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San Valentino, come sopravvivere con stratagemmi “spiritosi”

C’è chi non vede l’ora che arrivi il 14 febbraio, chi non lo progetta ma lo vive con serenità, chi va semplicemente matto per il cioccolato e chi proprio non può soffrire la festa degli innamorati. Ecco un ironico vademecum, dedicato a chi fa parte di quest’ultima trascurata categoria e – fatalità – è pure un amante degli spirits.

Si avvicina quella data che in tanti attendono con la stessa gioia di un’estrazione di molare senza anestesia. Il 14 febbraio, che non per caso nella storia ha visto accadere tragedie come il bombardamento di Dresda, è ormai alle porte, con il suo retaggio di disagio e pacchianerie, consumismo e potenziali liti di coppia insanabili. Perché la presunta festa degli innamorati spesso diventa occasione di scazzi ciclopici, recriminazioni che risalgono fino alla quarta liceo. Quindi, il nostro consiglio è uno solo: se proprio dovete festeggiare l’anniversario di questo vescovo e guaritore umbro del IV secolo, trovate il modo di infilarci i bicchieri giusti, rendete il rendez-vous “spiritoso”, unite il dilettevole imposto al dilettevole scelto.

Ah, prima che qualcuno brandisca a sproposito la clava dell’indignazione gridando al sessismo, due consigli per la fruizione: infilare le narici nel pezzo qui sotto e inspirare forte. Quella che sentite è la caratteristica e balsamica nota dell’ironia.



Cenetta furbetta

La vostra consorte ci tiene molto, per lei non andare a cena fuori a San Valentino è peccato mortale equiparabile solo al tradimento con la migliore amica. Da anni voi cercate di spiegare che quella sera tutto costa di più, che non si trova posto nemmeno dando in pegno alcuni organi interni tenuti bene (quindi non il fegato), ma niente, la cena fuori a San Valentino è categorica. E allora prendete in mano la situazione, ostentando una sorprendente verve organizzativa. L’obiettivo è trovare un ristorantino mediamente carino, ma che abbia una carta dei distillati che se l’avesse vista San Valentino in persona sarebbe diventato alcolizzato, altro che santo. Il “300mila”, ristorante leccese dalla possente carta distillati, è ottimo, ma non comodo per tutti. Poi, se non sapete dove andare, preparatevi qualche mese prima l’anno prossimo: girate tutti quelli della vostra città così arriverete con le idee chiare (se volete un po’ di spunti, leggetevi questo articolo). La difficoltà sta nel non farsi beccare, e in questo lo storytelling è fondamentale. Per esempio: “Cara, vorrei farti provare un ristorantino delizioso alla scoperta della cucina ligure più autentica”. Cena alla Brinca nell’entroterra ligure e in men che non si dica voi state finendo tutti gli imbottigliamenti di whisky Wilson & Morgan e i distillati di frutta di Capovilla. Ah, ma il prebugiùn come lo fanno qui…



La preparazione del pesto a La Brinca

L’abbinamento a tradimento

Esistono poi delle soluzioni che consentono di risolvere la questione con ancor più classe e nonchalance. Per esempio, con sapienti ammiccamenti e arguti doppi sensi lascivi la potete convincere ad una cena di carne, mitologico viatico ad una rinnovata vitalità amatoria da tempo sopita. Per uno di quei casi fortuiti della vita, la vostra scelta capita su Pit Beef, a Milano, dove – vedi tu le coincidenze – il menu a base carne è servito in abbinamento a whisky. Buttate lì qualche dubbietto: “Ah, ma non sarà troppo forte?” o “Amore, non sei obbligata a prenderlo eh”. Ovviamente, inzigata dalla curiosità e dalla situazione, per puntiglio e per dimostrare che il coraggio non le fa difetto accetterà la sfida di pasteggiare a single malt. E voi vi ritroverete gonfi di proteine animali e acquavite d’orzo con la libido inversamente proporzionale alle transaminasi. Quando i lavori si fanno, si fanno bene.



Sul tavolo del Pit Beef a Milano

Gita d’istruzione (o distruzione)

Cosa c’è di meglio di una giornata fuori porta per riscoprirsi fidanzatini entusiasti? Mah, per esempio cadere in coma il 13 febbraio e risvegliarsi il 15, ma se non avete questa fortuna c’è sempre l’idea di una gita. Però dovete essere previdenti e strateghi: andate su distillerie.it e studiate la cartina d’Italia. Trovate un posticino a portata di scampagnata che offra due generi di attrattive turistiche: una distilleria da visitare per voi e qualche motivazione di visita per lei. Per esempio, le colline del Monferrato con l’azienda Berta è un’ottima idea se piace la natura dolce (o un giretto in spa). Se invece siamo più sul versante cultura/arte, allora Bassano del Grappa è perfetta: il Palladio, il centro storico, il baccalà mantecato… e poi – del tutto casualmente! – pure un paio di musei della grappa, quello di Poli e di Nardini. Volete mettere la sorpresa di imbattersi – del tutto casualmente! – nel museo della grappa proprio quando avete appena finito di passeggiare abbracciati sul Ponte degli Alpini? Approfittate dello stato di estasi estetico-sentimentale della vostra consorte e buttate lì un “toh, ma pensa… chi lo avrebbe mai detto… dev’essere interessante, andiamo a dare un occhio?”. In qualsiasi altra situazione piuttosto si sarebbe data fuoco come un bonzo tibetano, ma il contesto valentiniano riesce a far breccia anche nelle armature più robuste: vi seguirà al museo e in men che non si dica starete degustando grappe come se non ci fosse un domani.

ps. Esiste una variante della gita turistica, ovvero la gita consumistica. Basta sostituire un outlet alla cittadina carina. Dopo mezz’oretta fra i negozi, lei entrerà in un triangolo delle Bermuda spazio-temporale che non prevede la presenza di nulla e nessuno al di fuori di borse, scarpe e sconti. Voi potrete approfittarne, balzare in auto, lasciarla lì, andare a visitare la prima distilleria di gin artigianale nei paraggi, degustare tre o quattro cotte diverse, saccheggiare lo shop, tornare e trovarla ancora lì.



Bassano, Ponte Vecchio, detto anche Ponte degli Alpini

L’etnico tattico

Se invece la vostra metà è un genio del male e questi trucchetti non funzionano, allora bisogna giocare ancor più d’astuzia. Quindi scegliete un ristorante no alcol, per esempio un libanese. Quando poi con l’antipasto sarete obbligati a ordinare il tè alla menta, potrete mettere in piedi la scenetta madre, con finta sorpresa e altrettanta fintissima scrollata di spalle: “Ah già che non servono alcolici qui… Non fa nulla amore, l’importante è che in questa serata speciale siamo insieme io e te”. E l’aglio onnipresente che vi impedirà ogni vago petting per le successive 48 ore, ma questo è un altro discorso. Ad ogni modo, se siete bravi e non vi vengono crisi di astinenza, questa esibizione di maturità le scioglierà il cuore. E una volta usciti dal ristorante sarà lei a proporre un drink da qualche parte (se siete a Milano, in questo articolo trovate un po’ di spunti interessanti). In quel momento l’avrete in pugno: butterete lì il nome di un localino nei paraggi che ha tipo tutte le annate di Armagnac dal 1932 e vi dedicherete agli spiriti passando pure per eroe che antepone l’amore alla sete.



Il bancone del Mag Cafè a Milano

La cena delle beffe

Per qualche insondabile ragione, la signora è scesa a più miti consigli e ha approvato la cena in casa. Giocate in casa, col vostro pubblico di amate bottiglie a sostenervi. Qui il segreto è non esagerare, che non siete alla cena del fantacalcio o al poker aziendale, dove tutti bevono come idrovore. Qui è tutto un gioco punta/tacco, acceleratore e freno, un piccolo gin tonic e un antipastino, un daiquiri e un secondo di pesce, tutto verso il finale inevitabile. “Sistemo la cucina e poi sono subito da te”, le promettete. Se si addormenterà, avrete il via libera per dedicarvi ai digestivi in solitudine; se resisterà, beh probabilmente sarà stata lei a versare i rummettini della staffa. Signori, in tal caso è quella giusta.



 

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

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