Il primo Canto di Natale: racconto a metà strada tra il sogno e l’analisi minuziosa della perfezione aurea e delle sue implicazioni psicologiche nel giorno di Natale
Ecco come la sezione aurea può rendere inquietante una degustazione altrimenti serena.
“Aspetta, aspetta un secondo. Vuoi dirmi che hai misurato un sigaro con la sezione aurea?”. Arturo si piega in avanti sulla sedia, una di quelle sedie eleganti ma scomode, tutte angoli e legno scuro, come se fosse stata progettata apposta per mettere a disagio. Non stava giudicando, non palesemente almeno, ma quel sorrisetto di chi pensa di essere l’unico sano di mente in un gruppo di ossessionati parlava da sé.
“Non l’ho solo misurato, Arturo. È proprio progettato così. Il punto di taglio perfetto, 15,14 centimetri esatti su una lunghezza totale di 24,5. Non è una cosa che faccio, è una cosa che succede”. Rispondo, cercando di modulare la voce su quel registro basso e distaccato che di solito funziona per neutralizzare l’incredulità altrui.
Il fumo aureo
Arturo inclina la testa di lato, come se stesse decidendo se credere che il concetto stesso di “fumo aureo” sia un sintomo di genialità o di disturbo mentale. Alla fine, sceglie la diplomazia. “E il rum, immagino, è tipo…la ciliegina sulla torta?”
Non è che le persone che fumano sigari, mangiano formaggi erborinati di bufala e sorseggiano rum alpini siano automaticamente più sofisticate. È solo che queste tre cose insieme hanno una strana qualità emergente, un effetto gestalt che sembra far pensare a tutti i partecipanti di essere impegnati in qualcosa di straordinariamente significativo. Come un club esclusivo di persone che condividono il segreto del cosmo. Ma che, a ben vedere, potrebbero essere solo un gruppo di adulti che si sono convinti di fare qualcosa di più interessante che sedersi e ingrassare.
Quando ho preso il Moro Aureo tra le mani, c’era quel momento iniziale di quasi-timore, la sensazione che tagliare un sigaro alla sezione aurea fosse un atto quasi sacrilego, o quantomeno che richiedesse un certo grado di competenza ritualistica che io, ovviamente, non possedevo.
Ti senti come un apprendista di un’arte segreta. Il calcolo è semplice – 24,5 cm diviso 1,618 -, ma il gesto contiene una promessa di perfezione che il tuo corpo non può garantire. E se sbagliassi il taglio? Non c’è margine per il dubbio, né per la fretta. Il Moro ti costringe a rallentare, come un preludio lungo e meditativo in una composizione di Bach.
Moro, la perfezione del taglio
La lama del tagliasigari si ferma esattamente a 15,14. La precisione matematica sembra stupida in un atto così carnale, ma in qualche modo funziona. C’è un senso di sollievo. Di trionfo. “Taglio perfetto,” dico, più a me stesso che agli altri.
Francesco alza un sopracciglio. “Sì, sì, congratulazioni. Ora possiamo accendere o dobbiamo fare un’ode al calcolo infinitesimale?”
La prima boccata non è mai spettacolare. È come il primo movimento di una sinfonia complessa: non deve impressionare subito, ma prepararti. La fumata è lenta, quasi ipnotica, e ti dà tempo di concentrarti sui tuoi sensi, sul modo in cui le note tostate si allargano sulla lingua come i primi accordi di un tema che si rivela a poco a poco.
“È strano,” dice Arturo, soffiando il fumo con un’espressione semi-pensierosa. “Non sa solo di sigaro, c’è qualcosa di più… non so come dirlo.”
“Contrappunto,” dico io.
“Contrappunto?”
“È come una fuga di Bach. Ogni tiro aggiunge qualcosa di nuovo, un secondo tema che si intreccia con il primo. Ascolta il retrogusto. Ti accorgerai che non è mai lo stesso”. Lui mi guarda come se stessi recitando una pubblicità. E forse lo sto facendo.
Il contrappunto del Blu di Bufala
Quando il Blu di Bufala arriva sul palato, c’è una strana intimità nel modo in cui i sapori si scontrano. Non è immediato. Il formaggio è pungente, cremoso, quasi violento nella sua invadenza, ma si mescola al sigaro in un modo che sembra predestinato. Il dolce e il piccante del Blu trovano un contrappunto nelle note speziate del Moro. È qui che inizi a chiederti se tutto questo sia casuale. Se davvero esista un ordine nascosto nel caos.
Arturo mastica in silenzio, poi finalmente rompe il silenzio. “È come se… non so, fosse sbagliato ma allo stesso tempo giusto. Tipo quando ascolti una dissonanza e pensi che dovrebbe darti fastidio, ma invece ti piace”.
Annuisco. È un buon modo per descrivere la sensazione. Ma non gli dico che anche la dissonanza, come la sezione aurea, ha una sua matematica. Sarebbe troppo.
Rum, improvviso come una risata
Il primo sorso di rum è una rivelazione. Dopo la complessità del Blu e la meditazione del Moro, il rum sembra un colpo di scena. È più leggero, più vivo, come una risata improvvisa dopo una conversazione troppo seria. Non è solo il calore dell’alcol, ma il modo in cui scivola tra le note dolci e speziate, aggiungendo una freschezza quasi irriverente.
“Questo rum,” dice Arturo, “è come…tipo una pausa comica in una tragedia”. “Esattamente”, rispondo sorpreso. Lui è arrivato al punto così in fretta.
“E quindi, tutto questo…sigaro, formaggio, rum…ha senso?”
Ci penso un attimo. “Non credo si tratti di fare ‘senso’. È più una questione di equilibrio. Di trovare un modo per mettere insieme cose che non dovrebbero stare insieme. Come un’equazione. O una fuga”. Arturo annuisce, il Moro Aureo è ormai ridotto a una piccola brace fumante.
“Sai cosa? Credo che mi piaccia”. E in quel momento, seduti lì, avvolti dal fumo e dal silenzio, tutto sembra perfetto. O quasi.