Pit Beef Milano
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Whisky a Milano: sette indirizzi da segnare in agenda

Guida ai locali meneghini imperdibili per gli amanti del più nobile dei distillati: tra etichette introvabili, riserve e buoni abbinamenti

La centralità non si compra, si guadagna. Per quanto la famiglia Al Thani compri ogni anno un fuoriclasse per il Paris Saint Germain, la storia del calcio dice che Parigi non è che un piccolo satellite nella galassia del pallone. Allo stesso modo funziona nel whisky: locali dedicati al culto del distillato di malto stanno sorgendo in tutta Italia. Ma finora nessuno ha ancora strappato a Milano il titolo di centro nevralgico del single malt.

Le ragioni sono tante, e come sempre si intrecciano. Da una parte Milano è da sempre una città ricca ed edonista, dove i dané – i denari – sono la chiave per la bella vita, il piacere, la Milano da bere insomma. Dall’altra, Milano è stata da fine anni ’60 agli anni ’80 un punto di incontro fra i tanti personaggi che hanno dato vita dal nulla al mercato del single malt scozzese, gli imbottigliamenti indipendenti e la febbre del collezionismo: Silvano Samaroli ed Edoardo Giaccone da Brescia e Salò, Rino Mainardi e poi Max Righi da Parma e Modena, Bepi Mongiardino da Genova, Nadi Fiori da Rimini… E, ovviamente, Giorgio D’Ambrosio, che nelle cantine del suo Bar Metro di piazza De Angeli ha custodito fino agli anni Duemila una delle più grandi collezioni di bottiglie al mondo.


Whisky
Whisky – immagine di repertorio –

Il seme del Whisky e i suoi frutti

Oggi il Bar Metro purtroppo è chiuso, dopo che D’Ambrosio ha deciso di passare la mano nel 2018. Però, al bancone del Bar Metro si sono “formati” (e alcune sere anche deformati…) Andrea Giannone e Giuseppe Gervasio Dolci, i fondatori del Milano Whisky Festival. Le loro degustazioni negli anni hanno sparso il seme della curiosità per il whisky. Quel seme ha attecchito e ha dato molto frutto, facendo sorgere nuovi locali con ottime selezioni di single malt che sono andati ad affiancare gli indirizzi storici. Senza intenti enciclopedici, ecco a seguire una piccola selezione di sette piccole e grandi cattedrali del whisky all’ombra della Madonnina.


Mulligans Irish Pub
La lavagna del Mulligan

Mulligans Irish Pub


via Giuseppe Govone, 28 – zona Monumentale
Forse il più amato ritrovo della comunità whiskofila di Milano è un Irish pub aperto nel 1967 come “bocciofila con cucina”. Padrone di casa – perché proprio aria di casa si respira qui, dai sorrisi dietro al bancone fino al menu lombardo come una volta – è Beppe Bertoni, che con il fratello Alviero da decenni colleziona e serve whisky.

Ricca e sempre originale è la lavagnetta con i distillati in mescita. Semplicemente strepitoso l’esercito di bottiglie rare custodito nella tavernetta (da ammirare, non da aprire però!). Il pub, che è anche Ardbeg Embassy e dunque serve parecchie espressioni del famoso brand torbato, è spesso teatro di degustazioni e serate a tema. Ma è sulle chicche introvabili che il Mulligans dà il meglio: edizioni rare, etichette indipendenti, single cask e anche gli imbottigliamenti selezionati personalmente proprio da Beppe. Il quale mette il carico della sua straordinaria competenza e della coinvolgente presentazione di ogni dram. Sancta sanctorum.


Harp Pub
Harp Pub Milano

Harp pub Guinness

Piazza Leonardo Da Vinci, 10 – zona Città Studi
All’ora di pranzo le piadine per gli studenti del Politecnico volano a velocità che anche gli ingegneri faticano a calcolare. Ma la sera, dopo l’aperitivo, questo storico pub a conduzione familiare che dal ’76 è un’istituzione a Città Studi diventa (anche) un tempio del whisky. Tutta colpa di Angelo Corbetta, baffuto titolare con il farfallino e il pallino degli Scotch da collezione.

Che però non vengono solo gelosamente custoditi ma anche generosamente sbicchierati, altroché. La sala nel seminterrato è arredata con cimeli e memorabilia scozzesi, il salottino all’ingresso invece è con vista sulle infinite bottiglie in fila sopra il bancone. Di cose eccellenti figlie di un’altra epoca ce ne sono parecchie (ogni tanto Angelo scova dei vecchi blended da capogiro), di chicche moderne anche. Due segnalazioni: i cocktail del figlio Riccardo (tra tutti l’Old dead redemption, rivisitazione dell’Old Fashioned con sciroppo d’acero, porto ruby e rye) e il Mac Corby sandwich, la creazione di Angelo a base di caprino, whisky, cipolla e aringa. Tutta la tradizione che non annoia mai.


Scott Duff Pub
Scott Duff Pub Whisky

Scott Duff Pub

via Volta, 13 – zona Moscova
Chi ci viene per le pinte spillate comme il faut, chi per gli arrosticini abruzzesi artigianali, chi per la selezione di distillati. Ognuno ha una sua buona ragione per scegliere questo indie-pub in zona Brera fratello minore dello Scott Joplin di Niguarda, entrambi aperti da Giulio e Raffaello Dall’Agata. Rilevato uno storico pub nel 2010, i fratelli qui hanno iniziato con la birra artigianale e pian piano hanno ampliato l’offerta dei distillati con costanza e intelligenza.

Oggi vantano 320 whisky in lista – oltre a un’impressionante varietà di grappe e amari -, con un approccio innovativo: dato che di mostri sacri che servono costose bottiglie d’epoca ce ne sono già altri, qui si è scelto di andare oltre ogni luogo comune e puntare sulle novità. E dunque non solo i grandi classici dello Scotch: qui si trovano tanti Irish whiskey e distillerie giapponesi insolite, single malt francesi e tedeschi, malti scandinavi, brand statunitensi di nicchia, imbottigliatori indipendenti milanesi, brand promettenti come Lochlea, Raasay e Lindores Abbey… La missione è arrivare a 500 referenze entro la fine del 2023. Pochi ma ben fatti i cocktail, tra i quali si segnala un drink a base Laphroaig 10 anni e birra Lambic che riassume la filosofia di un pub pensato per chi si vuole avventurare sulle strade meno battute del malto.


Pit Beef
Pit Beef Milano

Pit Beef Milano

via Gaetano de Castillia, 7 – zona Isola/p.ta Garibaldi
Valeria Rossi chiedeva tre parole: sole, cuore e amore. Per aprire il suo ristorante, invece, Giulio Bisogni ne ha chieste altre tre: carne, legno e whisky. Il legno non è quello del Bosco Verticale, sotto il quale si trova il primo locale di Milano e forse d’Italia in cui si può pasteggiare a whisky.

Ma è quello – di ciliegio e di melo – dell’affumicatore e del barbecue, centro nevralgico di questo raduno per epicurei carnivori. Lui, ex dirigente, con la moglie Lucia e un’altra coppia di soci, ha voluto combinare due grandi piaceri della vita in quella che oggi si chiamerebbe “food experience unica”, ma che è semplicemente una grande idea: filetti, costate, pastrami, cervo, bisonte, manzo sashi, tutto servito con distillati in abbinamento. Dagli Scotch più freschi agli invecchiamenti importanti in botti ex sherry, fino ai torbatoni e ai bourbon americani, dall’antipasto al dolce: un percorso studiato per esaltare i palati. E il naufragar è molto saporito in questo mare.


2cl Club Milano
2cl Club Milano

2cl Club Milano

viale Certosa – zona Certosa
Se 21 grammi è il peso dell’anima, 2 centilitri è la dose per una transitoria ma appagante felicità sensoriale. 2 centilitri è la quantità di whisky (o di rum) che viene servita alle degustazioni e ai festival, abbastanza per apprezzare il profilo del distillato e per assaggiarne anche altri senza defaillances alcoliche. E intorno a questo concetto è nato qualche anno fa questo club privato. Uno speakeasy underground in viale Certosa, dove poter degustare in mescita – o perché no a bottiglia intera – oltre trecento distillati. Cose rare, cose eccezionali, cose da festival appunto, o da collezione: le edizioni limitate di Macallan, i Talisker 40 anni, i vintage perduti. C’è una quota associativa da pagare per poter entrare in questo piccolo paradiso sotterraneo dove perdersi in poltrone di pelle, sigari e grandi dram. Bella l’idea di poter ordinare versioni “vintage” dei classici della mixology, con bourbon magari degli anni ’60.


The Spirits Milano
The Spirits Milano

The Spirit Milano

via Piacenza, 15 – zona Porta Romana
Uno dei bar esteticamente più sorprendenti di Milano insieme all’Octavius in Gae Aulenti. Oblò retrò, design da film di Wes Anderson, velluti e ottoni: un insolito lounge cocktail bar alla newyorchese. Ma noi non siamo architetti e dunque giudichiamo altro. Per esempio, apprezziamo la selezione di 230 whisky. Un occhio particolare ai giapponesi e a bottiglie di assoluto pregio (per dire, c’è un Port Ellen in mescita, il che non succede spesso).

L’ambiente è chic, la clientela di livello e la mixology altrettanto, con drink anche a base whisky eseguiti alla perfezione con massima cura per i dettagli e signature cocktail pensati sui contrasti. Decisamente superiore alla media la preparazione dello staff e la competenza nella spiegazione dei drink e dei distillati. Interessante l’opportunità di diventare membri, con possibilità di prenotare con un canale riservato e di avere le proprie bottiglie custodite sotto chiave e sempre a disposizione. Prezzi non popolari, ça va sans dire, ma in linea con il tipo di locale.


The Doping Bar
The Doping Bar Aethos Hotel

The Doping Bar – Aethos Hotel Milano

piazza XXIV Maggio, 8 – zona Darsena
Altro posto per cultori del bello, questo locale nasce come ‘Doping Club’, il bar dello Yard Hotel in Darsena. Il cambio di proprietà dell’albergo con relativo cambio di nome da Club a Bar non ne ha intaccato il fascino: arredi d’epoca, oggetti curiosi, cuoio, biciclette, suppellettili vintage e un’atmosfera deliziosamente British ne fanno un covo per dandy o presunti tali. La selezione di whisky è buona, meglio di qualsiasi altro bar d’hotellerie in città. Ma è sulla costruzione dei drink, personalizzati e “su misura”, che il Doping Bar ha una marcia in più. Non un concetto nuovissimo, quello del bartender che “cuce” il cocktail a seconda dei gusti del cliente, ma sicuramente ben realizzato. Il resto lo fanno un’ambientazione sospesa fuori dal tempo e una classe mai affettata che ben si concilia con il concetto di degustazione lenta.

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

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