La bellezza senza tempo dell’eleganza (del servizio) e della creatività: a Firenze l’arte anche al bancone
Siamo a Firenze, al Santa Cocktail Club, e basta uno sguardo indirizzato verso la piazza di Santa Maria Novella e l’inconfondibile facciata della Basilica, per rendersi conto che davvero da queste parti esistono pochi scenari in grado di competere, esteticamente parlando; soprattutto se la volontà è quella di sedersi ad un tavolo, godersi un buon drink e vivere il momento d’oro della miscelazione nel capoluogo toscano.
Sì perché, guardandosi intorno, anche al netto del Locale, la cui fama splende dall’alto della sua posizione nella The World’s 50 Best Bar, la scena è piuttosto vivace e racconta di talenti che non si nascondono solo nella rutilante movida notturna d’Oltrarno, ma anche in luoghi in grado di offrire eleganza, servizio, contenuti gastronomici di rilievo e competenza.
DA LOCALE A VERO E PROPRIO BRAND
Ed è proprio il caso di Santa, un indirizzo nato negli anni difficili del Covid, che in breve tempo ha saputo imporsi diventando un brand, tanto da essere esportato nell’hotellerie di lusso a Villa Cora (poco fuori il centro storico di Firenze), a Roma (sul rooftop all’interno dell’Hotel L’Orologio), e a breve in quel di Venezia, in un luogo ancora da svelare.
Ma non è escluso che anche in questo caso si tratti di in un albergo, viste le caratteristiche della proposta, sempre elegante e centrata sull’unicità di un tradizione che si nutre di modernità, quindi perfetta per una clientela di viaggiatori cosmopoliti, così come per i curiosi frequentatori delle notti urbane alla ricerca di twist e variazioni sul tema.
FIRENZE “CITTÀ APERTA” DA SCOPRIRE CON GUSTO
Di Eugenia Torelli
IL CONCEPT DEL LOCALE
La formula, in centro città, è senza dubbio vincente e rimanda in molte occasioni alla storia delle Arti e dei Mestieri fiorentini, senza lavorare su uno storytelling eccessivo.
È il caso di un signature della casa ormai ben conosciuto, il Dr. Punch, ispirato agli speziali che un tempo utilizzavano le spezie arrivate da ogni parte del mondo per scopi alimentari o medicinali; la sua realizzazione occupa la bellezza di 36 ore anche se, ovviamente, non è questo il tempo di attesa al tavolo da parte del cliente.
Il Bar Manager Simone Covan, coadiuvato dai bartender Marco Scardino, Christian Borrelli, Luca Zetti e Francesco Paoletti, ha immaginato di immergere le spezie nella parte alcolica per aromatizzare la miscela, e solo dopo 24 ore di lenta macerazione si passa a un processo di milk-washing dove il latte e il limone creano un caglio, filtrato tramite coffee bag, che porta alla chiarificazione del cocktail.
Il risultato sarà un drink che, pur con una marcata nota alcolica e un’importante presenza di rum, risulterà piacevolmente fresco, con frutta e spezie che hanno un ruolo tutt’altro che marginale, con ananas, cannella, chiodi di garofano e lime in bella evidenza.
GLI ALTRI DRINK DA NON PERDERE
Invitante è anche il Welcome to Tijuana, coraggiosa interpretazione anch’essa dedicata a speziali e medici, dove la tequila alle bacche di goji incontra il vermouth infuso alla canapa e si spinge ancor di più verso tipicità messicane con il Tepache di ananas e peperone.
La scelta dei cocktail da parte del team di Santa ha sempre un approccio finemente sartoriale, che va dalla scelta di liquori e distillati non convenzionali (indice di curiosità, passione e della volontà di lavorare fuori dal coro) alla ricerca del bicchiere idoneo e del dettaglio che fa la differenza.
È una miscelazione che tende spesso a portare l’ospite in un mondo esperienziale avvincente, dove il pairing e le suggestioni legate alla ristorazione lasciano sempre buoni ricordi. Vedi il caso di un drink giocato su più livelli sensoriali come il Truffle penicillin, che vive delle note smokey dell’aria di Lapsang Souchong e dove il blended whiskey è a suo agio con lo sciroppo di miele al tartufo e zenzero.
Forse non per tutti, ma di grande impatto gustativo e divertente nell’abbinamento non solo con i molti finger a disposizione (c’è una buona proposta veg), ma anche con una serie di piatti che si muovono tra la ricerca e il comfort.
LA CUCINA
Come dire che, se la semplicità e il gusto sono il punto di partenza della serata, la cucina gioca benissimo le sue carte anche su preparazioni di buon senso gastronomico comprensibili a tutti. Dai fusilli cacio e pepe al polpo.
Infine un consiglio per chi si siede in piazza per un cocktail in questi giorni: uno di più gettonati è il Conte Modenese, twist on classic negroniano con lampone, Bulldog gin infuso ai lamponi, Bitter Campari, Cinzano Vermouth 1757 extra-dry, shrub balsamico (di Casa Rinaldi) sempre al lampone e Italicus Bitter alle mandorle. Un bell’esercizio di stile.
Articolo di Gualtiero Spotti pubblicato su SAM#2