Cotswolds e il boom del whisky inglese

Decimo compleanno della distilleria protagonista della crescita del whisky single malt. A sud del Vallo di Adriano, tra le dolci colline dei Cotswolds

La guida Lonely Planet lo ripete fino allo sfinimento, tanto che a un certo punto sembra quasi un tormentone. I caratteristici cottages di pietra color del miele sono i protagonisti indiscussi dei bucolici villaggi che punteggiano le dolci colline dei Cotswolds, la zona di outstanding natural beauty – come la definiscono qui – che si estende grosso modo da Oxford a Bristol.
Un’Inghilterra pacifica, dove la rivoluzione industriale non ha avuto tutta questa fretta di stravolgere l’orizzonte e i tempi della campagna, e dove una tranquilla distilleria sta macinando successi da dieci anni, contribuendo al boom del single malt inglese. Tanto che di questo passo sulle guide turistiche i cottages chissà che non diventino “color del whisky”…


Cotswolds Distillery
Cotswolds Distillery – credits Cotswolds Distillery

Abbiamo appuntamento con Rob Patchett, il global brand ambassador Cotswolds Distillery, per una visita e una chiacchierata. Mentre lo aspettiamo, fervono i preparativi: operai che allestiscono barbecue e gazebo, mentre decine di simpatiche signore attempate chiacchierano dando fondo a rinfrescanti gin tonic. Business as usual, direbbero qui.

È quasi tutto pronto per la festa. Si celebra il decimo anniversario dall’apertura, avvenuta nel 2014, quando l’uomo d’affari Daniel Szor – nato in America ma originario della zona – decise di comprare un paio di edifici dove distillare il tantissimo orzo che cresce qui. Si era innamorato della distilleria scozzese Bruichladdich, e grazie alla consulenza tecnica e imprenditoriale di Harry Cockburn e del compianto Jim Swan, il suo sogno era diventato realtà. Prima con il gin, poi – nel 2007 – con il whisky.

Le colline di Cotswolds punteggiate da 56 distillerie

Siamo stati la quarta distilleria inglese di whisky a inaugurare”, spiega Rob. La via era stata segnata nel 2006 dalla St. George distillery di English Whisky Company, prima ad aprire in Inghilterra dopo un secolo. Ma il rinascimento inglese del single malt era solo un’idea come un’altra. “Oggi siamo 56”, sorride. Già, perché poi sono arrivate Adnams, Lakes, Cotswolds appunto, e poi Bimber, Durham, la Yorkshire distillery…
Il whisky inglese è decisamente in crescita – continua Rob -: abbiamo la materia prima, tanto che lo Scotch ha sempre utilizzato il nostro orzo; abbiamo un clima simile; ma soprattutto abbiamo la fortuna di essere realtà piccole e dinamiche e di avere un disciplinare che ci consente di sperimentare”.


Rob Patchett, global brand ambassador Cotswolds
Rob Patchett, global brand ambassador – credits Cotswolds Distillery

I numeri sono prosaici, ma sempre indicativi: dal 2019 al 2024 il mercato del whisky inglese è cresciuto del 189%, sforando il miliardo di sterline. Le distillerie possiedono ormai 50mila barili nei loro magazzini, nel 2023 hanno ospitato 250mila visitatori e il 40% del prodotto viene esportato.

Sono numeri di un “sistema” che funziona, grazie alla creazione dell’associazione di categoria della English Whisky Guild e alla nascita del Birmingham English Whisky Festival. E grazie alla qualità, che ormai viene riconosciuta al di là dei primi comprensibili scetticismi. Il Whiskymaker Reserve N.4 di Lakes è stato votato miglior single malt al mondo ai World Whisky Awards 2022, The English miglior whisky nel 2024. E Cotswolds, il cui new make – il distillato non invecchiato – è stato definito “liquid gold” sulla Whisky Bible del 2016, è stata nominata miglior distilleria del Regno Unito nel 2023.


Cotswolds Distillery
Cotswolds Distillery – credits Cotswolds Distillery

Espressione autentica di un territorio, quello di Cotswolds

Mentre passeggiamo nella nuova stillhouse e facciamo conoscenza con i nuovi alambicchi fatti arrivare dalla Scozia – si chiamano Rosie e Fanny, dalle canzoni di Ac/Dc e Queen – non fatichiamo a capire perché Cotswolds stia raccogliendo il meritato successo. Come spesso accade, le distillerie inglesi sorgono in paesaggi bucolici meta di grande turismo. Lakes, nel Lake District appunto, e Filey Bay, sulla costa frastagliata dello Yorkshire, sono due altri esempi.
Il “locale”, l’essere espressione autentica di un territorio, è senz’altro una carta che il whisky inglese si gioca volentieri. “E anche noi oggi siamo completamente locali – dice orgoglioso Rob -: dall’orzo coltivato vicino a Blenheim ai nostri 4 magazzini, tutto il ciclo dal campo alla bottiglia si svolge nel raggio di 197 miglia”.
Questione di spirito romantico, ma anche di amore per il proprio territorio. Quello che traspare anche dal progetto di recupero delle acque post-distillazione, con la creazione di una zona paludosa in grado di filtrarle e di ospitare decine di specie di piante.



Alice Pearson ha 24 anni ed è la distillery manager. È entrata a Cotswolds come commessa del visitor center, poi ha studiato ed ora è responsabile della distillazione. Una bella storia umana, di quelle che in un’industria giovane sono ancora possibili. Il whisky inglese è ancora in una fase adolescenziale. Vibra di energia, ed è figlio diretto della scena “craft”. Dal boom dei birrifici artigianali, si è passati al boom del gin con Sipsmith, nel 2009, considerato l’inizio della rivoluzione inglese della distillazione.
Il whisky è stato l’ultimo passo. “I consumatori – ha chiarito Paul Abbott, della Grasmere distillery – vogliono prodotti veri, autentici, a un buon prezzo”. Ne è convinto anche Rob, che ci mostra i nuovi imbottigliamenti per il decimo anniversario di Cotswolds, una serie di single cask in botti di Madeira e Calvados selezionati da lui, Alice e Nick: “Il whisky inglese non può e non deve scimmiottare lo Scotch. È il suo adorabile fratellino minore”.


Alice Pearson, distillery manager di Cotsworlds
Alice Pearson, distillery manager di Cotsworlds – credits Cotswolds Distillery

La varietà del whisky vince, anche commercialmente

E il fatto di mantenersi “diversi”, con stili poco omologati, è senz’altro un plus commerciale. Se Cotswolds ha trovato la sua cifra in un distillato fruttato che ben sostiene l’invecchiamento in barili molto diversi, dalle barriques ex Bordeaux al Banyuls, Lakes si è specializzata negli invecchiamenti in sherry; se Bimber – aperta da immigrati polacchi nei sobborghi di Londra – si è guadagnata una solida reputazione fra i whisky nerds, con imbottigliamenti in asta a prezzi alti, Filey Bay cerca di mantenere il suo dna costiero. La varietà vince, anche commercialmente. Tanto da attrarre l’interesse dei big del settore: Cotswolds ha recentemente siglato un accordo di distribuzione con Illva Disaronno, Diageo ha acquistato una quota nella Oxford Artisan Distillery, mentre Lakes è stata venduta per 71 milioni al produttore di vino Nye Timber.
Insomma, le piccole distillerie inglesi (la capacità produttiva massima di Cotswolds al momento è salita a 500mila litri di alcol l’anno), non sono soltanto gioiellini da inserire all’interno dei tour turistici, ma iniziano ad essere anche ottimi affari. E – cosa ancor più importante – fanno ottimo whisky. Non male per chi solo pochi anni fa era snobbato come brutta copia dello Scotch…

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

Potrebbero interessarti