Da Spirito Autoctono Magazine #2, la case history di Gin Mare, il gin premium che ha trasformato le emozioni in luoghi in cui vivere esperienze
“Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano” (Paulo Coelho)
Ma che bella cosa sono le citazioni. Certamente il più delle volte distorte, abusate, quasi sempre affibbiate a inconsapevoli personaggi del passato o del presente, che si ritrovano saggi filosofi, in un attimo, a loro insaputa.
In questo caso specifico però, la frase scelta, anzi, la citazione, ha proprio un senso compiuto, calza a pennello. E poco ci importa che appartenga allo scrittore e poeta brasiliano – si, è sua – o a Spiderman. Quello che conta è il messaggio tra le righe, ovvero nessun mezzo di comunicazione può essere più intenso e fertile dello sguardo umano, quello che ti fa vivere tutte le sfumature emozionali di ciò che il mero messaggio, per quanto clamoroso, non può trasferire.
Questo è quello che deve aver pensato la proprietà di Gin Mare (Brown-Forman), quando ha deciso di investire non nel messaggio pubblicitario fine a sé stesso, ma nello sguardo e nelle emozioni, da restituire sotto forma di luoghi in cui vivere un’esperienza immersiva circondati dai profumi, dai colori e dai sapori della macchia mediterranea.
“Siamo riusciti a distillare e imbottigliare il mediterraneo, per poi esportarlo nel mondo”, questo da tempo il claim di Gin Mare, quello che probabilmente è il gin premium più diffuso e apprezzato tra gli appassionati del distillato di ginepro. Sicuramente il più democratico: piace ai giovani come ai diversamente giovani, indistintamente.
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