A Firenze l’avvio dei festeggiamenti con la Whisky Week, tra assaggi, aneddoti e curiosità
Da quella volta che si son fatti mandare una pala dalla Scozia e hanno trasformato una sala del Marriott di Milano in un pavimento di maltaggio, ne è passata di acqua sotto i ponti. Anzi, di acqua poca, salvo al massimo quella necessaria per portare il distillato a gradazione o per traghettare anime alla ricerca di sé stesse verso Islay. Perché se il seme non è nato sull’isola, di sicuro qui ha messo radici, in uno spesso strato di torba marina.
Il 2024 è l’anno in cui Whisky Club Italia, community fondata da Claudio Riva e Davide Terziotti, celebra il suo decimo anniversario e i festeggiamenti sono previsti per tutto l’anno. Dopo l’avvio alla Whisky Week di Firenze (16-22 aprile), si prosegue con le altre Week organizzate dal Club, a Treviso (1-7 ottobre) e Como (5-11 novembre), l’evento chiave che ripercorre il battesimo ufficiale, avvenuto l’8 novembre 2014 al Golf Villa D’Este di Montorfano. Si riprende infine il prossimo anno con Napoli (25-31 marzo 2025).
A Firenze la Week si è tradotta in una settimana di degustazioni in tutta la città. Almeno 25 gli appuntamenti sparsi tra le varie insegne del bere bene fiorentino, oltre a una giornata, domenica 21 aprile, con masterclass e walk around tasting presso l’hotel Albani di Firenze.
La carica dei 27000
Neanche un anno fa Whisky Club Italia celebrava il traguardo di 25mila iscritti, una soglia record che però non si è arrestata, anzi. Il 23 febbraio scorso sui canali social si annunciavano i 27mila. La community di appassionati di whisky e distillati più ampia d’Italia ha una diffusione che va oltre le proprie origini brianzole. Se la maggior parte degli iscritti resta al nord, la rete si diffonde un po’ in tutto lo Stivale. Tra le attività ci sono corsi, degustazioni e visite guidate alle distillerie, inclusi i viaggi in Scozia.
La scorsa estate sono stati pubblicati i dati di un’indagine interna tra i membri del club e il risultato ha mostrato che per la prima volta la fascia di iscritti tra i 25 e i 34 anni ha superato le altre (26,3%) e in particolare quella storicamente più ampia dei 35-44enni, di poco sotto con il 26,7%. Nei due segmenti è più alta anche la percentuale di donne rispetto agli altri, seppur molto contenuta in rapporto a quella maschile (4,4 e 4,3% contro 21,9%).
Altro dato interessante, frutto di un sondaggio su oltre 2mila rispondenti, è la quantità media di bottiglie acquistate per anno. Se i due terzi delle donne si limitano a pochissime bottiglie all’anno, gli uomini acquistano di più. Con il salire dell’età aumentano capacità di spesa e numero di bottiglie acquistate, oltre il 30% degli over 55 dichiara di acquistare più di 10 bottiglie all’anno.
Di Laphroaig, bare e arcobaleni
«Ma tu non sembri mica un appassionato di whisky, sembri più un bevitore di birra. Ecco, mi son detto che dovevo dimostrargli il contrario». Fa un po’ sorridere visto da qui il racconto di Claudio Riva sulle sue prime tappe tra le distillerie in Scozia, incluse le parole della guida di Ben Nevis al culmine della visita. «Però ho capito che non era quella la direzione giusta…». Infatti poi arriva ad Islay, si innamora e apre il blog I Love Laphroaig , embrione di quello che poi sarebbe diventato Whisky Club Italia, fondato assieme a Davide Terziotti, che dal canto suo scriveva su Angelshare.it.
La degustazione di alcuni dei loro primi imbottigliamenti è stata l’occasione per raccontare alcuni degli aneddoti più simpatici di questo viaggio. «Quando il 15 anni di Laphroaig è uscito dalla produzione, ha costruito una bara in cui aveva messo la bottiglia e abbiamo celebrato un funerale al Milano Whisky Festival», ricorda Terziotti ridendo. «La bara era stata costruita da un professionista!», ribatte Riva, anche se di una mano di colore pare ci sia stato bisogno e, da voci interne, sappiamo che quella bara sta ancora nel magazzino di Whisky Club.
Il 15 Anni in degustazione non c’era, ma in compenso di imbottigliamenti di Laphroaig ne sono sbucati due, l’Ostrica e l’Arcobaleno. Mentre tutti si chiedevano se avessero vinto qualche concorso per la migliore etichetta fatta con Paint, la torba si è diffusa in tutta la sala e allora ciao. Il primo, 12 anni botte hogshead refill 1999-2011 (57,9% abv), era quel turbinio di mare e barbecue in cui riesci ad avvertire l’ananas, prima che anneghi tra le sensazioni di scoglio bagnato, pasta di nocciola e ancora iodio e torba, sorso oleaoso. Da berne a ripetizione, come trascinati dalla risacca.
Non fai a tempo a leccarti il sale dalle labbra che tocca all’Arcobaleno. No age, un blend di 2, 8, 11 e 15 anni, 50,8% abv – alla fine un po’ di 15 anni c’era – tanto per non farsi mancare nessun colore sulla tavolozza. E via verso note più verdi di alghe e salicornia, ananas affumicato, sale incrostato tra i capelli, torba più lieve e liquirizia. «Per l’Arcobaleno a un certo punto da Piacenza mi arriva un ordine di 35 bottiglie», racconta Riva. Un bel colpo, ma forse non era solo questione di whisky. «Poi ho scoperto che si trattava di un avvocato che difendeva i diritti dei gruppi LGBT». Mai sottovalutare Paint.
A precedere Laphroaig, due imbottigliamenti di Glenturret firmati Angelshare.it, un 8 anni a maturazione piena in botti ex-Sherry e un 18 da botti ex-Bourbon (1995-2013, 52% abv). Il primo ricco e intenso, tra albicocca sciroppata e fichi secchi, crema pasticcera e melissa; il secondo più sottile e agrumato, tra l’ananas e lo zabaione, la mandorla e il miele di tiglio, una cucchiaiata di crema al limone. Ma c’era anche Clynelish L’Imperiale Regia Villa di Monza, 11 anni, 1995-2007, 57,8% abv. Ventata di erba fresca e cera d’api, poi pesca sciroppata, noce moscata e camomilla. I ricordi del lagno sul finale.
Nel frattempo gli aneddoti erano arrivati a quella volta in cui al Whisky Festival di Milano avevano ben pensato di accendere un alambicco in mezzo a una sala e distillare della birra. Ecco, forse meglio evitare i dettagli.
Dieci assaggi (con un intruso)
Erano circa 26 gli espositori presenti all’Hotel Albani domenica 21, tra distributori, produttori e imbottigliatori. Dram dopo dram, di assaggi se ne sono fatti parecchi. Ecco di seguito quelli che hanno lasciato il segno.
Kilchoman, Batch Strength, 57% vol
Sa travolgerti, un dram di Kilchoman Batch Strength (in Italia con Beija Flor), che porta il new make della “farm distillery” di Islay in una danza di frutti rossi, miele di arancio, crème brulé e torba, marina ma non troppo medicinale. Il sorso è tutto da masticare, tra sensazioni di caramello salato e pasta di nocciole, sale marino e sfumature agrumate e di fumo. L’alcol si amalgama in questo insieme come un tanguero guida i passi, energico ma coordinato. Tanta soddisfazione.
The Clydeside – Stobcross, 46% vol
Tra gli ultimi arrivi nel portfolio di Beija Flor, Stobcross viene da The Clydeside, distilleria urbana di Glasgow. Un Lowland Single Malt invecchiato in un mix di botti ex-Bourbon ed ex-Sherry, dal profilo fruttato, tra pesca, passion fruit e tratti balsamici. Un sorso piacevole e leggermente pepato, crostatina di crema e frutta fresca. Breakfast whisky, perché no.
Glenfarclas – 12 Anni, 43% vol
Restando in tema di breakfast whisky, passiamo a quello della famiglia Grant di Glenfarclas (in Italia con Rinaldi), distillatori da sei generazioni in una delle distillerie storiche dello Speyside, tra le poche a conservare la fiamma diretta per l’alimentazione degli alambicchi. Per loro il 12 Anni è il whisky perfetto per iniziare la giornata. Aromi fruttati e dolci, le sfumature morbide dello sherry, Sorso polposo che richiama il miele e l’uva passa, sfumature di vaniglia e mandorle tostate.
Filey Bay – Ipa Finish, 46% vol
Yorkshire e filosofia “field to bottle”. Filey Bay (lo importa Cuzziol) arriva dall’esperienza della birra e il Single Malt con finish in botti ex-Ipa ne è un esempio. Se non lo conosci, quando ti avvicini alzi un sopracciglio, ma poi ogni pregiudizio scompare. Dalla colazione si va verso il brunch con aromi di malto e millefiori, torta di mele e mandorla tostata. Il sorso è goloso e polposo, quasi salato, chiuso da una sfumatura agrumata, fresca e piacevole.
Torabhaig – Allt Gleann, batch strenght, 61,1% vol
Si parte per Skye e, nel specifico, per Torabhaig (in Italia con Ghilardi Selezioni). Naso di mele arrostite e fuliggine, noci e iodio, ma una torba quasi più terrosa che marina. Al palato l’alta gradazione sorprende con relativa morbidezza, aiutata dall’oleosità del sorso. Riempie la bocca con frutta secca, apple pie e buccia di limone salata, per poi lasciar spazio a toni peaty educati e fumosi che avvolgono il finale, ceneri di un bivacco sulla spiaggia.
Puni – Vina, Marsala edition, 5 anni, 43% vol
Il primo progetto per una distilleria di whisky in Italia lo ha avviato Puni e tra le sue release c’è Vina, range che si concentra sugli invecchiamenti in botti ex-Marsala. Gli aromi vanno dal succo di mela e d’uva alla ciliegia sotto spirito, scorze d’arancia candite, dattero. Palato morbido, olio di mandorla e noci, frutta col nocciolo, i ricordi lievemente ossidativi del Marsala e una punta di cannella. Un pasticcino alla frutta.
Psenner – Whisky ERètico, 7 anni, Grappa & Gewürztraminer Cask, 47% vol
«Una volta mi hanno detto: perché scrivi grappa sull’etichetta del tuo whisky, così lo rovini. Ci sono rimasto malissimo e sono stato zitto per tutto il giorno». Le parole, pronunciate in un simpatico accento altoatesino, sono di Werner Psenner ed è evidente che gli interlocutori nel racconto non conoscessero molto bene la grappa, né tanto meno le sue. Tra i primi produttori a distillare malto in Italia, Psenner ha condotto a Firenze una degustazione di una serie dei suoi ERètico, whisky con diversi affinamenti, tra passaggi in botti ex-grappa ed ex-vino. Il Grappa & Gewürztraminer Cask ci è rimasto nella testa per le sue sensazioni di uva fresca e arancia candita, il profilo floreale e la balsamicità che ricorda i boschi di montagna. Sorso voluminoso ed elegante, tra speziature di pepe bianco e un finale lungo e saporito, quasi salato.
Kujira – 10 Years Old White Oak Virgin Cask 43% vol
Se vi eravate abituati alle dolcezze, state pronti perché qui si cambia registro. La prima sensazione sono i funghi secchi, quella sensazione soddisfacente di quando, dopo aver passato giornate a raccogliere ed essiccare porcini e affini, riapri i vasi della credenza e il profumo ti inebria. Poi arrivano i richiami salati, la salsa di soia, un ramen fumante. Il palato mantiene le promesse e l’umami ce lo ritrovi tutto. Un sorso che chiama l’abbinamento col cibo, la carne alla griglia, gli arrosticini. È questo il frutto del fermentato di riso e koji distillati dalla distilleria giapponese Masahiro della zona di Okinawa per il brand Kujira (“balena” in giapponese). Piacerà agli appassionati del Sollevante, ma incuriosirà anche tutti gli altri, non sono molti i whisky di riso. Questo arriva in Italia grazie a Spirits & Colori.
Morisco Spirits, rum Wunderkammer e whisky Glentauchers
«Purtroppo oramai ho deciso di mettere il mio nome sulle etichette, quindi non posso presentare qualcosa di cui non sono convinto». Barba, codino nero scompigliato e un gran sorriso sotto gli occhiali a montatura spessa. Quando la passione per il whisky aveva ormai invaso armadi e pavimenti di casa, fino a finire sotto il letto, Andrea Morisco ha deciso che voleva provare lui a imbottigliare. E lo ha fatto – lo avevamo raccontato nell’articolo che segue – .
Tra i dram c’è l’imbarazzo della scelta. Ci facciamo avanti con un Glentauchers 13 Anni, maturato in Oloroso Sherry Butt (54,8% abv). Sensazione sottile di candela accesa, poi ananas maturo, ma anche cacao, fichi secchi, una sfumatura agrumata. Sorso oleoso, brownie, pera al forno.
Poi si vola ai Caraibi, destinazione Giamaica – è il nostro intruso tra i whisky – e salta fuori Wunderkammer, HD 9 Years Old (45,5% vol), il rum appena lanciato e fresco di recensione (coi fiocchi) su Whiskyfun. Naso da protagonista, mostarda e frutta tropicale, note erbacee, ruta, dragoncello, olive in salamoia. Sorso potente, tra aromi di frutta macerata, ananas grigliato, idrocarburi e tanto sale sulla lingua, piccantezza. L’origine non può essere dichiarata, ma facilmente intuita.
La chiudiamo qui. Per la benedizione “urbi e-torba”, l’appuntamento è alla prossima Whisky Week – metti mai che i nostri eroi riprovino a usarla al posto dell’incenso…-.