Giacomo Giannotti: il suo Paradiso nel paradiso della World’s 50 Best

Intervista al bartender toscano che ha conquistato la vetta della W50BB con lo speakeasy nel quartiere El Born di Barcellona. Nuovi progetti: un Paradiso Lab per la sperimentazione.

Un italiano a Barcellona porta il suo bar nell’olimpo mondiale. Se infatti nel 2021 si era piazzato sul terzo gradino del podio, il 2022 ha visto la consacrazione di Paradiso – il locale di Giacomo Giannotti – miglior bar del mondo. Alla premiazione dei The World’s 50 Best Bars (trasferita quest’anno da Londra a Barcellona) al primo posto si è piazzato infatti lo speakeasy che il bartender toscano ha aperto nella capitale catalana, nel cuore del caratteristico quartiere El Born, scenografia per altri due bar nella top 10 – Sips guidato da Simone Caporale al 3° e il Two Schmucks al 7-.

Quello di Paradiso è un progetto che fonde professionalità e leggerezza, creatività e precisione. E il podio assoluto è arrivato proprio per questa crescita.

«La scalata al primo posto è un punto di arrivo di eccezionale valore per tutto il team» commenta Giacomo Giannotti. «È una grandissima emozione, ancora difficile da credere – dice Giannotti -. Penso all’enorme lavoro fatto in questi anni, perché abbiamo iniziato in 3 e ora Paradiso può contare su un grande team di 40 persone. Siamo una grande famiglia e sono davvero grato di tutto».

Il bartender gioca su allegria e accoglienza. E in questa intervista a Spirito Autoctono rivela la naturale affezione per gli spiriti italiani.



Giacomo, secondo il tuo punto di vista il bartender sta uscendo dall’ombra per diventare sempre più centrale?
«Dipende rispetto a quando, perché negli ultimi anni la figura del bartender è molto riconosciuta».

Qual è il segreto del (tuo e non solo) successo da bartender?
«Prima di tutto avere sempre voglia di mettersi in gioco, non perdere mai la passione e la curiosità. Un bartender deve amare quello che fa. In quel caso lo farà in maniera impeccabile».

Se dovessi scegliere tre parole per sintetizzare il tuo stile e la tua visione dietro il bancone?
«Passione, creatività, allegria, accoglienza. Non saprei togliere una delle quattro».



Quanto conta la creatività e quanto… l’esagerazione?
«Da Paradiso la creatività è un pilastro fondamentale. E se c’è creatività non c’è bisogno di esagerare».

Quanta parte ha nel vostro lavoro il rapporto con il cliente – la personalizzazione e la sensibilità?
«Nel mondo dell’hospitality il cliente è al centro. Da Paradiso cerchiamo sempre di far sentire il cliente come fosse a casa sua».

Tu hai più di un signature (non saresti il primo al mondo…), ma qual è il signature a cui sei più legato? Quale ha una storia che non dimentichi mai nel prepararlo?
«Come signature cocktail sicuramente il Mediterranean Treasure. L’ho creato nel 2014 per la World Class Competition, dove ho vinto, ed è ancora è nel menu di Paradiso. È un cocktail ispirato alla mia città e alle mie origini, dai sapori mediterranei, di casa. É sicuramente il cocktail a cui sono più legato e quello che mi ha portato più fortuna, perchè è stata proprio dopo quella World Class che ho aperto Paradiso. Forse tutto il percorso è proprio nato dal Mediterranean Treasure».



Mediterranean Treasure

Qual è il tuo rapporto con gli spirits italiani? Che ne pensi? Li vivi e li utilizzi?
«Con gli spirits italiani ho un bellissimo rapporto da sempre. Ho sempre usato amari o aperitivi italiani nei miei cocktail e, soprattutto negli anni passati qui in Spagna, mi è sempre stato detto che senza un amaro o uno spirits italiano un cocktail non era un mio cocktail. Sono molto legato ai sapori e agli spirits, fa parte della nostra cultura e del nostro repertorio a Paradiso».

Qual è l’immagine degli spiriti italiani fuori dall’Italia? Se la giocano bene?
«Il mondo degli spirits, che in Italia unisce tradizione, innovazione e saper fare, se la gioca molto bene. È un settore sempre più rilevante».

Cosa serve – secondo te – per vincere sul fronte prodotti?
«Innanzitutto un prodotto deve essere di qualità, in modo da poter offrire al cliente il meglio. Da Paradiso facciamo tanta ricerca sui prodotti in modo da avere sempre una prima scelta».



Hai qualche referenza/brand che non manca mai nella tua bottigliera?
«Parlerei piuttosto di una categoria di Spitits. Non mancano mai Mezcal, distillati di Agave, aperitivi e amari».

Perché – nonostante tu sia già impegnato su più fronti – accogli nuove proposte e nuovi progetti? Cosa ti attrae nei nuovi progetti?
«Non si smette mai di imparare. Il mondo ci offre milioni di opportunità, faremmo male a non coglierle».

Qual è la città più “mixology-oriented” in Italia secondo te?
«Sicuramente Milano è la città con più esperienza nel mondo mixology, è quella più internazionale. Anche Roma e Firenze però stanno cavalcando l’onda».



E in Europa?
«Londra senza dubbio è ancora la capitale europea della cocktaileria. Barcellona però, negli ultimi anni, ha dimostrato sicuramente di essere pronta a mettersi in gioco e a portare cambiamenti».

Hai nuovi progetti in cantiere?
«Li abbiamo già avviati… Abbiamo lavorato al Paradiso Lab, un laboratorio di ricerca (a due passi dal bar) incentrato sulla sperimentazione e lo studio di tecniche nuove, volte a rivoluzionare il mondo della mixology. Un’altra novità è il Monk, un nuovo cocktail bar stile speakeasy che ha aperto sempre nel quartiere del Born. E poi c’è la Barcelona Cocktail Experience, una grande manifestazione sulla mixology alla prima edizione (conclusa da poco)».



 

Radici toscane tra Mugello e Chianti, adottata in Veneto tra ombre e bacari. Ha il naso sul vino da quando lo ha tolto dai libri (forse le cose si sono anche un po’ intrecciate…) e un passato tra voli intercontinentali, valigiate di bottiglie, Paesi asiatici e degustazioni. Diplomata Ais, approda alla comunicazione come ufficio stampa e poi nella redazione di VinoNews24.it. Viaggia, assaggia, scrive, ascolta molto e parla quando serve (svariate lingue).

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