Cronaca di una serata sulle colline scozzesi al centro di Roma (guardando al sud)
Prosegue senza sosta la continua ricerca dell’abbinamento perfetto (se mai esiste) tra distillazione, mixology e cibo. In questa puntata abbiamo provato quello tra i cocktail a base Laphroaig di Emanuele Broccatelli e le creazioni dello Chef siciliano Ciccio Sultano.
Siamo al centro di Roma, all’interno del prestigioso W Hotel – nel giardino clandestino –, dove la ‘scusa’ per bere e testare nuove creazioni è quella del lancio della nuova campagna promozionale del whisky dell’Isola di Isaly. Un whisky che non ha certo bisogno di presentazioni e che ha le sue forti radici territoriali proprio in quella Scozia che ha fatto della propria fiera identità una bandiera.
Ma come si abbinano le creazioni gastronomiche di Ciccio Sultano – che lo ricordiamo ai più, non è certo scozzese – con le Highland?
Partiamo dall’assunto che – per ammissione della maison stessa – stiamo parlando del sale dell’Oceano, che bagna le sponde della piccola isola di Islay, della torba che cresce in ogni angolo di questo aspro territorio e del fuoco che, nei camini della distilleria, brucia questo combustibile naturale. Ecco, questa è la definizione che in qualche modo accompagna tutta la serata, condotta dal sempre bravo e preprato Marco Gheza, brand ambassador di Laphroaig.
Quell’affumicato, quel sentore intenso e tanto autoctono finirà nei tre cocktail che Emanuele Broccatelli – bar manager del W e sapiente miscelatore – ha confezionato giocando sulla leggerezza dei piatti.
Tre cocktail, dicevamo, per una serie di pairing al confine tra il mare della Sicilia e quello che bagna le coste scozzesi. Senza dimenticare la terra, umida da un lato, secca dall’altro.
Per questo motivo il primo cocktail dello ‘Champagnone’ (questo il suo nick social) è un Summer Toddy con Laphroaig 10, Chili syrup, Lemon, Cucumber mint soda. Probabilmente il miglior cocktail dei tre ad accompagnare una serie di sfizi culinari che ci hanno fatto tornare in Sicilia attraverso un’arancino pomodoro e mozzarella, Pane e panelle, Sfincione palermitano mozzarella e pesto e il pacchero norma. Devo dire che qui l’abbinamento risulta essere quasi totalizzante, l’intenso affumicato del whisky ‘trova famiglia’ proprio nella terra siciliana e ci sta bene.
Il secondo cocktail, Simplicity, ha già nel nome il proprio carattere, Laphroaig 10, Salty honey sparkling water, Refreshing – light body –. La semplicità, dicevamo, (forse troppa) in un miscelato bevibile ma non memorabile (perdonami Emanuele), tecnicamente ben fatto ma forse andava servito per primo. L’abbinamento con Polpette al sugo, Focaccia mortadella e carciofi, Spada e cus cus rimane un po’ distaccato, trovando con le polpette il suo fidanzamento migliore (la focaccia con mortadella quasi non serviva).
La serata si è poi conclusa con il Foggy Day, un mix di Laphroaig 10, Smoked pineapple syrup e Bitter chocolate. Un ‘giorno nebbioso’ che si schiarisce (metaforicamente) proprio con l’arrivo del dolci finali: Tartelletta crema e frutta, Babbà, Paris-brest e Meringa fragole e panna. Dopo un primo assaggio non del tutto convincente, è proprio il contrasto tra l’affumicato e il dolce che nel lungo termine diventa al palato una piccola esplosione di sapori. Soprattutto la meringa e il Paris-Brest sono stati esaltati dal cocktail (e viceversa). Consiglio se possibile di lasciarli in carta.
Siamo al dunque. Gli abbinamenti ci sono. Cocktail, territorio (scozzese) e territorialità (siciliana) anche. Un’esperienza che andava fatta e provata, sia per quanto riguarda il Laphroaig che per l’idea che si possano miscelare terreni diversi su diversi campi (scusate il gioco di parole). In assoluto credo che alla fine quella che rimane è senza dubbio quella sensazione di torba e affumicato che è il cuore pulsante di Laphroaig e che anche in abbinamento o miscelazione si fa sentire.