Metti un Yuntaku a cena…da Retrobottega

Filosofia giapponese, gusto italiano e viceversa. Gregory Camillò, Yoji Tokuyoshi e l’amaro Yuntaku, protagonisti di una serata rara

Sono rare le occasioni di partecipare a cene di degustazione dove i piatti e il prodotto sono legati in modo così viscerale e sentito. Questa è la cronaca di una cena unica. Nata con la ferma volontà di far conoscere l’Amaro Yuntaku a chi non lo aveva mai provato, sia liscio che in miscelazione.

La ‘splendida cornice’- !!- è quella di Retrobottega , pieno centro storico di Roma, dove da tempo Alessandro Miocchi e Giuseppe Lo Iudice hanno messo su casa. Un ambiente minimal che non si presenta mai freddo e che – a nostro parere – rimanda a quella sintesi e quella voglia di stupire con i dettagli e le emozioni che è tipica dell’oriente. Design e cucina quindi, ma anche ospitalità e condivisione del pensiero, partendo da quello che ha portato alla ‘creazione’ dello Yuntaku, vero protagonista della serata.


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Giuseppe Lo Giudice, Gregory Camillò, Alessandro Miocchi e Yoji Tokuyoshi – credits Retrobottega / Yuntaku

Un amaro italiano d’ispirazione orientale

Yuntaku nasce dall’idea di Benedetta Santinelli e Simone Rachetta che dopo un viaggio ispirazionale in Giappone, tornano a casa con i semi del Goya. Un frutto tipico dell’Asia, conosciuto anche come bitter lemon. Dai semi alla pianta, dal frutto all’amaro, il passo è stato breve (anche se non sembra). Oggi quell’idea di realizzare un liquore da quella strano ortaggio bitorzoluto è una consolidata realtà.

Il resto lo fanno la selezione di spezie e fiori provenienti dalla tradizione orientale. Pepe di Sichuan, zenzero, galanga, jasmin tea, ibisco, sour cherry e cardamomo verde. L’infusione di goya fresco essiccato insieme a erbe, spezie e fiori tipici giapponesi conclude il tutto. Diventando un amaro fresco, dissetante e davvero unico nel panorama liquoristico nazionale.



Tornando alla cena, per dare la precisa percezione di cosa quest’amaro possa offrire, sono stati chiamate due guest d’eccezione. Il primo è una conoscenza calabro/romana, Gregory Camillò, head bartender – e non solo – del Jerry Thomas Project Bar (ne avevamo parlato qui) chiamato a ideare, miscelare e servire i cocktail in abbinamento. In cucina invece è arrivato da Milano, Yoji Tokuyoshi, l’ex Sous Chef di Massimo Bottura che dopo aver chiuso – causa anche la pandemia – il ‘suo’ ristorante stellato si è letteralmente reinventato con la Bentoteca, ad oggi uno dei posti più apprezzati a Milano, recentemente segnalato a livello internazionale da 50 Best Discovery (gruppo 50Best). Ovviamente tra i fornelli di Retrobottega c’è sempre Alessandro Miocchi che gioca in casa.

La nostra postazione è al bancone conviviale del locale. In fin dei conti Yuntaku nel dialetto di Okinawa significa chiacchiere e non avremmo trovato un posto migliore per declinare il verbo in questa serata.


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Cocktail della serata Sabotage – credits Paolo Campana

Sabotage

Il nome della serata è Sabotage. I piatti sono cinque. I cocktail sono tre, più il sacrosanto assaggio in purezza. Si inizia da un sorprendente ‘piatto vegetariano’ (proposto esattamente con questo nome) che è l’esatta risultanza della fusione tra le due cucine. Asparago bianco alla griglia, salsa al cipolotto, fave e piselli al wasabi affumicati, cipolla fritta, salsa sansho, miso e salsa verde di crescione. A leggerli uno dopo l’altro sembra essere un enorme ‘mappazzone’ di verdure e invece l’equilibro tra le cotture, le salse e l’aromaticità della parte aspra di cipolla e cipolotto rendono il piatto gustoso e fuori dagli schemi. Ad accompagnare le ‘verdure’ c’è forse il miglior Bloody Mary assaggiato quest’anno, base Yuntaku con un mix creato appositamente da Gregory con acqua di pomodoro e spezie (ricetta segreta del Jerry Thomas), ad accompagnare il tutto un cipollina di tropea marinata a segnare il lato calabrese del barman. Pairing perfetto a base di cipolla che crea quel giusto mix di sapidità e dolcezza.


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Momenti della serata Sabotage – credits Retrobottega / Yuntaku

Dall’Otoro Katsusando allo Spumonish

Il Bloody Mary ci fa anche da ponte verso la seconda portata, uno dei pezzi forti dello Chef Tokuyoshi l’Otoro Katsusando ripieno con una delicatissima ventresca di tonno impanata e fritta, accompagnata da una semplice ma consistente maionese al lentisco e finocchietto. Per tutti quelli che non lo conoscono o non sanno dell’esistenza del Katsusando, sappiate che si tratta di quello che dovrebbe essere un semplice panino nipponico ma che in questa versione diventa un piatto che non sfigurerebbe in molti ristoranti stellati per delicatezza e gusto.

Mentre siamo ancora in estasi da panino, arriva il secondo cocktail, lo ‘Spumonish’. Oltre al nostro amaro porta con se anche il succo di pomelo, una soda al pompelmo, del pepe sancho e acqua tonica. Rinfrescante il giusto e tipicamente estivo, quasi marittimo, lo Spumonish fa stranamente amicizia con i Gyoza in brodo che ci hanno appena servito. Ripieni di anatra confit croccante, si muovono sereni nel loro brodo di dashi e mandarino cinese, ed è proprio quest’ultimo a dare al piatto quella spinta in più che serve per completare un primo fuori dalla nostra stessa idea di Gyoza.

Elogio del piccione (ubriaco)

Subito dopo arriva il piccione ubriaco, il quale grazie alla marinatura nel sake, alla salsa sukyiaky e al barattiere (cetriolo) marinato diventa decisamente un piatto su cui si torna a pensare anche nei giorni successivi per la morbidezza della carne scaloppata e le salse in abbinamento che lo rendono memorabile.


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Piccione Ubriaco dal menù Sabotage – credits Retrobottega / Yuntaku

Per fare compagnia al piccione entra in scena il terzo cocktail. Uno Cherry Blossom di chiara ispirazione orientale che con Yuntaku, visciole grigliate, Barolo chinato e Shochu di patate è contemporaneamente sia il cocktail più curioso, sia il miglior abbinamento al piatto. L’idea di mettere visciole grigliate (e supponiamo filtrate) e Barolo chinato vicino ad un piccione ubriaco è decisamente notevole. Ed entrambe le portate ne giovano tantissimo.

La cena si conclude con l’assaggio dell’amaro insieme a quello che forse è il piatto più debole della serata – come spesso sono i dolci – un gelato al matcha con spuma di yogurt e pistacchio. Leggero e poco incisivo sia nella parte fredda che in quella spumosa, il dolce ci lascia un po’ perplessi ma è pur vero che esalta l’assaggio dello Yuntaku in purezza e ci fa lasciare il bancone con un sorriso compiaciuto per la serata.

Sabotaggio riuscito

Una serata che rimarrà unica nel suo genere e che sempre di più conferma quanto sia importante e doveroso l’utilizzo della cucina per far conoscere e comprendere la complessità di un liquore o di un amaro come in questo caso. Cocktail e cucina non sono mai stati tanto vicini e simili, sia nelle idee che nella progettualità, senza dimenticare il gusto.


Nasce astemio nel 1971 a Roma, ma già alla fine degli anni ’80 si appassiona alla creatività e al buon bere. Frequenta Accademia delle Belle Arti e in contemporanea sviluppa una passione vera e sincera per il Campari e il Gin (in tutte le sue declinazioni). Illustratore, fumettista, mangiatore e creativo. Scrive e collabora con varie testate giornalistiche da anni. Conoscitore delle varie dinamiche del food&beverage, ha sempre fame e sete.

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