La rivista Drinks International ha lanciato il suo report annuale, con uno sguardo sui drink più famosi e le etichette più usati per realizzarli. Grandi brand e qualche outsider
Com’è andato l’anno appena trascorso e come andrà il prossimo? Solitamente sono domande che poniamo a noi stessi o, al massimo, all’oroscopo. Sono in realtà le domande preferite dagli analisti, soprattutto per quanto riguarda i grandi movimenti di mercato. Anche nel mondo dei distillati. Come ogni anno la rivista Drinks International ha rilasciato la sua analisi sui brand di Spirits più venduti durante l’anno precedente. Un faro, una linea guida, un’analisi a cui badare guardando all’anno che arriva. Il Brands Report è un’analisi complessa, piuttosto lunga, che nasce da interviste e panel di assaggio a 100 tra i migliori bar e Bartender diffusi in tutto il mondo.
Brands in Cocktails Report
Tra le analisi raccontate nel numero andato on air il 6 gennaio scorso, una delle più interessanti è quella che riguarda i drink. La sezione Brands in Cocktails è infatti l’incrocio naturale tra il Brands Report e il Cocktail Report. Quest’ultimo solitamente rilasciato in primavera, censisce i 50 drink classici più venduti nel mondo. A partire da questi, si analizzano i trend di mercato per capire quali sono i brand più utilizzati per miscelare le ricette più amate.
L’analisi che ne deriva vede, giocoforza, primeggiare le grandi major. Non una sorpresa, né un problema o un allarme. È naturale che in un’analisi che acquisisce dati in tutto il mondo (il 37% degli intervistati sono in Europa, ma il 23% è in Asia e il 28% in Nord America), siano le multinazionali a vincere. Resta però un interessante strumenti di analisi e anche uno spunto di riflessione per i piccoli produttori o per i brand maker, che pur lavorando su fette di mercato più piccole potranno indirizzarsi in maniera più acuta.
Spirito Autoctono ha selezionato per voi i 6 cocktail più venduti nel mondo e, di conseguenza, le rispettive bottiglie più amate.
La lista di Drinks International
Negroni
- Tanqueray
- Beefeater
- Bombay Sapphire
Il più venduto tra i cocktail nel mondo – oramai da qualche anno – è il barometro perfetto per analizzare la categoria dei gin. La natura intensa del Negroni significa che la bevanda ha bisogno di un gin audace per resistere alla combinazione tra la potenza del bitter e la dolcezza del vermouth. E riequilibrare tutto. Per poter raggiungere il risultato c’è bisogno di un gin classico, che non aggiunga ulteriori profumi. Caratteristiche a cui ben rispondono i tre vincitori che a livello di mercato, ça va sans dire, giocano un campionato a sé stante. Il Bombay Sapphire, per esempio, ha ricevuto tre volte il numero di voti rispetto al quarto classificato, lo stravento Hendrick’s.
Old Fashioned
- Michter’s
- Bulleit
- Maker’s Mark
Quando si parla di cocktail a base di Bourbon o American Whiskey, non si può non parlare di Old Fashioned. Uno dei classici che ha saputo resistere a più epoche – e al proibizionismo – e che resta indefessamente tra i cocktail più venduti anno dopo anno. Secondo gli analisti di Drinks International, Bulleit e Maker’s Mark – che rappresentano la certezza, tornando sul podio dei Bourbon più utilizzati per l’Old Fashioned anno dopo anno – sono stati scalzati dal vero outsider del 2025. Michter’s ha sbaragliato la concorrenza nonostante appartenga a una fascia di prezzo notevolmente più alta rispetto ai suoi concorrenti. Ed è questa la vera sorpresa.
Paloma
- Don Julio
- Patròn
- Olmeca Altos
Uno dei cocktail con i migliori risultati degli ultimi anni. Il Paloma non è un classico per tutti e decisamente non è un drink per tutte le stagioni, ma è sicuramente quello che è cresciuto di più negli ultimi anni. Quest’anno a spadroneggiare tra i panelist di Drinks International è stata la Don Julio (proprietà Diageo), con un +17% di voti rispetto alla seconda classificata. Un’importante crollo, invece, per Olmeca Altos (Pernod Ricard), che aveva conquistato la medaglia d’oro nel 2024.
Daiquiry
- Bacardi
- Havana Club
- Planterai
Se dici Daiquiri dici Rum. E in questo caso le sorprese nella top 3 di Brands in Cocktail sono praticamente inesistenti. Tanto è vero che circa l’83% degli intervistati ha scelto uno di questi tre brand, confermando lo stato dell’arte degli ultimi anni. E anche il carattere di buona parte dei Daiquiri che si bevono in giro per il mondo, dal momento che questo drink vede come ulteriori ingredienti solo zucchero e succo di lime. Semplicità che richiede un rum rotondo ma capace di essere trasversale negli abbinamenti, non troppo spigoloso. E che richiede anche un’ottima manualità da parte del Bartender, tanto che è spesso utilizzato come banco di prova per testare le abilità di un professionista.
Espresso Martini
- Ketel One
- Grey Goose
- Stoli
Il drink inventato da Dick Bradsell – così vuole la leggenda, quantomeno – è la vera super star degli ultimi anni. Tanto da aver superato volume di ordini anche il più famoso parente, il Dry Martini. Una classifica, questa, che ha nella terza posizione la sua più grande sorpresa. Stoli ha infatti cacciato fuori dalla Top 3 Absolut Vodka, decisamente uno dei brand più venduti in tutto il mondo. Un risultato che non è però riuscito a cambiare le sorti aziendali, visto che Stolsi Group ha dichiarato bancarotta negli ultimi mesi del 2024.
Penicillin
- Johnnie Walker
- Monkey Shoulder
- Dewar’s
Non è tra i cocktail più conosciuti in Italia, ma il Penicillin rimane ben saldo nella sua fama nel resto del mondo. Abbastanza facile da riprodurre a casa, bisogna fare attenzione a scegliere un whisky non eccessivamente aromatico. Meglio un blended Scoth, come quelli analizzati per la classifica, piuttosto che un sorbato di Islay o un’etichetta particolarmente invecchiata. La Top 3 del Brands in Cocktail in questo caso rimane immutata rispetto al 2024 ma è il panel in sé a riservare delle sorprese. Ovvero una presenza importante, circa l’11%, di Bartender che hanno scelto un Single Malt come base per il proprio cocktail. Circa 8 i nomi ricorrenti dei brand – non dichiarati dalla rivista -, tutti rigorosamente non tornati. È l’inizio di un’evoluzione del drink o semplicemente una preferenza di gusto che va annotata?