Intervista allo chef Claudio Sadler sulla nuova apertura di Monza, tra mixology, cucina e l’atmosfera d’antan dei circoli culturali
Claudio Sadler, Lorenzo Sacchi, Filippo Sisti e una brigata eccellente, sia in cucina sia al bancone, hanno aperto a Monza un locale con un format originale. E a suo modo coraggioso, anche se la scommessa, vista l’accoglienza ricevuta in città e in tutta la Brianza, sembra già vinta. Eppure Il Circolino dalla prossima primavera si amplierà ulteriormente, sfruttando ancora di più gli spazi esterni.
Parliamo di un locale a tutto tondo, contemporaneo, ma ispirato ai circoli culturali di una volta, aperti dalla mattina al dopo cena. Le sue stesse mura ospitavano uno di questi vecchi luoghi, dove si giocava a carte e si assisteva a conferenze e si mangiava e si beveva.
«Il progetto prende vita dall’iniziativa di tre imprenditori brianzoli Mario e Stefano Colombo, padre e figlio, e Federico Grasso (tra i titolari dell’azienda sportiva Colmar, Ndr)», ci dice lo chef Claudio Sadler, che supervisiona, anche in qualità di socio, l’ambito ristorativo. Mentre il bartender Filippo Sisti (lo avevamo intervistato qui, ndr) è il consulente che ha formulato la carta dei cocktail.
Il Cerchio
Il logo del locale comprende tre declinazioni di servizio – Ristorante, Caffè Bistrot e Cocktail Bar – tutte in stretta relazione tra di loro; tra i punti di forza il proporsi a una clientela differenziata: famiglie, giovani, gourmet.
Non è la Corona Ferrea custodita nella cattedrale di Monza, ma Il Circolino vanta tra i suoi gioielli il giardino, o meglio l’outdoor inserito in uno degli angoli storici e più belli della cittadina. Qui – come sottolinea Claudio Sadler in questa intervista per Spirito Autoctono – dalla pasticceria, alla miscelazione alla cucina, la tradizione briantea è rivisitata in chiave internazionale. Pertanto, in pairing con i cocktail o all’ora del brunch, sono serviti croquetas di jamón, french toast e ovviamente le uova, servite alla benedict o con salmone.
Ho trovato golosi e interessanti gli abbinamenti di cocktail e tapas.
«Sì, Lorenzo Sacchi, lo chef resident, e tutto il team stanno facendo un ottimo lavoro. E insieme abbiamo creato un format, per così dire, ispanico-brianzolo. Lorenzo ha fatto esperienza in Spagna, dove ha anche ottenuto una stella Michelin, ma voleva tornare in Italia e con lui sono venuti la sua compagna, spagnola, e il suo sous chef. Abbiamo quindi lavorato sulle materie prime locali e sulla cucina locale con lo scopo di creare una cucina divertente e contemporanea. Mentre nel ristorante giochiamo sempre con un approccio gourmet e moderno, con un occhio alla cucina italiana, alla cucina iberica e anche giapponese».
Nel servizio del bistrot si rileva un equilibrio studiato tra internazionalità e appunto i prodotti italiani.
«Siamo partiti dagli ingredienti apparentemente più semplici e banali, come il latte e il pane, ma che fanno la differenza. Quindi la carne, selezionatissima, Luganega e brianzola».
Ha lasciato molto spazio alla creatività dei suoi collaboratori sia nel bistrot sia nel ristorante.
«Non mi è mai piaciuto tarpare le ali a chi ha talento e capacità nell’esprimere la propria personalità in cucina o dietro al bancone. Io mi assumo la responsabilità di disegnare le linee guida legate alla mia idea di cucina, ma poi mi confronto con tutto il team».
Siete una realtà unica a Monza.
«È proprio quello che vogliamo essere. Aprire un orizzonte più internazionale e ricercato, anche se Il Circolino non è solo un ristorante gourmet, né solo una caffetteria, un cocktail bar o un bistrot ma tutto questo e forse anche qualcosa di più. Inoltre abbiamo voluto intercettare fasce di ospiti differenti, dalle famiglie ai giovani, ai gourmand. E da come è andata da quando siamo aperti, sembra proprio che ci siamo riusciti».
Il bartender Filippo Sisti
Come avete lavorato e collaborato con il bartender Filippo Sisti?
«C’è una buona intesa, anche con lo staff che lavora dietro il bancone. Lui è il nostro consulente per la miscelazione e sovente viene a sovrintendere e suggerire e alcuni giorni è anche direttamente impegnato nel servizio».
Qual è il suo rapporto con il mondo della miscelazione?
«Non sono un vero appassionato di cocktail, ma talvolta bevo qualche classico, in questo sono un po’ tradizionale. Ma contiamo riguardo a Il Circolino di rafforzare sempre più questo aspetto, soprattutto con la bella stagione che ci consentirà di utilizzare al meglio il giardino e il gazebo».
Quali drink preferisce?
«Bevo di rado super alcolici. Negroni, Gin Tonic, magari con un gin particolare e Bellini».
Oggi però il mondo della miscelazione ha sempre più rapporti con quello gastronomico…
«Proprio l’altra sera ero alla cena benefica della Fondazione Don Rigoldi e le portate erano accompagnate da quattro cocktail. È stato divertente, originale e interessante, perché gli abbinamenti erano molto ben commisurati».
Quale idea ha degli sviluppi del mondo enogastronomico, in particolare in Italia?
«Restando sulla miscelazione, ho notato uno sviluppo notevolissimo negli ultimi anni, che neppure mi aspettavo. L’apericena e così via sono fenomeni oggi diffusissimi. E secondo me oggi un ristorante con un comparto dedicato alla mixology è quasi necessario».
Il cocktail My Tiki Mary
Una riflessione sull’aspetto della territorialità nel mondo dei distillati e dei liquori. Aspetto certamente mutuato da quello del vino, almeno questa è la mia impressione.
«Nel mondo del gin assistiamo a uno sviluppo pazzesco. Forse anche perché è facile da distillare. Nei nostri ristoranti i cocktail sono sempre più richiesti. Poi se parliamo di territorialità, mi vengono più in mente gli amari e le grappe, che si identificano maggiormente con la provincia o la regione. Penso agli amari della Valtellina, ma anche in Sicilia dove si realizzano prodotti molto buoni. C’è certamente una crescita notevole, non solo sul piano della quantità, ma su quello della qualità e molte distillerie partono proprio del concetto del territorio d’origine».
Alla fine di un pasto e della nostra conversazione che cosa ordinano di più i suoi ospiti?
«In questo momento il rum e le grappe, che vanno ancora molto. A seguire il whisky, mentre c’è un calo di cognac e calvados. Sovente invitiamo i clienti a provare anche un amaro artigianale».