Distillazione sottovuoto, paleobotanica, cucina etnica e un brandy dedicato ad Aznavour: viaggio nelle mille sfumature di una terra difficile
E’ una terra aspra e difficile quella popolata dagli armeni. Gente racchiusa in un territorio di primordiale bellezza ma costretta dalla geopolitica e dalla storia a fare i conti con un realtà complessa e in continua evoluzione. Con i confini a est sollecitati dalla pressione dell’Azerbaigian, che lo scorso autunno nel corso di una offensiva armata lampo di 24 ore ha definitivamente annesso la regione del Nagorno-Karabakh dopo un contenzioso durato un trentennio, e ad ovest nelle relazioni non certo tranquille con i vicini della Turchia, responsabili di quello che viene oggi ricordato come “genocidio armeno”. Perpetrato negli anni della Prima Guerra Mondiale e nel corso del processo di disfacimento dell’allora Impero Ottomano.
Detto questo, l’Armenia e la capitale Erevan stanno anche vivendo un interessante periodo. Che porta a dei riflessi suggestivi nell’ambito che più ci è caro, quello degli spiriti, dei distillati, della mixology e – ne consegue – anche della scena gastronomica locale. Un fermento che se da un lato non ha ancora portato alla definizione di un fine dining di rilievo, al momento in fase embrionale, dall’altro ha iniziato a mostrare i segnali di una positiva vivacità culinaria. Evidenziatasi nei nuovi Izakaya in città, nei primi locali con una selezione di vini naturali, negli specialty coffee ormai diffusi, e nelle cucine di matrice etnica. Queste utili, seppur lentamente, stanno superando la proposta classica del lavash – la squisita piadina caucasica -, del lahmajoun – la cosiddetta pizza armena -, dei manti – ravioli -, dei dolma – involtini di foglie di vite – o dei khorovats – spiedini di carne -.
Ararat, monumento armeno
La cucina armena si nutre di un meticciato culturale che parte dal Medio Oriente e arriva fino alla non troppo lontana ex Unione Sovietica. Ben diverso invece, come detto, il mondo degli spiriti. Questo può contare su un brand, anzi su un brandy, decisamente importante. Parliamo di Ararat, azienda leader di un prodotto la cui fama ha superato i confini nazionali sin dai primi anni del secolo scorso.
Ancora oggi una delle cartoline più riconoscibili della capitale vede stagliarsi sullo sfondo la monumentale fabbrica del liquore con al suo interno un museo. Una vera icona armena al punto di aver dedicato una pregiata bottiglia di brandy all’altro celebre armeno: il cantante Charles Aznavour scomparso nel 2018.
E’ davvero difficile resistere alle sfumature delle diverse annate del pregiato Ararat . Invecchiate nelle botti di quercia caucasica, rilasciano note di frutta secca, di tabacco, di persistente affumicatura, di vaniglia e di spezie. Si avverte anche la qualità delle uve bianche autoctone utilizzate – Garandmak e Voskehat – le quali passano attraverso una doppia distillazione.
Come segnale di apertura verso i giovani consumatori, negli ultimi tempi sono nati anche dei nuovi brandy aromatizzati, al gusto miele e albicocca e ciliegia. Inutile dire che i puristi storcono un po’ il naso e preferiscono dirottare sulle vecchie annate verso i 15 e i 30 anni di invecchiamento.
Astronomer Gin, esordio stellare
A parte il colosso del brandy, a Erevan si sta sviluppando un fertile sottobosco di giovani intraprendenti. Arrivati in molti casi dalla vicina Russia, hanno iniziato a produrre con stile artigianale un serie di bottiglie di un certo interesse. Tra tutti Science & Spirit, una compagnia di giovani intraprendenti, in parte ricercatori e in parte bartender. Hanno iniziato producendo spiriti con metodo di distillazione sottovuoto e collaborando con esperti di paleobotanica, microbiologi e sviluppatori di software.
La prima uscita di Science & Spirit è stato l’Astronomer gin: base alcolica di grano neutro, melograno e 21 elementi tra cui il cardamomo thailandese, la noce moscata, la foglia di ribes nero, la radice di Angelica e i fiori di lavanda. Si parte dal succo di melograno spremuto a freddo, miscelato con lo spirito e fatto riposare per una settimana prima del filtraggio. Il liquido poi viene combinato con le sostanze botaniche e rimane in macerazione per altri sette giorni. Infine la distillazione, che avviene a una temperatura bassa di 19 gradi, e consente di preservare meglio i composti aromatici presenti.
Nasce così un gin dal profilo piuttosto intrigante, che rivela aromi citrici (pompelmo, mandarino), ma anche spezie e fiori in bella evidenza. Al palato note astringenti e retrogusto agrumato. Una bella scoperta. Cui nel frattempo è seguita la realizzazione di un sidro preparato con varietà di mele coltivate in Armenia, e molte altre idee da sviluppare nel cassetto.
Armenia, tre indirizzi da visitare e una cocktail week
Dopo la prima edizione della cocktail week a Erevan lo scorso anno, a maggio si è replicato grazie gli sforzi organizzativi e alla passione del quarantaquattrenne barman e imprenditore Gegam Kazarian, un visionario che forse prima di altri ha saputo sviluppare progetti in grado di unire la mixology all’alta cucina. Anche per questa ragione, ma non solo, ci piace l’idea di segnalare qualche indirizzo utile a chi vuole visitare Erevan mettendo i piedi sotto a un tavolo, o comodamente seduti al banco di un cocktail bar.
Minas
Oltre ad essere un cocktail bar di qualità facente parte del gruppo Collective, che vanta altri locali in città, Minas ha come punto di forza anche il piacere di un ambiente dove l’arte è ben presente alle pareti, visto che il luogo nasce come omaggio al talentuoso pittore armeno del XX secolo Minas Avetisyan. Da provare Urmia, un drink a base di amaretto e albicocca.
Daboo
Fondato nel 2017, è uno di primi cocktail bar di Erevan. Sotterraneo e con retro-style da speakeasy, Daboo può contare su un team affiatato, due lunghi banchi che impegnano buon parte di un lunga sala a una fitta programmazione di guest anche internazionali. Tra un chiacchiera e l’altra con gli affabili barman di odin un Hallelujah, con rum, limoncello, lime e frutto della passione.
Corpous Gastrobar
Carpacci, salmone, beef tartare, vitello tonnato, hummus, tempura di verdure e molto altro. La cucina di Ara Hovhannisyan gioca la carta della versatilità e di una chiara riconoscibilità di classici internazionali amati da un clientela giovane e spigliata, che non disdegna di abbinare uno dei cocktail provenienti dal lungo bancone che caratterizza l’ingresso del locale. Magari anche un semplice spritz.