Ristoranti, cocktail bar, beach club e specialità da non perdere in un tratto di 180 km di costa
La sfida è: star lontani dall’A14 e viversi le Marche a velocità ridotta, percorrendo in auto la statale Adriatica per godersi la parte costiera di questa regione ancora sottovalutata e in particolar modo d’estate, quando rischia di diventare soltanto un punto di passaggio nel viaggio verso le successive destinazioni, molto spesso la Puglia.
Da un lato, l’estate è la stagione ideale per visitare le Marche, perché la presenza di un mare allettante e raggiungibile a pochi km dalla SS16 rendono più godibile il viaggio: tenete il costume da bagno a portata di mano e, quando c’è l’occasione, fatevi un tuffo in una di quelle spiagge che vi capita di guardare con una certa invidia quando scendete in treno.
Quel treno che passa proprio davanti alla spiaggia per lunghi tratti, a cominciare da Pesaro, mentre i bambini in costume salutano e voi, dai vagoni, avete la tentazione di tirare il freno di emergenza per far loro compagnia. Dall’altro lato, è la peggiore per intensità del traffico, in particolare ad agosto e in particolare nel fine settimana, quando dovete mettere in preventivo le code provocate da chi vuole raggiungere il mare e non trova parcheggio a lato della statale. Da Gabicce a Porto d’Ascoli sono 180 km, neanche tanti da percorrere, ma quella distanza contiene un mondo di cose da vedere, luoghi da visitare e specialità da gustare.
Romagna/Marche, un confine evidente
Partiamo dunque da Gabicce e dalla sua spiaggia che esprime l’evidenza del confine tra Romagna e Marche o, se vogliamo, tra nord e sud. La costa romagnola prima di Gabicce si può geograficamente già considerare Italia centrale, ma di fatto è la continuazione di un profilo che prende il via da Monfalcone e continua, appunto, fino a Gabicce: quello dell’Adriatico settentrionale, delle grandi spiagge sabbiose, delle lagune interne.
D’improvviso, quando si supera il porto-canale di Cattolica e si entra nelle Marche, capisci che qualcosa è cambiato: l’arenile inizia a stringersi e si avvicina la prima altura a picco sul mare che si incontra dopo il Carso. Prende il nome di Monte San Bartolo, è parco regionale e costituisce la prima occasione di abbandono della SS16 per affrontare il tratto di provinciale, breve ma molto suggestivo, che separa Gabicce da Pesaro.
Inoltre, Gabicce è anche la prima località di mare che presenta anche la corrispondente località alta, e anche questo segna un punto di confine tra nord e centro-sud: si tratta di Gabicce Monte e il suo centro storico ospita un ristorante nato dalla trasformazione di una vecchia discoteca, che è entrato nell’olimpo dell’alta cucina italiana.
Si tratta di Dalla Gioconda, ha una stella Michelin, in cucina c’è uno chef allievo di Bottura che si chiama Davide Di Fabio. Tra i piatti migliori che propone c’è la zuppiera di pasta e pesci dell’Adriatico che, degustata nella spettacolare terrazza da dove potrete osservare tutta la costa romagnola che vi siete appena lasciati alle spalle. Prima o dopo il pasto, è il caso di sbizzarrirsi con le proposte de La Limonaia Drink Time che uniscono spirits e ingredienti home made. Un consiglio? Sottomonte, con Scotch Whisky aromatizzato ai funghi porcini e kombucha ai frutti rossi.
Il porto dei due soli
Proseguite lungo la provinciale 44 attraversando Casteldimezzo e Fiorenzuola di Focara, scoprendo il castello di Fiorenzuola e scattando una foto sorprendente al Belvedere della sua torre. Se resistete alla tentazione di prendere la strada che scende alla spiaggia di Fiorenzuola, continuerete per qualche km e vi troverete già a Pesaro dove le spiagge sono divise dal corso del fiume Foglia: a nord c’è la Baia Flaminia, a sud come per miracolo scompare la roccia e ritorna la sabbia.
Nel mezzo, laddove penetra la strada detta “dei due porti”, c’è La Vela, un ristorante di pesce e cocktail bar che i pesaresi conoscono non solo per il suo brodetto (preparato su ordinazione) e per i signature drink denominati come i venti (Grecale a base vodka, Libeccio a base tequila infusa rabarbaro, Maestrale analcolico etc…), ma anche perché, data la particolare posizione, è uno dei pochi locali del centro Italia dove si può ammirare – in alcuni periodi dell’anno – sia l’alba sia il tramonto sul mare.
Superata Pesaro e la sfera grande di Arnaldo Pomodoro che domina la costa sud del capoluogo, inizia il tratto di spiaggia perlopiù libera e delimitata dalla ferrovia prima e dalla nostra statale poi. Siamo nel corridoio adriatico e tra un campeggio e uno chalet (così si chiamano nelle Marche gli stabilimenti balneari) ci troviamo rapidamente a Fano, dove la voglia di un bagno si è fatta ormai irresistibile.
Lasciamo giù l’auto, facciamo una passeggiata nella città fortificata, ammiriamo l’Arco di Augusto e chiudiamo con una visita ai Bagni Peppe, quelli storici di Fano, che iniziarono l’attività affittando i costumi da bagno ai turisti tedeschi. E qui c’è un’altra sorpresa, sempre legata al mare. Siamo in Sassonia. Non è uno scherzo: la spiaggia di Fano si chiama Sassonia, come l’omonimo land tedesco, perché ci sono i sassi portati dal fiume Metauro e proprio quei sassi rendono più trasparente l’acqua. Per fortuna, in fondo allo zaino, ci siamo portati le scarpette da roccia ed è arrivato il momento di indossarle.
Le “stelle” di Senigallia
Dopo Fano, tiriamo dritti superando Marotta e già si profila l’ingresso nella località più glamour delle Marche. Si tratta di Senigallia, resa celebre dalla sua Rotonda cantata in passato da Fred Bongusto e, più recentemente, dalla sua coppia d’assi dell’alta cucina: il tristellato Mauro Uliassi e il due stelle Moreno Cedroni. Senigallia è un paradiso per gli amanti della bella vita, del mare come dimensione da vivere (imperdibili gli aperitivi in spiaggia allo Scalo Zero in zona porto o ai Bagni 77 in zona sud, dove campeggia la scritta “Summer is a state of mind”) e della cucina non solo stellata. Raccomandiamo un passaggino al suo interno, verso Serra ‘de Conti e Arcervia, per degustare i piatti tipici del territorio come la zuppa di cicerchie, legume tipico e presidio Slow Food.
Continuando invece lungo la statale Adriatica già si staglia in lontananza il profilo del secondo promontorio marchigiano presente lungo la nostra statale: si tratta del Conero, la montagna di Ancona, capoluogo di provincia, “città di mare senza spiaggia” perché il porto occupa tutta la parte disponibile a nord e perché a sud è già montagna, ma questa definizione non è corretta… Ancona si salva alla grande perché può contare su una località di bellezza commovente come Portonovo, dove l’esperienza gastronomica ed estetica da provare è il Clandestino Susci Bar di Moreno Cedroni, un locale sospeso tra le ginestre e la lavanda del Conero e le acque color turchese. Prenotate per tempo e valutate, la prossima volta, di arrivare qui nel periodo migliore che è indubbiamente un giorno infrasettimanale di maggio-giugno, quando c’è meno gente e la luce tiene banco fino alle dieci di sera.
Recanati, poesia e gusto
La parte che va dal Conero a San Benedetto del Tronto è la “seconda parte” della costa marchigiana ma non certo per ordine di importanza. Il percorso inizia con una successione di località che da sole meritano una vacanza: prima c’è Loreto, con il suo santuario mariano o “basilica della Santa Casa”, e poi c’è Recanati che diede i natali a Giacomo Leopardi e vive tuttora del turismo legato alla figura del grande poeta figlio di Monaldo. A Loreto però c’è un Recanati (ci perdoni il gioco di parole…) che mi ha incantato con la sua cucina: è Errico, che di cognome fa Recanati ed è lo chef del ristorante Andreina. Il suo piatto-icona è la cacio e pepe o meglio: Cacio e i 7 pepi alla brace. Oltre al vino, si può scegliere da un’ampia carta amari e distillati, che con i piatti giocano di classe.
Proseguiamo velocemente verso Civitanova Marche, località in grande spolvero grazie alla sua dinamica economia: qui entriamo nella zona più importante d’Italia per la produzione di scarpe, e lo shopping tra factory outlet è un’altra delle buone ragioni per visitare le Marche (anche se ormai i marchi indipendenti sono sempre meno, anche qui dominano le grandi firme) e la vita notturna civitanovese si è spostata decisamente sul lungomare: da provare i cocktail del Cottage Beach e quelli di Cala Maretto. Superata Porto San Giorgio, il piatto da provare in alternativa al classico Brodetto è la pasta con i frutti di mare, perché nell’entroterra della valle dell’Aso si produce la pasta all’uovo di Campofilone.
Spaghetto allo scoglio: 8 euro
Proprio a Pedaso c’è uno dei miei locali “trash” del cuore, ma andateci solo se siete pronti per quest’esperienza… si tratta di un chioschetto a poca distanza dalla spiaggia, “La Paranza”, con sedie di plastica stile gadget dei marchi industriali di gelato (se nel frattempo non le hanno cambiate), il cuoco Italo in cucina e una cameriera straniera in sala che ho sempre pensato fosse la compagna di Italo ma non ho mai approfondito l’argomento.
Lo spaghetto allo scoglio, nella mia ultima visita, era in carta a 8 euro, non ho mai speso più di 18 euro in tutto, il pesce è freschissimo e la frittura ottima e abbondante. Un luogo certamente non per gourmet ma va benissimo così. Nel caso decidiate di provarlo, sappiate che la spaghettata ve la servono direttamente con la padella e una porzione basta per due persone. In alternativa, scendete fino a Cupra Marittima e fatevi una serata in uno chalet che ho scoperto recentemente: si chiama Bagni Pinè, è una “chicca” protetta dalla ferrovia (non ci sono insegne lungo la strada, ci si va solo se lo si conosce) e alla sera si trasforma in un locale clamorosamente bello dove degustare bollicine italiane e francesi, cocktail after dinner e gin premium, fino a quando l’ultimo cliente non decide che è ora di andare a dormire.
Tra Grottammare e San Benedetto
Manca davvero poco alla fine del nostro viaggio. Mancano due località: la prima è Grottammare, con il bel borgo di Grottammare Alta e con le suites sul mare super accessoriate del Seven Beach Club dove sono imperdibili la padellata di crostacei e un bel frozen daiquiri al mango da degustare ammirando la luce del tramonto alle spalle dell’Adriatico; la seconda è San Benedetto del Tronto, con il suo grande porto di pescherecci, le mille possibilità di degustare il pescato fresco e con spiagge ottimamente attrezzate: i beach club più alla moda sono Medusa e Bagni Andrea, quello che mi ha più colpito però è La Croisette, dove si trova anche La Bottega di Bobo che è il luogo deputato all’aperitivo e all’after dinner.
Gran finale in piazza del Popolo
Il viaggio finisce qui, dove il Tronto segna il confine con l’Abruzzo di cui vi racconteremo tra qualche giorno. Anzi no, il viaggio continua… Saliamo il corso del fiume e arriviamo nella città per me più bella delle Marche, e non me ne vogliano i marchigiani delle altre città (le rivalità qui sfiorano per intensità quelle toscane).
Arriviamo ad Ascoli Piceno perché la passione per le olive ascolane Dop chiama e l’auto risponde, deviando verso l’interno. Capitiamo in piena preparazione del Festival Ascoliva, ma puntiamo dritti sul negozio super famoso di Migliori, scoprendo che le olive Migliori non sono forse le migliori di Ascoli… In precedenza avevamo provato quelle preparate da Ama Terra, reperibili anche in Ascoli città, ed erano decisamente più artigianali.
Questa volta invece ci siamo fatti piacevolmente sorprendere da un altro locale low cost ad alta soddisfazione. Si chiama Taverna di Cecco, sta in piazza Matteotti e le olive te le porta come benvenuto in attesa dell’ordine. I piatti a seguire sono abbondanti, la cucina è “ruspante” ma di quelle olive abbiamo chiesto il bis. Questa volta come porzione e non solo come assaggio. Per concludere poi la serata in Piazza del Popolo da Meletti, caffè storico in attività dal 1907, a degustare l’omonima Anisetta. Un distillato d’anice specialità di Ascoli che, oltre a Meletti, ha come marchio di riferimento Rosati, che la produce dal lontano 1877.
(Foto di copertina: di Ra Boe / Wikipedia, CC BY-SA 3.0 de)