invecchiato ai Tropici in barili ex bourbon.

Last Ward 2007 (60%)

È quindi un pure single rum di 16 anni, che fin dal naso risulta super fruttato, con un eccezionale amalgama di pesca e albicocca. Col tempo si fa più aromatico, con un tocco vegetale di sedano e frutta tropicale. In bocca il legno si fa sentire, il sorso è più asciutto, con mandorla, liquore Ancho Reyes al peperoncino e pesche alla vaniglia. Eccellente e lungo il finale, di nuovo su pesca e cioccolato. Incredibile come l’alcol non sia neppure riscontrabile.


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Habitation Velier, Jamaica Pure Single Rum – credits Velier

EL AMPARO, GIOIELLO SNASCOSTO ALLA FINE DEL MONDO

Storia incredibile, quella di Amparo. Tutto inizia quando Pedro, il badante del padre di Luca Gargano, timidamente fa notare che anche nel suo Ecuador natio ci sono produttori di rum. Angelo Canessa, che in Velier è bartender, ambassador, cuoco e tanto altro, parte per la fine del mondo e trova una curiosa distilleria di carburante che tra le altre cose distilla anche succo puro fermentato di una varietà di canna tipica nella zona di Jipijapa, detta cubana negra. L’alambicco pot still di rame è da 500 litri ed è sormontato da una curiosa struttura a ipsilon. Il taglio della canna è manuale.

El Amparo pure single rum (60%)

È un pure single rum non invecchiato, dall’olfatto estremamente caratteristico, con note di peperone verde, succo di pomodoro e semi di senape che si confondono con la dolcezza vegetale del succo. Piacevolissimo e umami al palato, nonostante sia un distillato bianco mostra una complessità inconsueta, con toni terrosi e una dolcezza non comune che dura a lungo dopo il sorso.

UN BICCHIERE PER TUTTI, TUTTI PER UN BICCHIERE

Chiudiamo con il progetto “Sipping 2.5”, ovvero la parola definitiva su come e quanto distillato si dovrebbe servire a fine pasto al ristorante. “Molti dei ristoratori con cui collaboriamo – spiega Canessa – ci hanno chiesto negli anni consigli sul servizio dei distillati: qual è il giusto bicchiere, quanta la dose ideale…”. La risposta sta qui, ovvero in una selezione esclusiva di distillati pensata per i ristoratori, così da riportare il distillato ad avere il suo giusto posto all’interno del pasto.
E soprattutto in un bicchiere, ideato da Luca Gargano e Gregory Vernant, proprietario della distilleria Neisson, e realizzato da Riedel: un calice ideato per la dose di 2,5 cl, perfetta per godersi distillati importanti.

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

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